Red Bull Epic Rise. La collina dell'onore

Su una salita irta come una rampa da freestyle hanno tentato di salirci 50 motorini truccati. Anche noi abbiamo partecipato, vi raccontiamo la seconda edizione della Red Bull Epic Rise 2015
29 giugno 2015

Un' impressionante salita lunga 50 metri si erge là, in quel di Clusone, il paese di Paolo Savoldelli, e di enduristi doc. Luoghi dove le anime irrequiete e dannate dell'Enduro si aggirano alla ricerca della linea perfetta. Lì, su quella salita irta come una rampa da freestyle, troppo lunga e troppo scoscesa anche per le potenti moto dei piloti del mondiale Enduro, proprio lì hanno tentato di salirci 50 motorini truccati. Lì ha preso vita lo scorso week-end la seconda edizione della Red Bull Epic Rise 2015.

Uno spettacolo senza precedenti, con due prove, una nel pomeriggio e una di sera, questa con la pista illuminata dai riflettori, che ha divertito e attirato migliaia di persone. Pochi, pochissimi metri per prendere la rincorsa, un alto gradino e poi ecco il muro. In cima, l'arco gonfiabile della RedBull, quello dei grandi eventi. Solo 50 i fortunati partecipanti. L'organizzazione, visto che la gara si correva in concomitanza con il mondiale Enduro, ha dovuto mettere un tetto massimo, perché la banda della Epic Rise, che è la stessa che organizza le mitiche Monferraglie, Threeturaglie, Tenferraglie ect ect. ormai attira centinaia e centinaia di piloti. L'emozione per i partecipanti selezionati è stata indescrivibile. Pubblico a perdita d'occhio. L'Arena Motorparty è stata infatti invasa da un numero impressionante di spettatori. Però, sia ben chiaro, l'impresa di arrivare in cima, è riuscita a soli tre piloti, che hanno lottato fino alla fine per essere incoronati come i piloti più epici. Motorini a tre ruote in linea, Piaggio Ciao con due motori, moto da cross con propulsori scooteristici dall'impressionante potenza e chi più ne ha più ne metta.

Alla fine però, a mettere in riga tutti, Mattia Pavani, in sella al suo Peugeot STR, che ha dominato la classe Truccati, riservata ai motorini con telaio originale, un massimo di 80 cc, monocilindrici e a frizione automatica. Riccardo Salvi si è invece aggiudicato il gradino più alto del podio nella categoria Proto, che include i ciclomotori creati ex novo artigianalmente con un massimo di 100 cc, 2WD e sempre frizione automatica. Il pilota ha gareggiato a cavallo del suo “Limousine”, un mezzo costruito ad hoc insieme al team “Cioca la Pirla”, già vincitore della prima edizione di Red Bull Epic Rise nella categoria Truccati,

Salvi si è garantito la vittoria completando l’ascesa in 6,10 secondi, distaccando di pochi decimi Mirco Raimondi, che con il suo due ruote soprannominato “Il Cattivo” ha chiuso in 6,50 secondi. Al team “Cioca La Pirla” e al suo centauro Riccardo Salvi è andato anche il premio speciale di “Epic Ferro”, riconoscimento assegnato al partecipante che si è presentato ai nastri di partenza con l’abbigliamento più estroso e il mezzo più creativo. Contagiati da questo mondo “eccentrico” anche il campione del Mondo E1 2014 Matthew Phillips e i piloti Red Bull del Mondiale Enduro Antoine Meo e Giacomo Redondi. Meo si è presentato con un casco dotato di corna e un lungo montone. Redondi non è stato da meno e si è presentato al via vestito da Superman. Tra i partecipanti c'era anche Max Manzo con un bellissimo "tubone" con avantreno pit bike, mozzi e slitte motore-trasmissione torniti da pieno e sovrastrutture trial. Un anno di lavoro!

Anche noi c'eravamo, ve lo avevamo detto, sotto i colori gialli e neri del team “Ten Ciofs Moto.it”, in sella a un Garelli trovato abbandonato in una cantinaccia. Preso, acceso e via... Tanto malconcio che al primo tentativo di salita (tentativo, sottolineiamolo) si sono svitati i pedali e il manubrio. Tanto che in “gara 2” nemmeno con la spinta dei pedali è riuscito a percorrere più di 7 metri in salita.
Ma era da tempo che non ridevamo così di gusto e sentivamo così tanti applausi. Beh, a Federico Moccia sono bastati tre metri per stare sopra al cielo. A noi ne sono serviti sette, cinque metri di pedalata e un manubrio storto. Ma ragazzi, ne è valsa la pena.
 

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