Nico Cereghini: "Se i tedeschi ci colonizzassero di più"

Nico Cereghini: "Se i tedeschi ci colonizzassero di più"
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Alti e bassi di una industria come la Ducati, ora alla Audi. In quarant’anni ho personalmente assistito a belle imprese ma non ho mai visto splendere il pieno sole. Ed ora si sente parlare di raddoppio della produzione… | N. Cereghini
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
24 aprile 2012

Punti chiave


Ciao a tutti! Per uno che ha visto la Ducati sull’orlo del baratro, alla fine degli anni Settanta costretta a produrre i motori diesel VM (e perfino qualche asfittico fuoribordo) per campare, questa dell’Audi che se la compra non è una notizia così brutta. Anzi, è bellissima. Qualcuno storce il naso? C’è chi parla di tramonto del made in Italy e di nuova colonizzazione? Averne, dico io, di colonizzatori così.

Dal ’48 in avanti la Ducati ha vissuto ben pochi giorni felici. Quando era a partecipazione statale -prima nell’EFIM, poi in Finmeccanica e infine anche nell’IRI- qualche sprazzo di luce ogni tanto si vedeva, ma soprattutto dominava il buio. Me le ricordo bene le conferenze stampa stile sovietico, senza novità, e i concessionari senza le moto da vendere; quelle poche che c’erano si disfacevano durante le prove su strada di Motociclismo ed ogni buon meccanico alzava gli occhi al cielo. Una volta perdevi il carburatore, l’altra

Arrivarono i fratelli Claudio e Gianfranco Castiglioni a salvarla, nell’85; diversamente Borgo Panigale oggi sarebbe, molto probabilmente, una fabbrica chiusa

il freno. Poi arrivarono i fratelli Claudio e Gianfranco Castiglioni a salvarla, nell’85; diversamente Borgo Panigale oggi sarebbe, molto probabilmente, una fabbrica chiusa. Non è più italiana? Ma non è una novità: quando il gruppo Cagiva passò la mano, nel ’96, la proprietà passò al fondo Texas Pacific Group, che non mi pare sia di Milano. E tutt’ora, da che Andrea Bonomi la rilevò nel 2006 con la sua Investindustrial, una piccola quota era rimasta nelle mani dei fondi pensionistici americani.

Evviva l’Audi. Hanno applaudito il sindaco di Bologna, i sindacati, i dipendenti, quasi tutti.
Per forza: nonostante la 1199 Panigale e la Multistrada e tutte le altre moto di successo, l’incertezza regnava sovrana. Belle moto le rosse di oggi, anzi bellissime, tra le più affascinanti del mercato mondiale; arrivo a dire che non ho mai visto in quarant’anni delle Ducati così avanzate e così riuscite. Eppure tutte le volte che andavo a Borgo Panigale tornavo a casa più confuso. Come mai tutta quella insoddisfazione? Perché in fabbrica c’era un'aria così pesante? Siamo in vendita, dicevano, e siccome c’erano debiti e all’orizzonte non si vedeva la fila dei compratori, ecco che la paura cresceva.

Vogliamo dire tutta la verità? Speriamo che adesso i tedeschi si comprino qualche altra fabbrica italiana. Salvando così l’occupazione, perché questo è il punto: con i maghi della finanza dalla crisi non si esce, mentre con le produzioni qualificate si può fare. Audi ha tecnologia, capitali, ha soprattutto entusiasmo, una dote che in Italia sta sparendo a velocità supersonica perché il futuro non si apre ed il presente mortifica. Del resto ho sentito dire da Ruperts Stadler, il presidente, che sarebbe possibile raddoppiare la produzione Ducati, e queste sono parole positive che da noi si sentono pronunciare sempre meno.