Nico Cereghini: “A terra senza colpe: difficile da digerire!”

Nico Cereghini: “A terra senza colpe: difficile da digerire!”
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Succede spesso, domenica è capitato a Dovizioso, un piccolo errore altrui produce un grande danno. L’unica consolazione, in questo caso, è che le conseguenze sono limitate, che poteva anche andar peggio. Ma perché Silverstone mi richiama alla mente un incidente simile ma molto più rovinoso?
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
27 agosto 2019

Ciao a tutti! Certo, dico anch’io bravo a Rins che è riuscito a battere Marquez domenica, anzi “a fregarlo” come dicono in Romagna, e questa volta il verbo mi sembra perfetto: Marc gli seminava maliziosamente le trappole lungo la gara e Alex lo ha surclassato all’ultima curva. Ma immediatamente dopo penso al Dovi, che probabilmente poteva giocarsela con entrambi e invece è finito all’ospedale di Coventry senza colpe. Brutta botta, per il pilota Ducati, nell’incidente innescato da una derapata di Rins e poi dall’high side di Quartararo nelle primissime battute della gara. Impossibile evitare la Yamaha in scivolata. 

E lì per lì qualcosa è scattato nella mia memoria: Silverstone, una Yamaha di traverso in mezzo alla pista, un pilota amatissimo che finisce all’ospedale… Ma certo! Barry Sheene! Che sfiga, quella volta. Ma d’altra parte la fortuna e la iella spesso si sfiorano per pochi millimetri.

Quel giorno, si era alla fine di luglio del 1982, si tenevano le prove libere del GP di Gran Bretagna in programma il primo agosto, e come spesso si usava entrarono in pista moto di classi diverse, dalla 500 in giù. Successe che un pilota francese, che si chiamava Patrick Igoa, cadde con la sua Yamaha 250 e la moto restò per qualche secondo in mezzo alla pista in un punto pericolosissimo, invisibile dietro a un leggero dosso. Sbandieratori non ce n’erano, arrivava a tutta velocità Sheene con la OW60 quattro cilindri, che piombò addosso all’ostacolo e poi cadde rovinosamente. Un impatto terribile, le gambe dell’inglese erano talmente conciate che i chirurghi in sala operatoria dovettero ricorrere a ben ventisette viti per tenerle insieme. Impressionante, e per Barry quello non era neanche il primo incidente grave: sette anni prima, nel 1975 con la Suzuki 750, era volato a Daytona in piena sopraelevata per lo scoppio del pneumatico posteriore, fracassandosi dappertutto. Per lui, povero, il non invidiabile primato di fratture. E purtroppo è mancato, lo ricorderete, nel marzo 2003 quando non aveva ancora compiuto i 53 anni.

Per la cronaca, la 500 di Silverstone 1982 fu vinta da Franco Uncini (due mesi dopo campione del mondo) davanti a Freddie Spencer; curioso, ma più che giusto, che oggi siano entrambi alti dirigenti nell’organizzazione del mondiale. E quarto fu Reggiani. Però mi dico: cadere per colpe altrui è un evento molto frequente, nelle corse, e bisogna in qualche modo metterlo in conto perché in pista non si gira da soli. Ma quanto brucia…
 

Tutti i piloti professionisti sono incappati in incidenti simili a quello di domenica, talvolta come vittima, altre volte come “autore”. Alla fine di ogni carriera il conto sarà più o meno in pareggio, è una questione di probabilità. Ma non per il Dovi: come dice giustamente Zam sembra che la sorte lo perseguiti mica male, se qualcuno deve andarci di mezzo molto spesso quel qualcuno è proprio lui. Naturalmente Andrea si potrà parzialmente consolare pensando al fatto che le conseguenze avrebbero potuto essere anche più pesanti. E la stessa cosa può razionalmente ripetersi lo sfortunato Enea Bastianini, che senza colpa è stato abbattuto da Marini in Austria e alla gara di Silverstone non ha potuto nemmeno partecipare.  

Per fortuna non siamo più negli anni Ottanta, questo va detto: le condizioni delle piste e le protezioni di tutti i piloti sono di ben altro livello. Ma che rabbia! Il pilota “colpevole” quasi sempre è abbastanza onesto da fare ammenda, si cosparge il capo di cenere, si assume ogni responsabilità e ti augura una prontissima guarigione. Ma intanto tu sei fermo, se va bene con una gamba gonfia che fa un male cane o con i lividi sulla schiena che ti tengono sveglio la notte. Che poi a dormire neanche riusciresti, il pensiero che immancabilmente torna su quei chilometri e quelle curve che ti mancavano a finire una gara che magari era appena cominciata, ma in cuor tuo lo sapevi: avresti potuto anche vincerla.