Massimo Clarke. Introduzione alle sospensioni. Terza parte

Massimo Clarke. Introduzione alle sospensioni. Terza parte
Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Il precarico non modifica la rigidità delle molle ma può avere una notevole influenza sul comportamento della moto. Ecco quello che c'è da sapere sull'argomento | M. Clarke
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
15 giugno 2012


Le molle delle sospensioni vengono montate in modo da avere, in posizione di riposo, una lunghezza inferiore a quella che avrebbero se fossero perfettamente libere. Esse sono cioè già parzialmente compresse, in quanto installate tra due battute sulle quali esercitano una certa forza, ma che non possono allontanare.
Viene detta precarico la differenza tra la lunghezza che la molla ha quando è libera e quella che essa ha una volta montata, con la sospensione a riposo (ossia senza che su di essa gravi alcun carico). Dunque il precarico (che si esprime in millimetri) indica in quale misura la molla è già stata compressa, quando montiamo sulla moto la forcella o l’ammortizzatore; quasi sempre, come vedremo, esso può comunque essere variato, in seguito.

Per fare un esempio, prendiamo una molla avente una caratteristica elastica (K) pari a 15 N/mm che, così come viene poggiata sul banco di lavoro, ha una lunghezza di 320 mm; se, per essere montata in un elemento della sospensione, essa viene costretta ad assumere una lunghezza di 300 mm, le viene impartito un precarico di 20 mm, e quindi esercita una forza di 300 N (infatti 20 x 15 = 300). Questo significa che, perché la molla stessa (dopo il montaggio), e quindi l’elemento in questione, inizi a comprimersi, ci vorrà una forza superiore a 300 newton. La compressione che la molla subisce durante il funzionamento è quindi determinata dal carico (forza peso) esercitato su di essa meno la forza dovuta al precarico. Ne consegue che aumentando quest’ultimo l’accorciamento della molla risulterà minore, a parità di carico gravante sull’elemento della sospensione. La rigidezza della molla però non varia. Quello che cambia è il “punto di intervento” iniziale. Una volta iniziata la compressione, a un dato aumento del carico corrisponde sempre un eguale accorciamento della molla, indipendentemente dal precarico ad essa impartito! Tornando all’esempio precedente, una volta superato il valore corrispondente al precarico (300 N), a ogni incremento del carico di 150 newton corrisponde sempre una ulteriore diminuzione della lunghezza della molla di 10 mm, indipendentemente da quanto essa è già compressa.

Se ora applichiamo alla nostra molla, che come detto ha un precarico di 20 mm, una forza di 510 N (mettendoci un peso sopra, per intenderci), essa si accorcerà di 14 mm. Infatti dei 510 N, 300 vengono “impiegati” per vincere la forza dovuta al precarico e i 210 rimanenti determinano una diminuzione di lunghezza che è appunto di 14 mm (210 : 15 = 14). 

Registro precarico molla, alla estremità superiore degli steli della forcella
Registro precarico molla, alla estremità superiore degli steli della forcella

Immaginiamo poi di aumentare il precarico impartito alla molla, portandolo da 20 a 30 mm; la forza che si deve vincere perché la molla stessa inizi a comprimersi diventa 450 N (30 x 15 = 450). Se premiamo sulla molla con la stessa forza di prima, cioè 510 N, la sua lunghezza diminuirà di 4 mm soltanto! Infatti 510 - 450 = 60 (N) e 60 : 15 = 4 (mm). La differenza di compressione (sotto identici carichi), dovuta all’aumento del precarico, ce la “portiamo dietro” per tutta l’escursione molleggiante. Sotto un carico di 900 N, ad esempio, con il precarico di 30 mm la riduzione di lunghezza della molla sarà di 30 mm, mentre con il precarico di 20 mm sarà di 40 mm.

A questo punto è chiaro perché incrementando il precarico delle molle delle sospensioni anteriore e posteriore aumenta l’altezza di assetto della moto. Se si misura la distanza tra la parte posteriore del telaio e il suolo con due diversi precarichi si può constatare come a quello maggiore corrisponda una distanza superiore; la moto (il cui peso grava interamente sulle sospensioni) si abbassa di meno. Naturalmente agendo solo sul precarico della molla del monoammortizzatore si potrà variare l’altezza di assetto posteriore, e viceversa (se si varia il precarico delle molle della forcella), con le relative conseguenze a livello di comportamento della ciclistica.
In curva, sotto l’azione di una eguale forza centrifuga, se il precarico è maggiore, la compressione totale delle sospensioni risulta minore.
Se il precarico è eccessivo la ruota non “copia” bene le piccole irregolarità del fondo stradale e per buona parte del tempo addirittura può non lavorare. D’altro canto, un precarico insufficiente determina un forte abbassamento della moto, con le conseguenze negative che ne derivano (spostamento del baricentro, variazioni delle geometrie della ciclistica); inoltre, diminuisce la corsa utile delle sospensioni e se nel fondo stradale ci sono considerevoli asperità, le sospensioni stesse possono addirittura arrivare a finecorsa.
Per variare il precarico delle molle degli ammortizzatori posteriori si agisce sulla apposita ghiera (che viene poi bloccata da una controghiera). Per quanto riguarda le molle della forcella, si possono impiegare dei distanziali, ma la cosa ovviamente non è molto pratica. Fortunatamente, tutte le forcelle moderne destinate a moto di un certo livello (e di certe prestazioni…) sono dotate di registri filettati che consentono una rapida e agevole regolazione del precarico.

 

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