MotoGP 2020. Disastro Honda, di chi è la colpa?

MotoGP 2020. Disastro Honda, di chi è la colpa?
Giovanni Zamagni
La moto più vincente degli ultimi anni è Mcompletamente sparita dalle classifiche: l’assenza di Márquez, inevitabilmente, pesa come un macigno. Ma è solo questo o c’è dell’altro? E il team manager Alberto Puig ha operato bene o male?
24 settembre 2020

Non c’è Marc Márquez, la Honda è sparita. Questa è una certezza. Di chi è la colpa? Il bersaglio preferito è il team manager Alberto Puig: ma è proprio così, è Puig il colpevole di questa disastrosa situazione, mai così negativa per quanto riguarda i risultati, dal 1982 a oggi? Proviamo a capire, facendo una serie di riflessioni e prendendo in considerazione gli errori principali che vengono imputati al team manager della HRC.

Pedrosa collaudatore KTM

Fino al 2012, Alberto Puig era legato a doppio filo con Dani Pedrosa: è stato Puig a scoprirlo nel Trofeo Honda, è stato lui a farlo diventare un pilota, lo ha portato al mondiale, lo ha seguito in 125, 250 e MotoGP.

Poi, nel 2013, i due hanno litigato - personalmente non ne conosco il motivo - e si sono separati. Quando Pedrosa ha deciso di ritirarsi, a fine 2018, la HRC gli ha offerto il posto di collaudatore: lo ha svelato Lucio Cecchinello in una diretta di moto.it. Pedrosa, però, ha preferito cambiare, forse anche per Puig: inevitabile, se hai un conflitto con il team manager. Ma non dimentichiamo che, in passato, la HRC aveva già deciso di rinunciare a Pedrosa, più di una volta. Per esempio nel 2012, quando l’intenzione era quella di fare una squadra con Casey Stoner e Marc Márquez (lo ha detto a Moto.it l’allora team principal Livio Suppo): soltanto il ritiro di Stoner cambiò il programma. E in un’altra occasione, Pedrosa venne salvato dall’intervento di un pezzo grosso della Dorna. Insomma, facile adesso dare la colpa a Puig, ma questa storia, in realtà, era già stata scritta.

“Márquez dipendente”: squadra debole

Questo è un dato di fatto. Ma è sempre stato così con i campionissimi: tra il 2004 e il 2009 la Yamaha, senza Valentino Rossi, non avrebbe vinto nulla; così come la Ducati senza Casey Stoner tra il 2007 e il 2010. Quando c’è un pilota nettamente più forte di tutti gli altri, si crea una differenza enorme. E’ chiaro che se ti viene a mancare il punto di riferimento, ti crolla tutto il castello. Questa non è una colpa di Puig, mentre lo è, senza dubbio, la sua arroganza davanti ai microfoni: “La Honda non ha nessun problema, l’unico problema è che non c’è Marc” ha più o meno detto prima di Misano/1. Ecco, questa è una dichiarazione che il team manager si poteva risparmiare: sicuramente la Honda non è così male come dicono i risultati attuali, l’assenza di Cal Crutchlow, oltre a quella di Márquez, ha acuito le difficoltà, che però ci sono.

“Bisogna cogliere questa occasione - ha detto Luca Cadalora nel DopoGP di Misano/2 - per fare una moto guidabile anche per gli altri piloti. E’ sbagliato per una Casa legarsi a un solo pilota, fare una moto solo come la vuole lui. Ma le cose che vediamo anche noi le sanno anche in Honda”. Luca ha ragione: il direttore tecnico Takeo Yokoyhama deve lavorare per rendere la RC213V più competitiva con piloti differenti.

Jorge Lorenzo, Alex Márquez, Pol Espargaró

Nel 2018, Alberto Puig ha portato Jorge Lorenzo alla Honda. Uno sbaglio, considerati i risultati, e che forse si poteva evitare analizzando le caratteristiche di guida del cinque volte campione del mondo: personalmente credo che uno come Puig, che conosce molto bene i piloti, avrebbe dovuto prevedere che Jorge sarebbe stato in grandissima difficoltà con quella moto.

In ogni caso, l’ingaggio di Lorenzo venne giudicato come una mossa straordinaria, la formazione di un “dream team”, il team da sogno più forte della storia. A fine 2019 Lorenzo ha detto basta e la HRC lo ha lasciato libero: poco dopo è diventato collaudatore Yamaha. Ecco, questo è un errore grossolano di Puig: avrebbe dovuto tutelarsi. Al suo posto è stato preso Alex Márquez: una scelta praticamente obbligata, considerando il potere di Marc Márquez dentro al box. Lucio Cecchinello, sempre in una diretta su moto.it, ha svelato che Alex avrebbe dovuto passare al team LCR, ma che non è stato possibile per diversi motivi. Da qui la strategia - quindi già stabilita - di spostare il campione del mondo della Moto3 e della Moto2 nella squadra di Lucio nel 2021, sostituendolo con Pol Espargaró. Se questa scelta sarà azzeccata lo vedremo l’anno prossimo.

Puig ha un carattere particolare, in molti non lo sopportano, alcune sue dichiarazioni sono fuori dal mondo, ma personalmente non credo che la crisi attuale della HRC sia colpa sua.

HRC non doveva far provare a Jerez/2

Su questo argomento si è discusso molto e anche il nostro ingegnere Giulio Bernardelle è molto critico. “Il dopo infortunio di  è stato gestito in maniera quasi ignobile per uno squadrone così” ha detto l’ingegnerone durante il DopoGP del GP dell’Emilia Romagna. Personalmente la penso diversamente e so per certo che sia la HRC sia il manager Emilio Alzamora erano contrari al ritorno affrettato in pista di Marc a soli tre giorni dall’operazione al braccio destro. Né Alzamora né la HRC - quindi Alberto Puig - hanno avuto la forza di imporsi, subendo la decisione del campionissimo. Certamente uno sbaglio, perché Márquez rimane un dipendente della Honda e quindi dovrebbe fare quello che gli dice il suo datore di lavoro, ma quanti sarebbero riusciti a imporsi con lui? “Non è facile dire di no a un campione di quel livello” ha ammesso Davide Brivio, il bravissimo team manager Suzuki. Insomma, io credo che chiunque altro team manager avrebbe fatto lo stesso, assecondando il pilota.