Dead Cat Motorcycles, Vichinghi in moto

Dead Cat Motorcycles, Vichinghi in moto
Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
A parte il freddo e le algide ragazze bionde, l’ambiente motociclistico danese non è poi così diverso dal nostro. Sentimenti e passioni parlano lo stesso linguaggio, ma per trovare qualche differenza tra noi e i bikers vichinghi possiamo guardare ai prezzi delle moto: noi italiani possiamo ritenerci fortunati...
  • Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
16 dicembre 2014

A parte il freddo e le algide ragazze bionde, l’ambiente motociclistico danese non è poi così diverso dal nostro. Sentimenti e passioni parlano lo stesso linguaggio a tutte le latitudini ma per trovare qualche differenza tra noi motorettisti italici e i bikers vichinghi possiamo guardare ai prezzi delle moto e noi italiani possiamo ritenerci fortunati: in Danimarca lo Stato scoraggia decisamente l’acquisto di veicoli nuovi per il trasporto privato imponendo tasse sull’acquisto (moto o auto non fa differenza) che si aggirano sul 180% del prezzo di listino; la benzina sfiora i due euro e le assicurazioni sono carissime soprattutto per i giovani sotto i 27 anni. In un mercato dove si immatricolano circa 3/4000 motociclette nuove l’anno e i concessionari ufficiali sono pochissimi (a Copenaghen solo 5), le moto nuove sono un bene piuttosto costoso e voluttuario. Per queste ragioni, mentre noi italiani la domenica mattina proviamo quasi vergogna quando usciamo dal box la nostra motocicletta vecchia di appena quattro anni, i rustici bikers nordici le moto preferiscono tenersele strette per tanto tempo oppure ne comprano una da restaurare/modificare con la quale però andarci a spasso appena la stagione lo permette, senza tenerla in garage come un oggetto da collezione.

Coraggio, non tutto è perduto

Ma non scoraggiatevi: se siete danesi e avete superato gli esami per ottenere la patente al costo di qualche migliaio di euro, avete a disposizione una stagione motociclistica che va da aprile/maggio a metà ottobre su una rete stradale ben tenuta anche se non molto varia, traffico disciplinato, parcheggi dedicati, rispetto per le regole e – per quanto ho potuto notare – un’attribuzione dell’aura da bello e dannato che fa girare la testa alle signorine per strada. Nei miei giretti ho sempre trovato asfalto drenante in perfette condizioni, segnaletica impeccabile, limiti ragionevoli e tutti – dico tutti – i motociclisti che ho avuto la fortuna di incrociare mi hanno rivolto un cameratesco segno di saluto: come in Italia; beh… quasi. Alla fine di ottobre si irrorano le strade con il sale antighiaccio, pratica necessaria ma che porta a rapidissima corrosione le parti esposte della motocicletta; da quel momento in poi, con temperature polari e una pioggerellina infida nelle poche ore di sole al giorno, in giro si vedono solo biciclette, roba in plastica spernacchiante e qualche automobile.

 

Se siete danesi e avete superato gli esami per ottenere la patente al costo di qualche migliaio di euro, avete a disposizione una rete stradale ben tenuta, traffico disciplinato, parcheggi dedicati, rispetto per le regole e un’attribuzione dell’aura da bello e dannato che fa girare la testa

Fatti quindi due conti la motocicletta in Danimarca è vissuta come una costosa passione estiva e non come un mezzo di trasporto e questo fa dei pochi motociclisti danesi dei ceffi molto motivati, duri, puri, barbuti e massicciamente tatuati, salvo poi scoprire che dietro quella patina di “hardcore bikers” ci sono ragazzacci gentilissimi e molto simpatici. Ne ho avuto la riprova presentandomi un martedì sera presso un bike workshop dall’evocativo nome Dead Cat Motorcycles, luogo di ritrovo di alcuni appassionati con un’idea fantastica: hanno affittato un garage dove ognuno dei venti soci ha ricavato la sua personale postazione di lavoro per mettere a punto, modificare, riparare, maledire la propria motocicletta – rigorosamente con almeno vent’anni di onorato servizio alle spalle, molte sono meravigliose e dispettose inglesi anni ’70 – e un giorno alla settimana lo aprono ad amici e semplici moto-entusiasti per una serata all’insegna della birra, sandwich al pollo e caffè lunghissimi.

Sfidando la loro superiorità fisica e nella speranza di non essere cosparso di pece e piume e poi esposto come un trofeo, mi sono presentato una sera da solo a chiedere asilo politico e ho trovato venti nuovi amici che puzzano di olio motore e di gas di scarico Euro zero; mentre l’eterogenea compagnia (avvocati, falegnami, produttori- tv, poliziotti…) tra i 20 ed i 37 anni d’età è intenta a sporcarsi personalmente le mani col sottofondo di una colonna sonora di scarichi liberi e rock a palla, cerco di darmi un tono – cercate di capirmi: non ho la barba, nessun tatuaggio, sono più basso di loro di 15 cm e più leggero di 30 kg - ma Andreas Garrido, quasi due metri di passione per la sua Honda Four, mi accoglie come un vecchio amico. Dead Cat Motorcycles è un rifugio dove i venti soci migrano le sere d’inverno fino a notte fonda preparando le moto per la bella stagione quando poi le useranno per andarci in giro per mezza Europa.

 

 

Nonostante folli imposte le moto aumentano

E’ il loro modo di vivere la motocicletta anche mentre là fuori il mondo è ostile. La maggior parte delle moto sono classiche e comprate sui siti internet specializzati, molte sono veramente bisognose di cure e ovviamente non tutto fila sempre liscio con moto vintage come queste ma le soste per riparazioni volanti non sono così frequenti come si potrebbe immaginare; Dead Cat Motorcycles è categorico: durante i loro “rides” donne, telefoni cellulari, connessioni col mondo sedicente civile e tutto quello che può turbare la serena armonia di qualche giorno passato in sella in compagnia di diciannove amici barbuti è rigorosamente escluso e lasciato a casa. Ci metto un like mentre in un angolo scopro un sidecar Dnepr e una Kawasaki ZX-6R solo per l’uso in pista o per qualche marachella su strada… per me che vengo dall’estremo sud europeo è come sentirsi di nuovo a casa.

Sembra che in Danimarca la scena motociclistica stia crescendo, sempre più persone incuriosite dall’esplosione della passione per le cafè racer comprano una moto vivere la stessa cultura, a metà tra Hipster e i Biker, se non la stessa passione. Tutti sono accolti con benevolenza e non c’è settarismo ed è forse una lezione per alcuni motociclisti nostrani intenti a prendersi troppo sul serio, mentre i ragazzi di Dead Cat Motorcycles anche con moto vecchie, che rendono l’arrivo a destinazione una delle tante possibilità contemplate dal destino più che l’obbiettivo finale del tour, tagliano l’Europa in due e soprattutto ci mettono le mani da soli… del resto, con zero elettronica, la sciagura più brutta che può capitare è dover lasciare una bacinella sotto il bicilindrico della Bonneville T120 durante l’inverno.

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