La vergogna dei semafori truccati colpisce ancora. Si muovono le Procure

La vergogna dei semafori truccati colpisce ancora. Si muovono le Procure
18 settembre 2008


Avevamo già parlato dell'indecenza dei semafori truccati nel nostro Speciale.
Oggi LaStampa.it torna all'attacco della "mafia dei semafori" con l'articolo di Paolo Colonnello, che portiamo alla vostra attenzione.
Perché non sempre il cittadino è dalla parte del torto. Siamo certi che anche i giudici di pace ne terranno conto.


Coinvolti Comuni e vigili urbani: «Era un sistema per fare cassa»

I «signori delle multe» combinavano affari, truccavano gli appalti e stangavano gli automobilisti. Quasi una catena di montaggio che arricchiva i soliti noti, secondo la Procura di Milano che ha chiesto e ottenuto l’emissione di 4 ordini di cattura con l’accusa di associazione per delinquere e turbativa d’asta, e l’iscrizione sul registro degli indagati di almeno 21 persone: tutti amministratori di società o amministratori pubblici e pubblici ufficiali (17).

Che tanto, in questo settore, si sentivano tutti sulla stessa barca. Sebbene guidati da un unico nocchiere, tale Raoul Cairoli, il titolare della Ci.Ti.Esse di Rovellasco (Como), società con licenza esclusiva di commercializzazione dei famigerati autovelox e degli ancor più discussi «T-Red», i rilevatori semaforici che, opportunamente taroccati, facevano vertiginosamente salire le entrate dei piccoli Comuni - da Segrate a Viterbo, da Novara a Varese, da Venezia a Modena, da Benevento a Ferrara - che ne facevano uso. E abuso. Sono 130 i municipi finora monitorati.

Scrive il gip nelle motivazioni dell’ordinanza:
«Negli atti predisposti a riguardo dagli enti territoriali, l’installazione di tali apparecchiature viene motivata con la necessità di ottimizzare la sicurezza del traffico veicolare e di evitare o ridurre il numero degli incidenti stradali. Tuttavia, emerge dal complesso delle indagini, sottesi a tali finalità sono presenti interessi di natura diversa e in particolare la malcelata esigenza di assicurare alle casse comunali un cospicuo gettito di denaro...».

L’indagine coordinata dal pm Alfredo Robledo e condotta dalla Gdf, che ieri ha portato in carcere l’amministratore della Ci.Ti.Esse e ai domiciliari altre 3 persone (Giuseppe Astorri della Scae spa, Simone Zari della Centro Servizi srl e Antonino Tysserand della Tecnico Traffico), nasce infatti proprio da una denuncia dei cittadini di Segrate, Comune alle porte di Milano, tartassati da un semaforo che, rubando sui tempi di accensione del verde, faceva immancabilmente scattare il rosso quando un’auto si trovava nel bel mezzo dell’attraversamento di un incrocio. O di strade a scorrimento veloce.

Insomma, una bella truffa ai danni del cittadino operata da quei Comuni che a fine anno potevano far mostra di solidi bilanci senza troppo impegno dei loro amministratori.
A guadagnare non erano d’altronde soltanto le piccole amministrazioni. Perché la Ci.Ti.Esse, e le sue società «satellite», quelle che nell’ordinanza dei magistrati sono indicate come un vero e proprio «cartello» del pubblico appalto semaforico, guadagnavano una sostanziosa percentuale proprio sulle multe erogate: dal 25 al 30 per cento.

Un affarone, visto che tra semafori truccati e autovelox piazzati in fondo a strade in discesa anziché nei pressi di scuole o ospedali - come lamenta il pm dell’inchiesta - riuscivano a calcolare le entrate di ogni anno, fino a sfiorare i 10 milioni di euro nel 2006 e una cifra di gran lunga superiore prevista per il 2008.

Le prove? Una serie di e-mail sequestrate dalla Gdf sui computer della società inquisita che dimostrano senza ombra di dubbio gli accordi tra le varie aziende in combutta e le pubbliche amministrazioni interessate (finora 16 i Comuni individuati, sparsi in tutta Italia), nonché una serie di testimonianze di comandanti dei vigili pentiti che hanno raccontato come la società guidata da Cairoli portasse nei loro uffici una «drive pen» con la quale scaricava sui computer degli interessati perfino le lettere di convocazioni per i bandi di gara. Tutti, guarda caso, di poche migliaia di euro sempre sotto i 200 mila, in modo da poter procedere senza troppi controlli o con trattative private. E poi le apparecchiature per le rilevazioni di velocità venivano semplicemente noleggiate e sempre da un’unica società, la Ci.Ti.Esse srl, diventata sostanzialmente la concessionaria nazionale esclusiva delle multe in Italia.

«Per altro - scrive il gip Ghinetti nella sua ordinanza - la quasi totalità dei contratti in precedenza indicati, acquisiti mediante i comportamenti delittuosi di cui si è scritto, sono tuttora in essere e garantiscono illeciti profitti a favore degli associati, derivanti dai cospicui pagamenti eseguiti nei loro confronti da parte delle amministrazioni comunali». Quanto al manager Raoul Cairoli, il gip parla di «pervicacia dimostrata dall’indagato, capo del sodalizio criminoso».

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