Massimo Clarke: “L'era d'oro delle 175 italiane”

Massimo Clarke: “L'era d'oro delle 175 italiane”
Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Per diverso tempo le 175 sono state la punta di diamante della produzione motociclistica italiana, e importanti anche dal punto di vista sportivo. Ora sono una classe dimenticata
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
17 aprile 2015

Nella prima metà degli anni Cinquanta in Italia si è verificato un autentico boom delle moto, con apparizione di nuovi modelli a getto continuo e fioritura di nuovi marchi, che andavano ad affiancare quelli storici. In un paese in piena ricostruzione postbellica come il nostro c’era fame di mezzi di trasporto semplici ed economici e le motoleggere e gli scooter erano ideali per soddisfare questa esigenza. I modelli di 75 e di 100 cm3 hanno raggiunto rapidamente un’ottima diffusione e ad essi si sono ben presto aggiunti quelli di 125 cm3. Ben presto però alcuni costruttori si sono resi conto che occorreva offrire qualcosa di più. Era necessario aggiungere alla gamma moto che, senza avere un prezzo molto superiore a quello delle 125, fornissero prestazioni sensibilmente più elevate. Dovevano essere moderne tecnicamente e andare anche più forte delle (poche) 250 e 500 disponibili sul mercato che, salvo rare eccezioni, derivavano più o meno strettamente da modelli d’anteguerra.

È iniziata così una autentica epoca d’oro per una classe “innovativa”, la 175. Per la verità già attorno all’inizio degli anni Trenta diverse nostre aziende avevano costruito valide moto di questa cilindrata, ma lo avevano fatto per ragioni fiscali; in seguito la situazione era cambiata e l’interesse nei confronti di tale classe era venuta meno. Proprio all’inizio degli anni Cinquanta l’unica azienda che offriva una 175 a quattro tempi era la MAS di Milano che purtroppo era oramai in fase obsolescente; come alcune altre case storiche d’anteguerra (tipo la Sertum e la Frera), non stava riuscendo a rinnovare la sua gamma in modo da adattarla, in maniera razionale ed economicamente vantaggiosa, alle mutate esigenze del mercato. La sua Zenith aveva ancora la testa in ghisa…

 

Da MV a Morini e Mondial

Dal 1952 il panorama motociclistico italiano ha cominciato a mutare drasticamente. Sono entrate in scena diverse 175 di progettazione completamente nuova, alcuni dei quali hanno dato origine a eccellenti versioni da competizione. Basta ricordare la Morini e la Parilla, destinate ad avere un grande successo commerciale, e la MV Agusta. Da quest’ultima, che aveva un motore con albero a camme in testa, comandato mediante catena, sono anche state derivate varianti supersportive che si sono comportate molto bene nelle gare stradali, così popolari all’epoca. Rapidamente anche la federazione motociclistica italiana ha dovuto prendere atto della mutata situazione, inserendo la classe 175 nei campionati nazionali, cosa che ha contribuito a rendere ancora più interessanti le moto di questa cubatura per i nostri costruttori e per i nostri appassionati. Il famoso Motogiro, gara stradale a tappe che si è svolta dal 1953 al 1957, prevedeva la partecipazione di moto suddivise in più categorie, fino appunto a questa cilindrata, che diventava pertanto la classe regina della manifestazione.

 

La foto mostra un esemplare conservato della robusta e versatile Morini 175, presentata alla fine del 1952. Questa versione è stata in seguito chiamata Turismo per distinguerla da altre più performanti
La foto mostra un esemplare conservato della robusta e versatile Morini 175, presentata alla fine del 1952. Questa versione è stata in seguito chiamata Turismo per distinguerla da altre più performanti

La Morini 175 si è dimostrata validissima sia come ciclistica che come prestazioni, oltre che come livello qualitativo, ed è stata la progenitrice di una serie di modelli di grande successo, rimasti in produzione fino ai primi anni Sessanta. Particolarmente famoso è stato il Settebello, nato come supersportiva targata, impiegabile nelle gare stradali, e in seguito trasformatosi in moto da competizione pura. Ha vinto moltissimo, sia in Italia che all’estero ed è stata la moto che ha consentito a Giacomo Agostini di ottenere i suoi primi successi. Il motore aveva la distribuzione ad aste e bilancieri, con due valvole in testa inclinate. Il cambio, del tipo con presa diretta, era dotato di una piastra selettrice a scorrimento rettilineo al posto dell’usuale tamburo. La trasmissione primaria era a terna di ingranaggi (sulla ruota dentata intermedia era calettato l’albero a camme).

 

Le 175 dovevano essere moderne tecnicamente e andare anche più forte delle 250 e 500 allora disponibili

La Parilla aveva un motore con una inconsueta distribuzione a camma rialzata. Un solo eccentrico comandava le due valvole, fortemente inclinate, per mezzo di corte astine e di bilancieri. Questo motore è stato impiegato con eccellenti risultati anche su un modello da cross, oltre che su alcune grandi protagoniste delle gare di velocità. Le ultime versioni, in alcune delle quali la cilindrata era stata portata a 250 cm3, hanno avuto un notevole successo sul mercato americano nel periodo tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio del decennio successivo.

Una buona diffusione, nell’ambito delle 175, ha avuto anche la Bianchi Tonale, apparsa nel 1954. Il motore aveva la distribuzione monoalbero con comando a catena. Pure la trasmissione primaria era a catena. Si trattava di una moto senza particolari pretese a livello di prestazioni, dalla quale però in seguito la casa milanese ha ricavato una eccellente versione da corsa, che si è ottimamente comportata nelle gare nazionali della seconda metà degli anni Cinquanta.

 

Nella Mondial 175 TV l’albero a camme in testa veniva comandato da una catena alloggiata in una cartella in lega leggera posta sul lato sinistro. Questo rendeva inconfondibile l’aspetto del motore
Nella Mondial 175 TV l’albero a camme in testa veniva comandato da una catena alloggiata in una cartella in lega leggera posta sul lato sinistro. Questo rendeva inconfondibile l’aspetto del motore

Nel 1955, dopo avere costruito eccellenti 175 da competizione a cilindro verticale, che mostravano una stretta parentela con le sue monocilindriche da Gran Premio, la Mondial ha messo in produzione un modello di questa cilindrata di progettazione completamente nuova. Il motore aveva il cilindro inclinato e la distribuzione con unico albero a camme in testa comandato da una catena piazzata sulla sinistra. Pure la Demm ha scelto la soluzione monoalbero per la sua 175, ma ha preferito fare ricorso a un comando ad alberello ausiliario e coppie coniche. Nello stesso periodo la OMA di Bologna (l’acronimo sta per Officine Meccaniche Amadori) ha messo in produzione un bel motore sciolto di questa cilindrata, con distribuzione ad aste e bilancieri, che ha iniziato a fornire a case come l’Alpino e l’Aquila.

 

Con la Catria di 175 cm3 la Motobi ha iniziato a produrre modelli a quattro tempi, adottando anche in questo caso la tipica conformazione “a uovo”. Le versioni da corsa hanno ottenuto a lungo importanti successi
Con la Catria di 175 cm3 la Motobi ha iniziato a produrre modelli a quattro tempi, adottando anche in questo caso la tipica conformazione “a uovo”. Le versioni da corsa hanno ottenuto a lungo importanti successi

La gamma delle 175 prodotte dalla industria motociclistica nazionale si è ulteriormente arricchita grazie alla Motobi, che nella primavera del 1956 ha messo in produzione la Catria, realizzata ben presto anche in versione sportiva. Con questo modello, commercializzato con leggero anticipo rispetto al 125 Imperiale, l’azienda pesarese ha dato inizio all’era dei monocilindrici a quattro tempi dal tipico disegno “a uovo”, già adottato sui suoi motori a due tempi. Verso la fine dell’anno sono apparse due nuove 175: la Guzzi Lodola e la Aermacchi Chimera, moto carrozzata dallo styling avveniristico. Entrambi questi modelli sono stati autentici flop sotto l’aspetto commerciale. La prima è stata ben presto sostituita dalla Lodola 235 con distribuzione ad aste e bilancieri. Anche la seconda è rimasta in listino per poco, ma ad essa va il merito di aver dato inizio alla gloriosa stirpe delle Aermacchi a cilindro orizzontale, eccezionali protagoniste della scena motociclistica italiana per oltre un decennio, anche a livello agonistico, e assai apprezzate pure all’estero (a cominciare ovviamente dagli USA).

 

La Mitica Marianna di Taglioni

Il 1957 ha visto balzare in scena la Ducati con la sua 175, prima moto progettata dall’ing. Fabio Taglioni ad essere prodotta in grande serie (le precedenti Gran Sport, più note come “Marianne”, venivano costruite in numeri molto ridotti, essendo destinate ad impiego agonistico). Per la casa di Borgo Panigale, e per la stessa storia del motociclismo, iniziava una autentica epopea, quella dei monocilindrici con distribuzione monoalbero comandata da alberello e coppie coniche, che avrebbe raggiunto l’apice dello sviluppo e della popolarità con i leggendari Scrambler. Nello stesso anno va segnalata la comparsa di altre due nuove 175, realizzate dalla Mondial e dalla Benelli; entrambe avevano la distribuzione ad aste e bilancieri.

Oramai però il mercato motociclistico nazionale stava entrando in una crisi sempre più profonda e l’era delle 175 volgeva al termine. Negli anni Sessanta la diffusione delle moto di questa cubatura è diventata talmente modesta da risultare pressoché trascurabile. Merita sicuramente di essere ricordata la Gilera 175, a suo tempo una delle migliori moto da regolarità offerte al pubblico. In campo fuoristradistico questa cilindrata ha continuato ad essere presente ancora abbastanza a lungo, ma ben presto solo con motori a due tempi.
Per quanto riguarda le gare di velocità, la classe 175 è stata eliminata all’inizio degli anni Settanta, dapprima dal campionato italiano juniores e quindi anche da quello della montagna.

A chiusura di questa panoramica ultrasintetica, una osservazione che può forse lasciare sbalorditi: negli anni Cinquanta le case italiane che hanno realizzato o proposto (con tanto di presentazione al Salone di Milano) moto di questa cilindrata sono state più di 35!