Lucchinelli: 40 anni fa al festival di Sanremo

Lucchinelli: 40 anni fa al festival di Sanremo
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Campione del mondo della 500 1981, nel gennaio dell’anno dopo Marco era sul palco dell’Ariston e cantava “Stella fortuna”. Oggi dice: ero avanti anni luce rispetto a questi piloti, che sanno parlare solo di macchine e di moto…
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
2 febbraio 2022

Il Festival di Sanremo del gennaio 1982 è stato importante, nella storia della musica italiana. Presentavano Claudio Cecchetto e un giovanissima Patrizia Rossetti, vinse Riccardo Fogli con “Storie di tutti i giorni”. Esordivano, pensate, Zucchero (“Una notte che vola via” non passò le eliminatorie) e Vasco Rossi con “Vado al massimo”, che alla finale arrivò sì ma dietro a Drupi e Al Bano con Romina. C’era anche Claudio Villa che fu clamorosamente eliminato, volle verificare i verbali delle giurie e questi verbali non vennero mai fuori nonostante la lite in Pretura…

E fu assolutamente inedita la performance, come si direbbe adesso, di Marco Lucchinelli, del campione del mondo della classe 500.

“Al momento di salire per cantare – racconta oggi - avrei voluto scappare via: ero emozionatissimo, anche perché ci mettevo la faccia e non ero abituato, sulla moto abbiamo il casco integrale... Ti dico soltanto questo: appena rientrato in hotel telefonai a Paolo Ciocci, il mio amico e meccanico. Come sono andato? Ho avuto vergogna per te, mi ha risposto. Perché era una cosa mai vista, uno sportivo che va a cantare davanti al pubblico e in televisione. Un azzardo”.

Cantava bene, Marco. Parere personale, forse “Stella fortuna” non era il massimo e non lo valorizzava del tutto, ma lui aveva una bella voce e la usava bene. Più avanti, sempre con Riccardo Borghetti amico e musicista, Marco avrebbe registrato altre canzoni e sigle televisive, con un certo successo.

“Tornando al Festival di Sanremo - dice lui - ero avanti anni luce, nessun pilota è riuscito a fare una cosa del genere. Oggi poi parlano soltanto di macchine, di moto, di Abu Dhabi con la foto dal terrazzo del palazzo più alto del mondo. Per farci cosa poi, per guardare più lontano nel deserto? Non dico che bisogna essere fissati come me, capisci cosa intendo, ma c’è un limite…”.

 

Al telefono, Marco mi concede una ventina di minuti anche se ha moglie e figlio col Covid: stanno entrambi abbastanza bene e lui si appresta a fare il tampone. Il terzo, per sicurezza. Passiamo all’attualità, all’impianto di Adria che al momento è sotto sequestro e per lui è una iattura: lì tiene i suoi corsi di guida con Fausto Ricci.

“Sì, sono ancora lì con la scuola, dicono che tra dieci giorni riapriranno e lo spero, ad Adria ci sto bene, ho le mie camere. Ma ti dirò che non sono così informato, queste cose non si capiscono mai bene. Importante per me? Sì, ci faccio centoventi patenti donne all’anno e puoi farlo soltanto lì, perché hai le camere sopra ai box e puoi tenere i costi contenuti”.

I favoriti del 2022

Ma naturalmente voglio sentire Marco anche sulla stagione 2022. I suoi favoriti?

“Fino a che non vedo i test... Penso e spero che Marquez rientri, non perché sono per Marquez, ma perché serve il riferimento di quel pilota che ha vinto con Valentino, che ha vinto con Lorenzo eccetera. Questa sarebbe già una cosa importante, perché i mondiali vinti senza Marquez io li vorrei rivedere. Poi se Marc sta dietro, va bene, può anche succedere, ma ci deve essere”.

 

Quartararo?

“Il francese da quando è arrivato ha fatto vedere una cosa importante: che non ci vuole così tanto tempo per trovare la confidenza e andar forte, anche con tutti i cavalli che hanno le MotoGP di oggi. Però adesso bisogna vedere se si riconferma: finora la moto gli è sempre andata bene, non si è mai lamentato, ma adesso magari comincia a cercare il pelo nell’uovo come tutti gli altri, a perdere tempo nelle regolazioni. Perché così succede…”.

 

Seguendo un filo tutto suo, Marco salta poi a Vinales in Aprilia.

“Lui magari adesso fa subito tempi paurosi nei test, ma io non mi fido più: perché quando arrivò e prese la moto di Lorenzo e vinse subito, io mi feci quasi prendere e lo giocavo vincente. E’ stato una grande delusione per me. Ma come? Arriva in Suzuki quando la moto è buona per vincere, allora cambia e va in Yamaha, poi la Yamaha è vincente e lui cambia ancora e va in Aprilia. Io spero proprio che l’Aprilia abbia trovato il pilota giusto, chiaro: lui è un bravo ragazzo e poi va fortissimo. In passato non ho mai visto piloti così veloci e così deboli di testa. Ti dico, me lo giocavo, un manicone, ci sono rimasto di un male… Come quando Valentino andò in Ducati, e mi aspettavo tanto e ci sono rimasto di mxxxa...”.

 

Anche tu pensavi che avrebbe potuto fare molto bene?

“Oggi è facile dire che è stato un errore: ci è passato perché in Yamaha aveva Lorenzo che gli dava noia come un foruncolo nel collo, come fu per me avere Spencer in squadra.  Valentino avrà pensato che se con la Ducati camminava forte Stoner, allora poteva farlo anche lui… E certo, ti dico la verità, lo avrei pensato anch’io. Invece non era più a posto lui e non era a posto nemmeno la Ducati. Stoner? Non lo avevo capito, l’ho capito dopo quanto fosse un talento speciale”.

Ducati, tanti piloti in pista

A proposito di Ducati. Le rosse saranno otto moto in pista nel 2022. Un fatto eccezionale.

“Sono tante, sono anche troppe, non vorrei che poi finiscano per rompersi i c…..i l’uno con l’altro. La vedo così, che poi per vincere non è che servano tanti piloti: la Honda… la Yamaha per esempio, ha sempre puntato su un solo pilota, fino dai tempi di Kenny Roberts...Non è che ce ne vogliono cento!”.

 

I piloti ufficiali Ducati?

“Bagnaia è buono, ha già fatto vedere che ci sa dare il gas. Il problema è quello tipico degli italiani, come quando avevo io Virgino Ferrari o Uncini che mi impegnavano. A volte per essere il primo fai i danni come la grandine… anche Miller è un bel manico, però il tempo è passato e non è che abbia convinto fino in fondo”.

 

E gli altri ducatisti?

“Bastianini è il primo nome che mi viene in mente. E’ un altro che ci dà il gas, ma ce ne sono anche troppi adesso. Che poi vince uno solo... Comunque, sulla carta è un bel campionato, è livellato e lo spettacolo è assicurato. Ma per gli italiani non sarà facile e la lista dei piloti che possono vincere il titolo è lunga: da Quartararo fino alle KTM, sì fino a Raul Fernandez: chi ha talento ci mette poco a prendere confidenza e andar forte… Bagnaia ha fatto fatica il primo anno, dici? Sì, ma non so che moto aveva…”.

 

Morbidelli sulla Yamaha ufficiale, finalmente…

“Franco avrà un riferimento di uno che va forte, gli stimoli li ha tutti. Ma non sono così convito, gli ho visto fare gare splendide e poi perdersi anche lui. E poi il ginocchio: si è fatto operare quando stava andando forte, non ho capito bene questa storia, come starà adesso?”.

 

I piloti Suzuki?

“Rins e Mir: Alex Rins è un bel manico, ma è sempre in terra… Mir mi piace molto, anche sua mamma: buona come il pane! Lui è un bel manico, può battersi con chi vuole e lo ha già dimostrato. Ma un vincente sicuro non ce l’ho, sono troppi!”.

 

Dovizioso sarà il decano dei piloti in pista, adesso…

“Per Dovi mi dispiace dirlo, ma nei rientri non ho mai creduto. E poi quando ha smesso non era più quello di tre anni fa che lottava con Marquez. La vedo dura, potrei sbagliarmi e se sbaglio mi scuserò come ho sempre fatto, ma la differenza è troppa, faceva ventitreesimo e diceva ok sono contento e ho migliorato…”.

Marquez e il ritorno

Marco torna ancora su Marquez.

“La Honda con i piloti è messa male. C’è Marquez, come ho detto, ma Marquez non tornerà esattamente quello di prima: si cresce con l’età, e poi quando ti giochi la fortuna e ti fai male… Spero e credo che lui correrà con un po’ di testa, che i mondiali si vincono anche con i terzi e i quarti posti, può essere sempre nei primi cinque e il mondiale si vince anche senza fare il record di vittorie. Spero che abbia capito quello, se no vuol dire che ha un gran talento ma non capisce un caxxo”.

 

A proposito di talento. Per chiudere: quanto conta il talento oggi, secondo Lucchinelli? Certo fa ancora la differenza, ma forse conta ancora di più la scuola, la pratica, cominciare prestissimo a correre…

“Oggi conta molto il fatto che cominciano ad andare in moto così presto. A forza di andare in moto anche un somaro finisce per diventare un purosangue…  Questi girano, girano d’inverno e girano d’estate, e poi girano subito con le moto buone. Noi, te lo ricordi? Giravamo con dei sifoni per strada e quando andavi in pista magari avevi solo 100 cavalli ma c’era una differenza bestiale”.

“Oggi puoi girare subito con una SBK da 200 cavalli. E poi i nostri genitori non volevano, cominciavamo a vent’anni… invece questi a otto anni sanno già tutto, sanno le strategie, sanno come rispondere ai giornalisti, sanno tutto. Io venivo dalle ruspe, nel ’74 facevo le corse in salita da junior con una Aermacchi Ala d’Oro di terza o quarta mano, nel ‘75 la 350 senior e le 24 ore con te, nel ’76 il mondiale 500. Ma nella testa non c’ero, non ragionavo, eravamo diversi: questi finiscono la gare e ti dicono che al 14° giro è successo questo e quello! Ma noi non ci ricordavamo neanche quanti giri avevamo fatto, io guardavo le segnalazioni dal box perché speravo che la gara fosse finita, poi magari leggevo meno dieci…!”.

 

In effetti fa impressione ricordare come uno come Marco sia salito alla ribalta internazionale in soli due anni. Nella primavera del 1974 muoveva i primi passi tra i debuttanti con una 250 malandata e pochissimi soldi, nel marzo ’76 era nel team Gallina con una ottima RG Suzuki a quattro cilindri e se la giocava nel mondiale 500 con Sheene, Read, Cecotto e Ago. Il talento era quasi tutto. Oggi è soltanto una delle tante componenti?

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