Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
Bravo Migno, nel suo Mig Babol ospita personaggi vari e Schwantz è il più recente. Un po’ acciaccato, un po’ nostalgico, qualche volta anche duro. Come sta il texano? Kevin annuncia subito che un anno fa ha rifatto la spalla sinistra e ora va meglio, basta dolore, riesce pure a dormire. Invece convive tuttora con la caviglia sinistra lussata a Donington nel ’94 e che gli usciva ad ogni caduta…
“Ai miei tempi - racconta il campione del ’93 - a trent’anni smettevi e pensavi ad altro, facevi una squadra tua o cambiavi vita, perché tutti si facevano molto male, si cadeva tanto con quelle 500. Avrei voluto fare altre due stagioni, ma il polso non andava a posto e dopo il GP del Giappone ‘95 mi sono fermato. Lì a Suzuka in quel ‘95 pioveva, normalmente ero tra i primi in quelle condizioni, invece ero sesto, mi passa Capirossi che rientrando mi tocca, allora alza la mano per scusarsi e cade. Lì ho visto il guardrail molto vicino, troppo, non me ne ero mai accorto prima”.
Ha fatto 104 GP, Schwantz, ne ha vinti 25. Sempre con la Suzuki. “Alla fine dell’89 sono stato vicino a combinare con il team Ago e la Yamaha, ma con Suzuki stavo bene, anche se mi sarebbe piaciuto battermi con Rainey sulla stessa moto. E’ stato un periodo felice, ma la moto perfetta l’ho avuta solo tre o quattro volte. Quelle 500 da 115 chili sentivano molto il peso del carburante, la cosa più importante era la spaziatura del cambio, poi la geometria delle sospensioni, ma Michelin poteva portarti cinque tipi di anteriore e cinque di posteriore da provare, era difficile scegliere senza telemetria, tenendo in mente nei turni di prova tutte le sensazioni. Nel ’93 del titolo mondiale avevamo una buona moto e poche modifiche da fare nel fine settimana, era facile, ma tante volte il test del pneumatico giusto era terribile perché cercavi faticosamente il setting e poi le gomme cambiavano tutto. Nel ’93 sarei finito secondo, brutto vincere con Wayne fuori, ma il nostro è un mestiere pericoloso mi ha detto Rainey, vai avanti senza pensieri. Nonostante tutto, Misano mi è sempre piaciuto, specie quando si girava al contrario e dal Carro in avanti era tutto in accelerazione”.
Kevin era fortissimo in frenata e disegnava traiettorie tutte sue. “Forte in frenata? La moto mi aiutava ed era agile, però non amava le curve lunghe di ritorno, e allora o voltavo con il gas o giravo stretto su una linea più lenta. Non cambierei nulla della mia carriera, ho dato sempre tutto, ho amato tutte le mie gare, le cadute come le vittorie. Mi divertivo quando vincevo e ho vinto tanto, ho smesso al Mugello quando proprio non avevo più niente da dare”.
E’ tuttora molto amato, Schwantz, anche in Italia.
“Credo aver dato ai fan quello che volevano e qualche volta anche di più. Devo dire che la mia squadra era molto comprensiva, qualche volta sono stato troppo stupido come quando caddi in Belgio con 14” di vantaggio… Non mi hanno mai condannato e lo dico sempre ai ragazzi, ai giovani: cercate di capire perché siete caduti e poi di andare ancora più forte.
E i rivali di allora? Kevin ha avuto molta ammirazione per Rainey. “Senza dubbio Wayne è stato il rivale più forte per me. La domenica eravamo pronti alla battaglia, ma la rivalità svaniva dopo aver tagliato il traguardo e potevate vederci seduti a bere una birra e a commentare la gara e a ridere insieme. Con altri piloti siamo andati vicini al litigio: una volta Kocinski mi ha spinto nell’erba senza motivo e avrei voluto picchiarlo, lui non mi è mai piaciuto; con Lawson ci siamo toccati ad Assen, siamo caduti e sono finito all’ospedale con un’anca lussata e un braccio rotto. Bene, ho poi saputo che lui ha commentato qualcosa come “se non si fosse rotto lo avrei rotto io”… Ma non me l’ha detto in faccia, lì avrei litigato. Ma in genere c’era rispetto, tra i piloti. Tranne che con Gardner, con lui dovevi stare attento o ti saresti trovato con la vernice della sua Honda sulla tua carenatura”.
Kevin compirà 61 anni a giorni, si rilassa tra Idaho e Texas, va a pesca, gira in bici e con la moto da enduro. Fa ancora qualche corsa ma rilassante: tre o quattro gare l’anno con il truck nel fuoristrada. Ama la Romagna, l’ha scoperta dall’86 grazie ad Aldo Drudi di cui è rimasto amico. Gli piace Morbidelli perché è veloce ma tranquillo e rilassato da frequentare.
“Valentino? Rossi ha fatto qualcosa di incredibile per il nostro sport e gli auguro una bella carriera con le auto. La prima volta che lo vidi era impegnato da bambino in un gara di minimoto e in testa aveva il casco giusto… “. Già, un Kevin Schwantz replica.