Rossi: "Non ho capito la reazione di Jorge, io non mi sarei lamentato"

Rossi: "Non ho capito la reazione di Jorge, io non mi sarei lamentato"
Giovanni Zamagni
Lorenzo non commenta la scorsa gara, ma lancia una stoccata: «A Motegi ho perso una battaglia, ma quello che conta è la guerra». E per vincere il titolo gli basterà arrivare nei primi nove | G. Zamagni, Sepang
7 ottobre 2010

Punti chiave


SEPANG – Dopo quanto successo in Giappone, c’era grande attesa per la conferenza stampa di presentazione del GP della Malesia, con Valentino Rossi e Jorge Lorenzo, i due grandi rivali, seduti a un paio di metri di distanza. Ma mentre Valentino ha ribadito la sua versione dei fatti: «E’ stata una sfida bellissima e spettacolare: Lorenzo è arrabbiato solo perché ha perso, come accade sempre in questi casi», Jorge ha preferito non ritornare più sull’argomento. «Cosa è accaduto in Giappone? – ha risposto alla domanda ufficiale – Ah, sì, ho firmato per due anni per la Yamaha…». Insomma, lo spagnolo ha glissato, ha preferito evitare qualsiasi commento, forse anche per le moltissime critiche ricevute, soprattutto dai tifosi spagnoli, che sui siti e sui blog lo hanno criticato per essere andato a “Llorar”, a piangere dai responsabili Yamaha.

«Il passato non conta nulla – continua -, a me interessa solo il presente e il futuro. Quello che mi importa è che domenica potrebbe essere un grandissimo giorno per me, per la mia famiglia, per chi mi è sempre stato vicino in tutti questi anni».
Dani Pedrosa ha deciso ufficialmente che domenica non tenterà neppure di correre e quindi a Lorenzo sarà sufficiente arrivare nei primi nove al traguardo, per conquistare matematicamente il primo titolo in MotoGP, il terzo della carriera dopo i due in 250 (2007 e 2008).

«In questo momento, ho un misto di sensazioni. Sicuramente mi posso sentire orgoglioso: se sono arrivato a questo punto è perché me lo sono meritato. Domenica c’è la possibilità di conquistare il titolo vincendo anche la gara e sarebbe sicuramente il modo migliore per concludere il campionato, ma se non ci riuscirò a salire sul gradino più alto del podio andrà bene lo stesso. Quando ho vinto il mondiale 250 mi sembrava di aver già realizzato un’impresa straordinaria, ma questa lo è ancora di più. Quando ero ragazzino dicevo: "Sono Giorgio (allora lo chiamavano così, nda) Lorenzo, prima o poi diventerò campione del mondo". A Motegi ho perso una battaglia, ma quello che conta è la guerra».

Qualche metro più in là, Rossi spiega le sue ragioni e smentisce la voce, arrivata dalla Spagna, seconda la quale Valentino sarebbe tornato a casa dopo il GP della Malesia, perché infastidito dal comportamento della Yamaha.
«Io andrò sicuramente in Australia – dichiara ufficialmente – e, al 99%, cercherò di finire la stagione prima di farmi operare. E poi, perché dovrei essere arrabbiato con la Yamaha? Dopo la gara mi hanno detto che c’è un titolo in ballo e che Jorge è un po’ nervoso. Io gli ho risposto che se il campionato fosse stato più incerto, o se ci fosse stato Pedrosa davanti, potevo anche comportarmi diversamente. Ma così mi sembra si stia parlando di stupidaggini, che campionato è: Lorenzo deve fare cinque punti (in realtà sette, ndr) e Dani è all’ospedale…Mi sembra già finito dal venerdì pomeriggio di Motegi. Io rimango della mia idea: quando uno perde una battaglia così, gli dispiace, è arrabbiato e magari tira in ballo delle altre cose, che però non sono assolutamente vere. Se lui ha dei problemi in campionato e deve cercare di portare a casa i punti, sarà lui a dover stare attento.

Non ho capito bene la sua reazione, andarsi a lamentare con la Yamaha: io non l’avrei fatto, avrei tirato due calci a qualcosa, ma non sarei andato a dire a qualcuno che avrebbe dovuto stare più attento. Non so lui cosa poteva aspettarsi da me, ma io ho sempre fatto così in tutta la mia carriera. Anche a rivederlo in televisione, è stato un grande duello, ma non c’è niente di più, non è che posso mollare se lui ha dei problemi di campionato. Se li ha, si mette dietro e prende qualche punto in meno: l’anno scorso, a Phillip Island, ero con Stoner, avevo la possibilità di lottare con lui per la vittoria. A cinque giri dalla fine mi sono detto: ‘cosa faccio, rischio o mi accontento?’ Ho deciso di fare secondo e ho vinto il mondiale. Di solito si fa così, non è che potevo andare da Casey e dirgli: "fammi passare, se no io butto via i punti"».

Impossibile non essere d’accordo.

 

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