Dakar 2011. Astronavi del deserto

Dakar 2011. Astronavi del deserto
Subito in Speciale, per un “bastone” (come nelle regate a vela) verso Sud, e quindi “rumbo al Norte”, verso Arica. La sesta tappa, l’ultima della prima parte della Dakar 2011, porta alla città più a Nord del Cile | P. Batini
7 gennaio 2011


 Arica, porto commerciale del grande Nord, 200.000 abitanti, 18 km dal confine con il Perù, 7mm di pioggia all’anno negli ultimi 50 anni, ospiterà anche la giornata di riposo del Rally. Un crescendo di dune, sempre più impegnative, e un finale in quella sabbia finissima, come borotalco, che in Africa si chiama Fesh-Fesh e in Sudamerica Guadal. Caldo asfissiante sui 456 Km della Speciale, e quindi un trasferimento finale di 265 KM fino al bivacco. Una tappa, quella che ha per sfondo la Pampa del Tamarugal, decisamente “complicata”.
 

Ma quando si sente un pilota giudicare “complicata” una tappa, è difficile stabilire a priori l’origine di quella difficoltà. Può essere il terreno, la lunghezza, le condizioni atmosferiche, la navigazione. O tutto insieme. Essere piloti motociclisti in un Rally è un affare… complicato.
Chi è entrato in un sottomarino senza averne esperienza si è accorto che in nessun modo riuscirebbe ad uscire dal porto ai comandi di quella bottiglia d’acciaio. Bene, non crediate che “comandare” una moto da deserto sia cosa così facile. E non sto parlando di tecnica, di fisico, di talento. Quelli ce li abbiamo tutti… Parlo delle “manovre” che fanno la differenza tra un modo qualsiasi di andare in moto e guidare una moto da Rally. Parlo della strumentazione e del suo uso.

Davanti al naso di Marc Coma, Cyril Despres o Francisco Lopez, ma vale per tutti, c’è un cruscotto sensazionale. Prima di tutto viene la “scatola” del Road Book, che contiene il “libro di Rotta”, il rotolo che scorre azionato da un comando elettrico con tutte le indicazioni. Destra, Sx, dritto, pista principale, attento, attento!!!, Cap 270°, ecc. Ogni nota del road book corrisponde ad una distanza chilometrica. Serve il tripmaster, contachilometri computerizzato multifunzione, l’ICO per definizione. Distanza totale, parziali, avanti indietro, azzeramento, modifica del chilometraggio in caso di errore o di “staratura” della navigazione. È uno strumento delicato, soprattutto per il cablaggio ed il pick up, e per questo è raddoppiato sopra al porta road book. Poi c’è il GPS, che sapete tutti cos’è perché basicamente è quello che usate in auto per andare a Milano (anche da Rozzano). La differenza è che quello da Rally è più vicino al GPS nautico che al Navigatore automobilistico. Indica la direzione verso uno o più punti geografici, inseriti sotto forma di coordinate (45.46417°N 9.19139°E invece di “Milano”). Nel caso specifico i punti, o waypoints, sono inseriti dall’organizzazione in uno strumento unificato per tutti i concorrenti. Ce ne sono pochi, non tutti quelli della rotta, e alcuni di questi sono “”mascherati” (WPM) cioè saltano fuori solo quando il pilota entra in un raggio di 800 metri da quel punto, e lì ci deve arrivare con gli altri waypoints e le note del road book. Se ci si perde o si è ritirati, si inserisce un codice e si sblocca l’intero serpente di tutti i punti successivi per arrivare a destinazione senza paura. Il GPS non è una bussola, e dunque c’è anche quella, con il suo bel ripetitore, ancora davanti agli occhi del pilota. Poi c’è ancora l’orologio Casio allacciato al traversino del manubrio, magari non lontano dai comandi del porta road book, accanto alla manopola sinistra. Più “sintetica” la dotazione legata al motore della moto. Tendenzialmente la scatola dei fusibili, un grosso interruttore on-off (niente chiave) e una sola, grossa spia rossa: quella dell’olio. Parleremo un’altra volta degli strumenti di sicurezza, attivi o passivi.

In auto il navigatore, accanto al pilota, è responsabile della “navigazione” e lascia a questi il “solo” compito di guardare davanti e guidare. In moto le due figure coincidono nell’unico pilota, che si sobbarca, oltre allo stress fisico e della guida e la tensione della gara, l’intero onere della navigazione, della tattica e del controllo della sala macchine.
Adesso sedetevi e immaginate. Tutto questo anche per dieci ore al giorno, in mezzo alle condizioni di terreno più disparate e difficili, magari a 180 km/h.


Adesso sapete che razza di mostri, ineguagliati da nessun altro specialista del motorismo, sono i Giganti dei Rally Raid.

Guarda il video della 5a tappa




Piero Batini

Foto: DPPI, Red Bull

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