Jonathan Rea: "Una wild card con la ZX-10RR in MotoGP? Una barzelletta" [AGGIORNATO CON VIDEO]

Jonathan Rea: "Una wild card con la ZX-10RR in MotoGP? Una barzelletta" [AGGIORNATO CON VIDEO]
Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
Il cinque volte iridato in SBK commenta sulle voci circolate. Ecco perché l'idea sarebbe semplicemente insensata, almeno per come l'ha raccontata qualcuno
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
10 aprile 2020

"Non ho capito bene com'è andata... ma non vorrei partire come wild card in MotoGP con la mia Kawasaki! Potrebbe essere divertente, ma sarebbe una barzelletta". Questo, in estrema sintesi, il commento di Jonathan Rea alle voci circolate qualche settimana fa, secondo cui la Casa di Akashi avrebbe chiesto - sententosi respingere - una wild card nella MotoGP da correre con il cinque volte iridato in Superbike in sella alla sua ZX-10RR in allestimento SBK.

Senza per questo voler dare del bugiardo a Carmelo Ezpeleta, citato da più fonti con un virgolettato, l'impressione è che nel passaggio fra le parole del CEO di Dorna e gli articoli qualcosa si sia perso, perché l'idea dello scontro fra una SBK e una MotoGP, per quanto affascinante, è del tutto impraticabile, con la derivata di serie comunque perdente quale che sia la soluzione scelta.

Tutti noi - mi riferisco alle varie testate - abbiamo giocato più volte con i numeri, confrontando tempi sul giro di prototipi e derivate di serie. Il più delle volte sull'onda di qualche tempone staccato dalla Superbike di turno, spesso ottenuto nei test invernali. Ci sono state squadre - non solo della Superbike, intendiamoci - che da tempo immemore hanno costruito vere e proprie strategie di comunicazione sul tempone shock.

Piani di lavoro nei test che prevedevano una finestra per il giro veloce in condizioni ideali, nell'orario in cui la pista offre più grip, con cinque litri di benzina nel serbatoio, le gomme più performanti possibile, l'elettronica libera e l'assetto da superpole vecchio stile. Pronti, via: un tempone che faceva scrivere tutti noi giornalisti, foto pubblicate, sponsor felici e via discorrendo. Poi, quando iniziava la stagione, le cose andavano però spesso diversamente.

La pratica si è un po' persa, anche se il sospetto che qualcuno lo faccia ancora c'è, e dopotutto non ci sarebbe niente di male. Ma le limitazioni ai test, regolamentari o economiche, hanno reso prezioso ogni minuto del lavoro. Ed è troppo importante lavorare sullo sviluppo del mezzo, sulla capacità di sfruttare al massimo le gomme sulla distanza di gara - attraverso l'assetto e l'elettronica - per potersi distrarre troppo con giochetti di questo tipo.

Alex Lowes durante i test di Jerez
Alex Lowes durante i test di Jerez

Già, le gomme. Il problema sta proprio qui: la formula monogomma, adottata sia in MotoGP che in Superbike, di fatto mette uno stop contrattuale, ma ancora prima tecnico, alla fattibilità di uno scontro di questo tipo. Contrattuale perché, banalmente, Michelin non accetterebbe mai di veder schierare in griglia una moto calzante pneumatici Pirelli.

Ma anche tecnico perché, sia gommandola Michelin che gommandola Pirelli (anche se forse un po' meno) la Superbike partirebbe sconfitta in partenza. E la cosa, attenzione, non ha nulla a che vedere con la qualità delle due gommature, ma alla filosofia necessariamente diversa di una monofornitura per due campionati diversi nello spirito e nella sostanza. E la differenza, in un eventuale scontro al vertice, viene evidenziata dal video che vi proponiamo qui sotto.

 

 

Da un lato abbiamo un campionato di prototipi, dove la gomma deve e può essere studiata con la sola priorità della prestazione pura, e dove fa parte delle regole del gioco che siano i costruttori a sviluppare le loro moto per sfruttare al massimo la resa potenziale degli pneumatici, che vengono sviluppate spesso secondo filosofie specifiche di ogni Casa. Chi segue la MotoGP da qualche anno ricorderà sicuramente la fatica che fece il team di Rossi per far rendere al meglio le Bridgestone nel 2008: anche se parliamo di un'era in cui le Case impegnavano tutt'altre risorse e non erano vincolate da limiti allo sviluppo, servirono un buon numero di telai e forcelloni per adattare una moto che da anni correva con Michelin (e tutt'al più con Dunlop) alle Bridgestone, rigidissime e con una distribuzione relativa del grip fra anteriore e posteriore assolutamente agli antipodi rispetto alle coperture francesi.

Dall'altro abbiamo invece un campionato di derivate di serie, dove al contrario è il gommista che deve sforzarsi di produrre lo pneumatico più versatile possibile, per fare in modo che si adatti a ciclistiche di tante moto molto diverse fra loro. Pur se la... biodiversità del campionato è leggermente scesa da quando c'erano ancora le bicilindriche, fra il monoscocca Ducati, i doppi travi più tradizionali di Kawasaki o Yamaha e il perimetrale superiore con motore stressato di BMW c'è comunque una certa differenza tanto in termini di rigidità quando di distribuzione dei pesi. E non è ovviamente pensabile che una Casa costruttrice modifichi la sua moto di serie per adattarla alla gomma in uso nel Mondiale SBK...

Aggiungiamoci che, coerentemente con lo spirito dei due campionati, le gomme vengono create e sviluppate con strategie differenti. In MotoGP si fa sperimentazione purissima, con gomme che non hanno una ricaduta (almeno immediata) sul prodotto di serie, con importanti considerazioni sulla brand awareness sviluppata associando il proprio marchio al massimo campionato mondiale. Pirelli ha invece sempre sviluppato la propria proposta in Superbike pensando a prodotti che avessero un travaso immediato sulla produzione di serie. Dove con produzione di serie intendiamo naturalmente la famiglia slick clienti Diablo Superbike, ma anche quella degli scolpiti Diablo Supercorsa, Diablo Rosso fino (qualche passaggio dopo) ad Angel GT.

Il risultato, in sintesi, sono gomme molto diverse. Tutto questo per dire che la Kawasaki di Rea, gommata Pirelli, difficilmente potrebbe contare su una regolarità di prestazioni pari a quella di moto che riescono a sfruttare una gomma creata senza gli obiettivi e i vincoli di cui sopra. E che, quasi sicuramente, così com'è non sarebbe in grado di far lavorare come si deve una gomma prototipo, che richiede rigidità, distribuzione dei pesi e sospensioni molto diverse da quelle di una Superbike.

A meno che, ma qui entriamo nel campo della fantasia più sfrenata... non si pensi a mettere in campo uno sforzo come quello profuso per la 8 ore di Suzuka. Dove, per dirne una, Yamaha e Kawasaki da qualche anno corrono e vincono con Bridgestone filosoficamente molto diverse dalle Pirelli del Mondiale, e più vicine ai prototipi della MotoGP di qualche anno fa che non a queste ultime. E dove, come ben sa chi segue la competizione, il risultato sono moto piuttosto diverse da quelle utilizzate nel Mondiale SBK, che di solito i piloti salutano con gli occhi lucidi dalla commozione.

Insomma, così com'è, ha detto bene Rea, sarebbe una barzelletta. A meno che, naturalmente, l'idea non sia semplicemente quella di impegnarsi con ben altre prospettive che quelle di una semplice wild card, raccogliendo un po' di dati per... chissà. Ma, come già detto, saremmo nel campo della fantasia più sfrenata.

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