Massimo Clarke: "Nel cuore del motore"

Massimo Clarke: "Nel cuore del motore"
Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
All’interno dei cilindri, dove si crea la potenza, si muovono i pistoni. Sono componenti fortemente sollecitati che negli ultimi tempi hanno subìto una forte evoluzione anche a livello di disegno e di dimensionamento | M. Clarke
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
15 maggio 2014

Insieme alla biella è l’organo meccanico forse più rappresentativo del motore. Conosciuto anche da chi non si intende di tecnica, è probabilmente il primo che viene alla mente quando si parla di moto e di auto di alte prestazioni. Si tratta del pistone, al quale sono affidati compiti di importanza assolutamente fondamentale, non solo nell’ottica delle prestazioni, ma addirittura ai fini del funzionamento stesso del motore. Tanto per cominciare, questo componente trasmette all’albero a gomiti, tramite la biella e lo spinotto, la forza che i gas esercitano su di esso durante la fase di espansione (ossia quella utile del ciclo). Inoltre, aspira e quindi comprime la miscela aria-benzina all’interno dei cilindri durante le fasi “fredde” del ciclo ed espelle i gas combusti durante quella di scarico. E poi, il pistone ha l’importantissima funzione di guidare il piede della biella durante il funzionamento del motore e di “appoggiarsi” alle pareti del cilindro scaricando su di esse la spinta trasversale derivante dalla inclinazione che la biella stessa assume (ora da un lato e ora dall’altro) in seguito alla rotazione dell’albero.

 

Il cielo del pistone è la parete mobile della camera di combustione. Nei motori odierni, con ridotto angolo tra le valvole, ha una forma quasi piana. Si notano gli incavi, praticati in corrispondenza dei funghi delle quattro valvole
Il cielo del pistone è la parete mobile della camera di combustione. Nei motori odierni, con ridotto angolo tra le valvole, ha una forma quasi piana. Si notano gli incavi, praticati in corrispondenza dei funghi delle quattro valvole

In un pistone si distinguono il cielo, ovvero la parte superiore a diretto contatto con i gas, il mantello, che ha la funzione di guidare il movimento all’interno del cilindro, e le portate, o “mozzetti”, per lo spinotto (elemento tubolare che assicura il collegamento alla biella). La parte al di sopra del mantello è la testa del pistone, che viene chiusa superiormente dal cielo e nella quale sono ricavate le cave per i segmenti.
Il pistone è montato nella canna del cilindro con un leggero gioco diametrale, necessario per permettergli il movimento e per consentire la formazione dell’indispensabile strato di lubrificante. Il trafilamento dei gas e il passaggio dell’olio vengono impediti (quasi completamente) dai segmenti, anelli di acciaio o di ghisa che vengono installati nelle cave e che vanno a premere contro la canna.
Il materiale impiegato per i pistoni è la lega di alluminio, che abbina una densità contenuta (è pari soltanto al 35% di quella dell’acciaio) a una conduttività termica molto alta (è all’incirca tripla, rispetto a quella delle leghe ferrose). Ciò rende possibile la realizzazione di pistoni dal peso contenuto e in grado di smaltire adeguatamente il calore che ricevono dai gas. Le leghe di alluminio hanno però un coefficiente di dilatazione termica elevato, caratteristica che in questo caso non è certo vantaggiosa; da molti anni a questa parte, comunque, ciò non crea problemi di sorta, grazie anche a importanti accorgimenti a livello di disegno.


La forma del pistone, relativamente semplice all’apparenza, è in realtà molto complessa. Per ottenere la corretta conformazione a caldo, ossia nelle normali condizioni di funzionamento, occorre che a temperatura ambiente, quando viene lavorato, questo componente abbia una geometria decisamente sofisticata. Ciò perché, una volta a regime, la distribuzione delle temperature al suo interno è tutt’altro che uniforme. La cosa è inevitabile in quanto il cielo viene direttamente lambito dai gas caldissimi durante la combustione e le fasi di espansione e di scarico; di conseguenza la parte superiore lavora a una temperatura molto più alta di quella inferiore. Man mano che si scende la temperatura diminuisce, fino a raggiungere, alla base del mantello, valori di gran lunga più bassi di quelli che si hanno al centro del cielo e nelle cave. La testa del pistone dunque si dilata in misura notevolmente maggiore rispetto alla parte sottostante; scendendo lungo il mantello l’aumento delle dimensioni dovuto alla espansione termica diminuisce progressivamente. A freddo si impartisce pertanto un diametro notevolmente minore alla testa del pistone e il mantello viene lavorato in modo da impartirgli un certo profilo, accuratamente studiato (in genere ha un andamento “a botte”, con diametro che via via aumenta e una serie di raggi di curvatura differenti). Una conseguenza della dilatazione termica è che il gioco tra il pistone e la canna diminuisce, passando dalla temperatura ambiente alle condizioni di funzionamento, e talvolta anche in misura piuttosto considerevole. Occorre pure osservare che durante il funzionamento il pistone contatta la canna del cilindro solo tramite il mantello (tra le due superfici c’è un sottilissimo velo d’olio), che deve “copiarla” accuratamente, onde svolgere correttamente la sua funzione di guida. Per quanto riguarda la parte superiore, il contatto avviene solo tramite i segmenti.

 

I pistoni sono sottoposti a sollecitazioni meccaniche molto cospicue. I valori massimi della pressione dei gas può arrivare a 110 bar. Questo significa che sul cielo del pistone si scarica una forza di alcune tonnellate

Anche la distribuzione del materiale nel pistone è tutt’altro che uniforme. In corrispondenza delle portate per lo spinotto c’è molto più metallo di quanto non ci sia in direzione perpendicolare all’asse dello spinotto stesso. Di conseguenza la dilatazione non è uniforme. Per compensare questo si impartisce al pistone una conformazione particolare. A freddo le sezioni perpendicolari all’asse del cilindro hanno una forma leggermente ellittica. Alla temperatura di regime però diventano circolari.
I pistoni sono sottoposti a sollecitazioni meccaniche molto cospicue. I valori massimi della pressione dei gas che agisce su di essi nei moderni motori sportivi di serie può superare i 90 bar e in quelli da competizione può arrivare a 110 bar. Questo significa che sul cielo del pistone si scarica una forza di alcune tonnellate! Agli alti regimi anche le forze d’inerzia assumono valori imponenti. Pure gli stress termici che questi componenti devono sopportare sono molto elevati. Indicativamente, la temperatura massima che può essere raggiunta al centro del cielo (parliamo di pistoni per motori a ciclo Otto aspirati di alte prestazioni) è dell’ordine di 300 °C. A livello della prima cava si scende attorno a 190-215 °C. La parte alta del mantello lavora a 160-180 °C e quella basale a 120-140 °C.

 In questo pistone (dei primi anni 80) il mantello ha due sfiancature
 In questo pistone (dei primi anni 80) il mantello ha due sfiancature

Fino a non molti anni fa la maggior parte (attorno al 60%) del calore assorbito veniva smaltita cedendola alla canna del cilindro tramite i segmenti. L’aumento delle potenze specifiche e la riduzione della altezza assiale dei segmenti hanno reso necessario il ricorso a getti di olio, indirizzati contro la parte inferiore del cielo, che vengono emessi da appositi ugelli piazzati in corrispondenza della base del cilindro. Grazie ad essi è possibile asportare una cospicua quantità di calore (25-45% del totale da smaltire) dalla zona termicamente più sollecitata, e quindi migliorare il raffreddamento del pistone. È possibile così ottenere abbassamenti di temperatura dell’ordine di 15-30 °C.

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