Nico Cereghini: “Il campione è egoista. E aggressivo”

Nico Cereghini: “Il campione è egoista. E aggressivo”
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Schumacher che chiude Barrichello e a momenti lo ammazza: i piloti sono così? E’ vero che odiano i rivali? Riflessioni di fine estate pensando ai nostri eroi | N. Cereghini
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
17 agosto 2010

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Ciao a tutti! Un argomento facile, adatto al clima di fine agosto, partendo dal mondo auto per arrivare al nostro. Ricordate la manovra pericolosa messa in atto dal sette volte campione del mondo Michael Schumacher nei confronti di Barrichello a Budapest? Roba vecchia ormai, ma sempre buona per riflessioni a freddo. Lo ha stretto contro il muretto box, quello è passato per un capello, pareva proprio volerlo ammazzare. E lì per lì, questo è il bello, il tedesco ha fatto il gradasso: “se è passato vuol dire che lo spazio c’era”. Poi, ma soltanto dopo la penalizzazione e la condanna planetaria del suo gesto, ha chiesto scusa via internet e senza tanta convinzione.

Schumi è pazzo? Si è chiesto più d’uno. E la risposta è stata affermativa: è pazzo, anzi è sempre stato pazzo. E si fa presto a tirargli la croce addosso, ora che è un po’ patetico e non vince niente, ma quando era il numero uno? Tutti lo osannavano, eppure la sua estrema aggressività e il suo egocentrismo erano evidenti. Dunque la questione è: per vincere tanto occorre essere spietati? E’ questo il segreto dei grandi campioni? E vale per tutti?

Io cerco di non generalizzare, ma ho sempre visto molta aggressività in pista. Quando correvo in 500 ero amico tra gli altri di Findlay e di Lansivuori, eppure entrambi, in diverse occasioni, sono entrati nelle mie ruote con cattiveria rischiando di accopparmi. Poi mi abbracciavano come fratelli. E vi racconto un episodio di tanti anni fa. Erano gli ultimi minuti della 24 Ore di Francorchamps, vecchio circuito di 14 km, era spuntato un bel sole dopo 19 ore di pioggia torrenziale, Gallina ed io eravamo secondi con la Laverda 1000, classifica ormai definita. Sotto il casco ridevo e cantavo per la felicità quando raggiungo per caso la BMW ufficiale che sapevo in quarta posizione; la affianco, e al crucco che la guida faccio con la mano sinistra un gesto di complicità: tipo “che figata, siamo stati forti”. E quello, approfittando del fatto che ho una sola mano sul manubrio, tenta di urtarmi per buttarmi giù! Sono svicolato via incredulo e stento ad accettarlo ancora oggi, trentacinque anni dopo: ma quel bastardo ha intravvisto la possibilità di andare sul podio e l’ha colta al volo!

Non tutti sono così. Ma ho visto campioni del mondo prendere a calci la carenatura del rivale sull’ultimo rettilineo, ho visto altri supercampioni strappare la mano destra dal manubrio del rivale in volata (questo con i cinquantini da 160 all’ora), ho visto spallate e gomitate per buttar fuori pista, per far male. Mi dicono gli esperti che la competizione è la forma socialmente approvata dell’aggressività umana, è la sublimazione del duello primordiale. Non a caso si leggono, nei commenti sportivi dei giornali, espressioni tribali come “fa fuori il rivale.” o “ne ha fatto un sol boccone”.

E alla fine credo che sia proprio vero: chi più aggredisce, più vince. E la forma mentale resta quella, come mostra Schumi, anche quando non si vince più.


Ascolta l'audio di Nico nel box in alto a sinistra.
 

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