Il design Ducati di domani, tra forza e leggerezza

Maurizio Gissi
  • di Maurizio Gissi
Da un incontro con Gianandrea Fabbro, autore tra l'altro della Panigale, e il direttore del centro stile Ducati, Andrea Ferraresi, sono nate alcune interessanti osservazioni sulla filosofia e l'evoluzione del design di casa Ducati. Con i concetti di leggerezza ed eleganza sempre ai primi posti
  • Maurizio Gissi
  • di Maurizio Gissi
30 aprile 2015

«Siamo designer Ducati e sappiamo di doverla pensare un po' diversamente». Parola di Gianandrea Fabbro, responsabile creativo a Borgo Panigale. Inizia così la tavola rotonda organizzata allo spazio Audi City Lab di Milano con l'autore di 1098, Multistrada 1200, Panigale, terza generazione Monster e con Andrea Ferraresi, direttore del centro stile Ducati.
L'occasione dell'incontro è data dall'installazione “Fortitudo mea in levitate” esposta in via Montenapoleone, a Milano, durante la Design week e poi fino alla fine di aprile. Una scultura in marmo bianco di Carrara, città dove Fabbro è nato 42 anni fa, che esprime appunto forza e leggerezza e che è una citazione alla Ducati Panigale.

«Quando ci è stato chiesto di essere presenti – racconta Fabbro, che ha disegnato questa scultura - ci siamo chiesti che cosa avremmo potuto portare in un contesto nel quale si uniscono product design e arte. Non un prodotto di serie quindi, ma qualcosa che esprimesse il valore del marchio e allo stesso tempo arte. E' stato semplice pensare a un archetipo di moto: l'idea del marmo ci è venuta naturale, perché legato all'italianità e alla imperturbabilità del tempo. Anche il colore bianco si presta al concetto di dinamismo e leggerezza. Non è stato casuale aver scelto la Panigale: il mondo l'ha riconosciuta come la moto che meglio rappresenta il Dna dell'azienda, le sue forme estremizzano i concetti e i contenuti che fanno parte del nostro mondo. Abbiamo cercato di riproporre le forme e le proporzioni che ci contraddistinguono».

 

Da sinistra, Gianandrea Fabbro e Andrea Ferraresi
Da sinistra, Gianandrea Fabbro e Andrea Ferraresi

Facciamo un passo a ritroso per sapere come nasce lo stile di una moto in Ducati. «Si parte disegnando le proporzioni – prosegue Fabbro - ed essendo una Ducati le misure sono particolarmente compatte strette. Questo ci permette di giocare abbastanza facilmente nella vista in pianta e di riuscire a trasmettere questa idea di leggerezza e compattezza dei volumi attraverso la sua architettura. Si stabiliscono la distanza tra le ruote, il profilo, dopo di che applichiamo stilemi, linee o gesta che comunichino i valori del modello e che ne esprimano la funzione. Se si tratta di una moto sportiva l'idea è di fendere l'aria, con una tendenza di carico sull'avantreno e dinamismo tipico delle moto che si guidano con l'avantremo, con una coda leggera e la ruota posteriore bene in vista. Se si tratta di una moto come la Multistrada cerchiamo di comunicare altre caratteristiche. E poi si fanno prove, prove e ancora prove».

 

Lo sviluppo nella terza dimensione è la parte più scultorea, più creativa e per me forse più bella

«Che cos'è il product design? - attacca Andrea Ferraresi - E' dare una forma alla funzione: una moto sportiva deve esprimere divertimento ed emozione. Disegnare una moto è un processo per esclusione fatto di proporzioni azzeccate, belle forme e attenzione ai dettagli: tutto ciò fa un bel design. Non è un segreto ma è una regola. E in Ducati abbiamo il tempo per farlo, non tutte le aziende concedono il tempo necessario ai propri designer per lavorare bene».

Se si inizia con una vista laterale, bidimensionale quindi, si ragiona già in funzione della sua terza dimensione. Spiega fabbro: «Sta all'esperienza di chi disegna. Il passaggio al 3D potrebbe presentare delle sorprese, ma è una consapevolezza che si acquisisce. Lo sviluppo nella terza dimensione è la parte più scultorea, più creativa e per me forse più bella. Il bozzetto esprime un progetto, ma la messa in atto del progetto si compie attraverso la modellazione. E' quella la parte più interessante».

 

Il bello della modellazione manuale

«Il bozzetto trasmette emozioni a chi lo guarda – prosegue Ferraresi -, ma la parte della modellazioni in clay a mano e fatta personalmente dal designer fa sì che sia l'oggetto a trasmettere l'emozione al designer. Si torna alla sensorialità: dopo una prima parte tecnologica si torna a prendere possesso dell'oggetto. Le prototipazioni rapide ci aiutano a ridurre i tempi, sono utili ad anticipare certe problematiche. In ogni caso si parte dallo sketch, poi uno sketch rifinito e il bozzetto basato su un layout tecnico. Il tutto intervallato da costanti verifiche 3D prima di realizzare un modello in scala 1 a 1 ottenuto per fresatura. E' il primo momento in cui creatività e vincoli tecnici si incontrano. Ci serve per passare al software di progettazione tramite Alias. Naturalmente prima di questa fase abbiamo già discusso lungamente con la parte tecnica».

 

Cerchiamo una certa pulizia ed eleganza delle forme. Un design mai eccessivo e gridato, non finto insomma

«Il lato positivo di Ducati – continua Fabbro - è che abbiamo una buona autonomia nella scelta del pacchetto tecnico e possiamo condizionarlo. Ne discutiamo con i tecnici e solitamente le nostre richieste ci vengono accordate. Questo ci permette di avere delle proporzioni migliori. Sulla Panigale è stato utile poter disporre di un particolare impianto di scarico basso e i motoristi, per esempio, hanno dovuto modificare più volte la coppa dell'olio. Sempre sulla Panigale portare la sospensione posteriore all'esterno, una nostra proposta così come i diversi attacchi motore al telaio, ci ha dato vantaggi in termini di stile ma anche di razionalità di progetto. Come ad esempio non stressare il telaietto posteriore permettendo così di alleggerirne le forme facendolo diventare una parte estetica integrante dello stile. Siamo designer ma anche motociclisti, quindi proponiamo soluzioni di stile ma che vanno anche nella direzione di ottimizzare e minimizzare, pulire il layout. La moto ha il fascino di essere un oggetto molto complesso».

La leggerezza come primo obiettivo

«La leggerezza, la cui importanza è scontata, si ottiene facendo svolgere più funzioni allo stesso componente ed eliminando i pezzi che non servono come molte cover. Un pezzo che svolge più funzioni costa però anche di più, per cui certe volte il freno arriva dai costi di produzione. Togliere cover significa che quello che si vede deve essere bello da vedere, mentre è economicamente più conveniente utilizzare un componente a scaffale. E' questo il motivo per cui sulla Scrambler alcune cover ci sono. Senza contare che adesso ci sono vincoli normativi sempre maggiori, vedi impianti di scarico obbligatoriamente più voluminosi, presenza di canister e di centraline Abs, dimensioni air box maggiori. Stiamo lavorando su molte soluzioni innovative – insiste Ferraresi - nelle posizioni e che sono anche più eleganti come forme, ma le nuove normative complicano il lavoro al designer e non solo».

 

Già, ma come sta evolvendo il design Ducati? Come saranno le prossime rosse? «E' difficile generalizzare – commenta Fabbro – anche se è scontato che i valori del marchio possono essere condivisi su tutti i modelli. Nel caso della sportività, vedi Panigale, cerchiamo di applicare anche una certa pulizia e eleganza delle forme. Un design mai eccessivo e gridato, non finto insomma. Un design che esprima l'emozione della funzione, ma cercando di ripulire le linee e i dettagli. Per il futuro direi che questi concetti saranno sempre molto caratterizzanti e si aggiungerà eleganza».

 

Lo sketch della Panigale 1199
Lo sketch della Panigale 1199

Andrea Ferraresi aggiunge: «Estrapolando il marchio Scrambler, che avrà un suo percorso di crescita e ha un diverso contenuto valoriale anche dal punto di vista stilistico, in Ducati abbiamo da una parte le sportive, dalla 916 in poi, e le naked disegnate nel solco della Monster. In futuro ci saranno moto che continueranno quella impostazione stilistica, non vediamo la necessità di un cambiamento di rotta. Non vogliamo fare grandi scatti in avanti e lo stesso Diavel è una costola del Monster. Pensiamo che Ducati abbia una grande identità stilistica e non ci adegueremo a tendenze seguite da altri, vedi le mini carene oggi in voga. Andremo verso una maggiore pulizia, togliendo cover, plastica, tornando magari al serbatoio d'acciaio, aumenteremo l'integrazione delle funzioni».

 

Disegnare per la Ducati ti dà la possibilità di essere in vista, ma allo stesso tempo chi ti giudica si attende molto dal tuo lavoro

Da oggi esiste già un forte rapporto con Audi e si sa che Walter de Silva non è estraneo al centro stile bolognese. «C'è interesse, collaborazione e confronto con i centri di advanced design del gruppo sparsi per il mondo. Personalmente – prosegue Fabbro - interessa avere un loro parere, a Bologna tutti i designer sono motociclisti e sono innamorati dall'oggetto moto che guidano, mentre la visione dei designer auto è più distaccata. Loro la vedono la moto come una particolare scultura su due ruote invece che su quattro. Sono finalizzati allo stile puro, allo studio delle superfici. Fra l'altro per noi il tempo che dedichiamo a risolvere i problemi produttivi, interni o con i fornitori, vale almeno il 60% del tempo dedicato all'intero progetto».

 

«Walter de Silva supervisiona tutto il nostro lavoro – insiste Ferraresi - e le sue osservazioni, com'è prevedibile, non sono mai banali. C'è uno scambio molto serrato con i designer auto. Quando siamo entrati nel Gruppo siamo stati un po' accolti come i piloti o le rock star, loro si fanno mandare tutte le nostre moto e le usano moltissimo».

«Disegnare per la Ducati ti dà la possibilità di essere in vista – racconta Fabbro -, ma allo stesso tempo chi ti giudica si attende molto dal tuo lavoro e può essere quindi molto critico nei confronti dello stile Ducati, non fosse altro per la fascia di prezzo delle nostre moto».

«Oltre alla leggerezza vogliamo trasmettere anche altri contenuti come forza, solidità, perché sono valori che si sposano con la precisione di guida che si chiede a una moto da pista e che nel design vanno comunicati».

Dopo essere scesi a 155 kg a secco sulla Panigale Superleggera, e ai 165 kg della Panigale R, quanto peso si potrà togliere ancora? Risponde Ferraresi «C'è ancora margine grazie a nuovi materiali, all'integrazione di più funzioni, alle nuove tecnologie produttive abbordabili a costi più accessibili. Si possono sfruttare meglio le simulazioni computerizzate. E' chiaro che il salto fatto dalla 1098 alla Panigale è stato già molto grande e quindi non ci si può aspettare lo stesso balzo in tempi brevi».

«Nel mondo dei preparatori – conclude Fabbro - c'è il ritorno all'essenzialità, ma noi dobbiamo cercare di piacere al grande pubblico e dobbiamo rispettare le norme di omologazione. C'è la sensazione che questa voglia di essenzialità serva a tornare a prodotti più unici e più autentici, meno sofisticati. Però è anche il segno della paura che tutto finisca, che le moto supersportive e super tecnologiche sono bellissime ma diventano obsolete in pochi anni. C'è voglia di prodotti che durino nel tempo, e questo lo capisco, ma noi crediamo che sia ancora molto importante guardare avanti. Per questo continueremo a sviluppare il concetto di sportività».

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