GP di San Marino. Cronaca di un pomeriggio funesto

GP di San Marino. Cronaca di un pomeriggio funesto
Giovanni Zamagni
A sette anni di distanza, la morte torna nel motomondiale, dopo che solo una settimana fa, in una gara di contorno, un ragazzino, Peter Lenz, 13 anni, ha perso la vita a Indianapolis | G. Zamagni, Misano
5 settembre 2010

Punti chiave

 

MISANO ADRIATICO - Un altro pilota giapponese, dopo Dajiro Kato, deceduto nell'aprile del 2003 in seguito a un incidente nel GP inaugurale a Suzuka. A sette anni di distanza, la morte torna nel motomondiale, dopo che solo una settimana fa, in una gara di contorno, un ragazzino, Peter Lenz, 13 anni, ha perso la vita a Indianapolis. In entrambi i casi, sono stati fatali i traumi provocati dal pilota che li seguiva, impossibilitato a evitare il corpo steso a terra di chi gli stava davanti.
 

«Ho provato in tutti i modi a prendere la moto invece che Tomizawa, ma purtroppo non ci sono riuscito» ha detto disperato Alex De Angelis qualche attimo dopo l'incidente e ben prima che si sapesse del destino del povero giapponese, travolto successivamente, e con ancora maggiore violenza, da Scott Redding, altrettanto incolpevole come De Angelis. In questi anni, anche grazie alla dedizione di Valentino Rossi e di Loris Capirossi, è stato fatto tantissimo per aumentare la sicurezza, ma contro questo tipo di incidente non c'è nulla da fare.


«Qui il circuito non c'entra niente - conferma Franco Uncini, responsabile della sicurezza del motomondiale -: una cosa del genere può succedere ovunque e in qualsiasi momento. La tecnologia attuale non è ancora in grado di realizzare delle protezioni che possano difendere il pilota da questo tipo di incidenti».


Lascia invece quanto meno perplessi, ma sarebbe più giusto dire attoniti, la decisione della direzione di non esporre la bandiera rossa. Una precisazione: i soccorsi sono stati rapidi e tempestivi e, purtroppo, in questo caso specifico non sarebbe cambiato nulla, ma l'inevitabile fretta e agitazione con la quale Tomizawa e Redding sono stati caricati sulla barella e poi trasportati a bordo pista, poteva risultare estremamente nociva in caso di lesioni gravi per esempio alla spina dorsale. Claudio Macchiagodena, responsabile medico del motomondiale, prova a spiegare le sue ragioni.


«Noi siamo in continuo contatto con i medici sul posto. De Angelis si è alzato subito, si è capito che Redding era senza problemi, mentre Tomizawa è stato trasportato immediatamente fuori pista, dove sono subito iniziati i soccorsi. A quel punto, esporre la bandiera rossa per fermare la gara non avrebbe minimamente cambiato la situazione. Quando Tomizawa è arrivato al centro medico, respirava in modo regolare, anche se, naturalmente, con fatica. Aveva traumi al cranio, al torace e all'addome e per continuare ad apportargli le cure si è deciso per il trasporto in ambulanza e non in elicottero».


Ma in casi del genere, a mio modo di vedere, la bandiera rossa dovrebbe essere sempre esposta e lo pensano anche i piloti, a cominciare da Rossi: «Quando un pilota rimane immobile sull'asfalto la gara dovrebbe sempre essere fermata».

Viene naturale, purtroppo, pensare male: fermare la corsa con la bandiera rossa al 12esimo dei 26 giri, avrebbe causato ritardi enormi e un altro mini gp di pochi giri , con conseguente slittamento della partenza della MotoGP. In pratica, come bestemmiare in chiesa per chi comanda questo sport.


Per quanto mi riguarda, ho grandi perplessità anche sul fatto che sia stato giusto far partire la MotoGP, perché era evidente che a Tomizawa era successo qualcosa di gravissimo.
 

«Ho saputo prima del via» ha detto e ripetuto Jorge Lorenzo, smentendo di fatto che la notizia sia arrivata soltanto a fine gara. Ripeto, non sono sicuro che in questi casi si possa fermare una manifestazione con 51.000 appassionati, ma credo sia lecito porsi almeno il dubbio. Non per Xavier Alonso, però, rappresentante della Dorna (la società che organizza il mondiale) nella Race Director.

«Non ho la necessità di convincere nessuno - ha risposto sprezzante e con arroganza a precisa domanda - che sia stato giusto far partire la gara della MotoGP: fino alle 14.20 non si sapeva che Tomizawa era morto».


Ognuno tragga le sue conclusioni.