Yamaha tutta nuova o Rossi se ne va

Yamaha tutta nuova o Rossi se ne va
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Se nei test di agosto non vedrà una M1 rivoluzionata, Valentino potrebbe anche anticipare di un anno la naturale scadenza del suo contratto. Opinione personale, ma un pilota come lui può accettare di perdere in partenza?
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
13 giugno 2019

Valentino, quanto ancora potrà sopportare il netto ritardo tecnico di Yamaha? Il dubbio inizia a serpeggiare anche nell’ambiente: è immaginabile che Rossi possa clamorosamente separarsi dalla sua M1 un anno prima della scadenza naturale del reciproco contratto? Perché la realtà è sotto gli occhi di tutti: dalla seconda metà della stagione 2017 - con l’ultimo successo del Dottore ad Assen - la Yamaha soffre, e dal 2018 (unica vittoria quella di Vinales in Australia) il gap pare incolmabile.


Dopo la giornata nerissima del Mugello, culminata con la caduta di Valentino all'Arrabbiata 2 preceduta da prove tormentate, analizzammo in DopoGP la pagina Rossi/Yamaha. Il nostro ingegner Bernardelle ha giudicato molto negativamente la situazione tecnica della casa giapponese, ha sottolineato che l’evoluzione ristagna da due anni e che il motore sembra il meno potente del lotto.

“Se nei test di Brno non arriverà qualcosa di davvero significativo -ha detto Giulio- sarà molto difficile cambiare le cose”. Insomma, se il 5 agosto, lunedì dopo il GP della Repubblica Ceca, Valentino non troverà una moto profondamente nuova, capirà che anche il prossimo 2020 sarà perdente. Nessuno meglio di lui sa immaginare l’evoluzione delle cose: la sua ottava stagione con Yamaha dopo il biennio Ducati (quindicesima in assoluto con i tre diapason!) secondo me potrebbe essere a rischio.

 

Bisogna ricordare, a questo punto, che alla fine dell’anno scorso i vertici giapponesi di Yamaha in MotoGP sono cambiati: il project leader Tsuya, quello del pubblico harakiri in Austria nell’agosto 2018, è stato sostituito da Takahiro Sumi, che guidava la divisione telai. Non è stato un normale avvicendamento alla nipponica, ma di una vera bomba, di una rivoluzione drammatica, ed è lecito pensare che Sumi si sia messo immediatamente al lavoro con nuove risorse: prima intervenendo sulle necessità urgenti emerse nel 2018, come addolcire l’erogazione del motore e modificare la ciclistica in funzione pneumatici, subito dopo per impostare una nuova M1 in vista 2020. Tutta nuova, si presume, visto che la quattro cilindri in linea di Iwata non cambiava da anni e macinava solo ritardi. E la seconda casa motociclistica al mondo non può permettersi il protrarsi di una planetaria sconfitta tecnologica.

 

E’ la mia opinione personale: i nodi stanno venendo al pettine. In anticipo. Valentino, nonostante i quarant’anni, è ancora abbastanza competitivo da puntare in alto; è lui che quasi tutte le domeniche salva il bilancio Yamaha anche se parte dietro, anche se si accolla nelle prove tutto il lavoro di affinamento e setting per la preparazione del GP. Troppo frustrante continuare così, soprattutto per un pilota che – piaccia o non piaccia - è diventato semplicemente leggendario. Non ho la più pallida idea di come si possa interrompere un rapporto del genere, e neppure di cosa Rossi potrebbe andare a fare, ma credo proprio che il 5 agosto rappresenterà un decisivo giro di boa. Tra un mese e mezzo. Yamaha tutta nuova e promettente, o addio.