Camion e bici, la parola al camionista

Camion e bici, la parola al camionista
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Si è accesa la discussione, anche sui media nazionali, intorno alla circolazione dei mezzi pesanti in città e alla problematica condivisione con le due ruote, le biciclette in particolare. Un lettore può illuminarci. E i ciclisti devono fare la loro parte
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
10 maggio 2023

Nell’editoriale pubblicato lunedì scorso, mentre segnalavo il pericolo di certi camion in città e alla latitanza delle amministrazioni di fronte ai drammi, avevo chiesto i commenti dei camionisti nostri lettori. Molto esaustivo mi pare lo scritto di Galbone, che sul suo camion ha il sensore dell’angolo cieco, ci spiega come funziona e se serve. Partiamo da qui.

Scrive Galbone: “Quanti camion ad oggi hanno il sensore dell’angolo cieco? Come funziona? Quanto è utile? Io guido un camion da 11 metri e da 20 tonnellate da vuoto che ne è dotato, e secondo me non serve assolutamente a nulla. Una bicicletta, una moto parcheggiata, una centralina del telefono, un albero del controviale, un palo del semaforo, un muretto, un tavolino del bar all’angolo, un pedone sul marciapiede ecc ecc: sono tutte cose che lo attivano (e non potrebbe essere diversamente) mentre viaggi a 15-20 allora nel traffico cercando comunque di scrutare negli specchi chi arriva e ti passa, per evitare le auto o i motorini che ti affiancano e destra e a sinistra.

Il sensore in pratica suona sempre, e così si nota solo quando miracolosamente smette. Alla fine è un dispositivo che quasi infastidisce invece di aiutare, in una guida che è veramente difficile: con ingombri, spazi di frenata, tempi di accelerazione e angoli di svolta che nulla hanno a che vedere con il resto del traffico e anche con alcune strade.

Girare con un camion tra auto, marciapiedi a dieci centimetri, pali, moto, bici, significa avere cento occhi e per fortuna, nonostante i due tristi eventi recenti, saranno migliaia i camion che tutti i giorni entrano ed escono da Milano senza fare danni.

In Francia sui camion ora è previsto un adesivo che avvisa gli altri utenti del pericolo dell’angolo cieco: non è uno scaricabarile, ma piuttosto un avvertimento che dovrebbe far paura a chi un camion non lo ha mai guidato -come, credo, chi ha fatto la proposta in consiglio comunale- e far sì che tutti stiamo adeguatamente lontano da un dinosauro che vi può schiacciare come mosche”.

I ciclisti devono fare la loro parte

Perfetto. Nulla da aggiungere. Tra i commenti all’editoriale ci sono altre segnalazioni da parte di camionisti, sulla stessa lunghezza d’onda. E ci sono molte critiche al comportamento di alcuni ciclisti. Come quella del ciclista NTN Melfi:

“Vado in bici da quando ho memoria - scrive il lettore - e da quando lavoro a Milano la bicicletta è il mio mezzo di trasporto. Ebbene, tutti i giorni nel mio tragitto assisto alle azioni più disparate di ciclisti (e monopattinisti) che bruciano semafori e segnali di precedenza a prescindere dall’età o dai figli nel seggiolino. Concordo, il ciclista è un utente più fragile del camionista, ma la soluzione non può essere quella penalizzante per una sola categoria, quella dei camion che è peraltro è necessaria. Serve educazione civica, servono forze dell’ordine per strada che controllino non soltanto i parcheggi ma tutto: dalla guida con il telefono in mano al pedone che attraversa il viale con il rosso”.

E l’educazione stradale non parte

Qui aggiungiamo soltanto che anche sul Corriere della Sera è nato un fitto dibattito in materia. Tra i temi più interessanti c’è quello delle ciclabili che, secondo molti lettori del quotidiano milanese, sono fatte male tanto che bisognerebbe ripartire da zero. Fermare la circolazione dei camion non pare una soluzione percorribile: c’è chi suggerisce di imitare ciò che si è fatto negli Stati Uniti - e aggiungo io, anche in diverse città europee - avanzando la linea di arresto dei veicoli a due ruote rispetto a quella di auto, furgoni e camion. Molti incidenti, come gli ultimi due registrati, potrebbero essere probabilmente evitati.

Patrizia Braun alla fine segnala: “Prima che iniziasse la moda della bicicletta non mi pare si verificassero così tanti incidenti. Forse, anziché rimediare a rimediare solo proibendo la circolazione di mezzi a motore, non sarebbe opportuno insegnare ai bambini fin dalla scuola ad usare il mezzo a due ruote? In qualche paese europeo vengono fatti corsi specifici”.

Giusto, corsi pratici sulla guida e sull’uso della bicicletta. Per tanti anni al parco Sempione c’era un percorso attrezzato di incroci e segnaletica proprio per le biciclettine. Ora è sparito. E siamo sempre lì: fino a che non inseriremo l’educazione stradale tra le materie della scuola, fin dalle elementari, continueremo a discutere soltanto intorno alle soluzioni-tampone, ai palliativi che non cambiano la realtà delle cose.

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