Arianna e Andrea a Kythira, in Grecia

Arianna e Andrea a Kythira, in Grecia
Quest’anno il sempre difficilissimo compito di scegliere una sola tra tutte le isole greche che vorrei visitare, cioè tutte, ha prodotto come risultato Kythira!
30 giugno 2011


Ci passeremo pochi giorni, approfittando del ponte del 2 giugno godendoci l’isola in questo mese di bassa stagione. 
Per noi motociclisti c’era anche il piccolo “diversivo” rappresentato da una strada alternativa alla solita Patrasso-Pireo percorsa a tutta birra per non perdere la coincidenza con quello che di solito è l’unico traghetto settimanale... L’idea è quella di fermarci a Mistràs, borgo medievale a 6 km da Sparta, per poi imbarcarci alle 11 del mattino dopo da Néapoli. Gli orari dei pochi traghetti per Kythira infatti non ci agevolano né all’andata né al ritorno, dovremo “perdere” due notti lontano dall’isola. Kythira è servita da Lane Lines (da Gythio o dal Pireo) e dalla Porfyroussa da Néapoli, la vecchia Myrtidiotissa della Anen non sembra più essere attiva. Avevo letto sulla rete di un incidente che l’aveva danneggiata, qualche mese fa.
Si parte il 29 maggio, e dobbiamo chiedere il solito passaggio al Signor Anek sulla sua Olympic Champion! Sicuramente gli Amici delle Isole Greche ne sono già al corrente, ma ora ad Ancona bisogna prima effettuare il check in alla biglietteria marittima per poter accedere al porto dietro esibizione della carta d’imbarco. 
Arriviamo a Patrasso con la solita ora e mezza di ritardo della Anek, che si riconferma inaffidabile dal punto di vista della puntualità. Come sono felice di rivederti, Grecia! 

 

Comincia il viaggio: Patrasso – Corinto – Tripoli – Sparta.
A quel punto dovremmo fare tappa, ma è presto, e abbiamo ancora energie per proseguire. A questo punto arriviamo a Gythio e sono le 20. Dopo la mezzanotte parte la Vitzentzos Kornaros della Lane! Riunione di gabinetto per decidersi sul da farsi… Temporeggiare a Gythio o proseguire? Ci guardiamo intorno… è un posto molto piacevole! Più gradevole del previsto. Gythio è molto animata, per essere il 30 di maggio. E sia! Chiamo il titolare della domatia a Kythira per sapere se ci può accogliere in anticipo rispetto al previsto, del resto arriveremmo alle 3,30 di mattina! Ci rassicura, ci dice che non c’è problema, parla anche un po’ di italiano il Signor Manos. Facciamo i biglietti e parte l’attesa. C’è una chiesa in lontananza, mangiamo al ristorante di pesce “Saga” a pelo (ma proprio a pelo!) d’acqua, pesce freschissimo servito con pane abbrustolito cosparso di olio, saporitissimo. Le luci del tramonto ammorbidiscono tutte le ombre, mi sembra di stare in un sogno. Passeggiamo per il paese e curiosiamo in giro per gli alberghi, molti sono al completo! Il prezzo si aggira in media sui 35 – 45 euro.

Alle 00,45 ci imbarchiamo e ci addormentiamo come gattini appena nati su questa buffa nave facendo il toto poltrona-reclinabile-che-funziona… ce ne saranno state tre su tutta la nave. 
Arriviamo nel nero petrolio di Diakofti, verso Avlemonas. Ci arriviamo da una strada in discesa immersa nel buio più completo. Ci accoglie sbadigliante ma cortesissimo Mr. Manos, titolare di Maryianni Studios. L’appartamento è al primo piano, siamo i soli, probabilmente, in tutta la struttura, che è bellissima, a due passi dal mare e nuova di zecca. Mr. Manos è un ex pilota della Olympic Airways che si è innamorato del posto durante uno dei suoi viaggi e ha deciso di aprire questi studios con la moglie Eleni, hostess della compagnia. 

Il mattino dopo il panorama che si apre a noi è da lacrimuccia napoletana, verso questo piccolo miracolo di colori che è questo villaggio. Avevo visto moltissime foto su internet, e mi ero documentata tantissimo, ma un conto è osservare un luogo su Google Earth, un altro è assaporarlo con gli occhi, con il naso, con i piedi. Tutto è luce, vita, natura, autenticità, il silenzio è musica.Avlemonas si è rivelata non solo il posto più carino dove stare ma anche una buona base per visitare l’isola e le spiagge (non avremo il tempo di vederne molte, però). Avlemonas è un villaggio di pescatori che deve essersi poi sviluppato in termini di strutture in base al turismo, ma lo ha fatto nel rispetto dell’architettura originaria, mantenendo il fascino del luogo, che non si è snaturato, così come la sua gente, che tuttora si organizza con la pesca. Le sue casette a bordo “piscina” in questa meraviglia sono quanto di meglio possa sognare. Giriamo il paese, familiarizziamo con le taverne, il rudere che chiamano velleitariamente “castello”, lo esploriamo, ammiriamo la vista sconfinata su Paleopoli, percorriamo la strada deserta che porta fin laggiù.Ci sembra un posto estremamente pulito, e lo è, come ci spiegherà in seguito Mr. Manos: a inizio e fine stagione viene attuata una scrupolosa operazione di pulizia e rinnovo da parte del comune a cui tutti partecipano volentieri. Ci sono decine di gatti bellissimi, un pescatore che da’ loro da mangiare, farfalle coloratissime, insetti mai visti, profumo di origano, liquirizia, mirto…


 

Il tempo è eccezionale: né troppo caldo né freddo, una brezza piacevole, e una pace infinita, non c’è in giro praticamente nessuno, ci sentiamo dei privilegiati, a goderci questo posto tra pochi altri. Visitiamo Kaladì, una gioia per gli occhi (10 min. di strada da Avlemonas). Ci siamo solo noi e una famiglia. L’acqua non è freddissima, c’è ombra prodotta da una grotta naturale, i colori sono molto belli.Abbiamo dedicato i pochi giorni a disposizione per visitare l’isola, godendoci poco il mare, purtroppo. Firi Ammos è ora servita da una strada asfaltata, che al momento della nostra visita era catramata di fresco e quindi non abbiamo potuto percorrerla. Strada troppo accidentata anche per Vroulea. Le strade di Kythira e il loro intreccio sono a mio parere discutibili, bisogna fare chilometri avanti e a ritroso per raggiungere luoghi vicini in linea d’aria! Ma pazienza, la pena qual è? Godere di panorami meravigliosi, con incontri fugaci con donnole, ad esempio? Sopporto volentieri. Vista anche Kombonada, bella e solitaria, ghiaiosa. Mr. Manos è un fan di Melidoni, che purtroppo abbiamo mancato. C’è una strada infinita e impraticabile per la nostra moto, grossi sassi taglienti e profonde buche, se buchiamo qui, in mezzo al nulla… meglio non rischiare e proseguire per il proseguibile. Abbiamo visitato le cascate di Fonissa, luogo semplice ma incantevole, con la frescura e la meraviglia delle libellule blu che svolazzano a pelo d’acqua.Il paesino che le ospita è Mylopotamos, e all’ingresso del percorso verso le cascate si trova un bar con papere che sguazzano allegramente. Il bar Platanos è attivo e sonnacchioso, e c’è anche un originale ristorante – negozio che vende prelibatezze locali (marmellate, composte, olio, etc.).Nel percorso troviamo solo strade deserte, paesaggi lunari, verde, semprevive (la pianta caratterizzata da fiori gialli tipica di quest’isola), un paio di donnole, parecchie bisce, ramarri e una pace rarefatta. Abbiamo fatto il bis di sorgenti visitando Amir Ali a Karavàs. Altro posto incantato e pullulante di creaturine dai colori che non esistono.Abbiamo intravisto Mitata, e raggiunto il nord destreggiandoci alla meglio su queste strade dagli snodi un po’ bislacchi. Qui costeggiamo Plateia Ammos, grigiastra e solinga, la cui desolazione è accentuata da questo giugno ancora graziato dal casino. Scendiamo verso anche Agia Pelagia, un po’ meno tetra di Plateia, ma sempre un po’ troppo “località improvvisata”. La cementificazione è relativa, penso con un sorriso a Rodi che ho visto molti anni fa, quella sì è davvero una devastazione sfacciata che si è abbattuta e si abbatte a casaccio su un paradiso. Ci sono molti edifici in costruzione, soprattutto a Santa Pelagìa.

 

Nell’arco dei pochi giorni che abbiamo avuto per assaporare la bellezza di Kythira non ci siamo ovviamente persi la Chora, quel giorno sferzata da un vento prepotente. Siamo saliti al kastro, ben tenuto e dall’aspetto tutt’altro che abbandonato.A Chora, oltre a procacciarci a malincuore i biglietti per il ritorno su Néapoli, non mi sono certo fatta pregare per fare una capatina al negozio Stavros, negozio di dolciumi, miele e leccornie varie. Se chiudo gli occhi mi pare ancora di sentire il sapore e la fragranza di quei pasticcini morbidi, finiti a tempo di record e condivisi, al tramonto, con il mitico Mr. Manos. E da Stavros non manco di far notare nuovamente a me stessa che devo migliorare il mio greco poverissimo, che mi sarebbe servito anche in questo caso, per non far impazzire la vecchietta del negozio che non parlava una parola di inglese. Il ristorante Belvedere, alla Chora, da cui ci saremmo fiondati a rotta di collo data la fame da record, sembrava chiuso. Per cui abbiamo mangiato a Kapsali da Magos, e non è stato affatto male. Davanti al ristorante era ormeggiata la “glassboat”, l’imbarcazione per le escursioni all’isolotto di Chitra, dove ristagnano giochi di luce molto suggestivi. Kapsali, ci spiega l’inesauribile fonte di informazioni rappresentata da Mr. Manos, è un insieme di case a distanza molto ravvicinata (potrei sbagliarmi, ma la parola ha a che fare con il vocabolo “caldo”), in estate ci si strugge d’afa. Per questo la gente che poi, girando l’isola, capita ad Avlemonas, dice “ahhhh ma allora…!”. Qui ho notato le uniche impronte turistiche in senso stretto, caffè moderni, qualche amenità per i turisti e così via. Ma c’erano poche anime nel villaggio e in spiaggia non c’era nessuno. Avendo più tempo avremmo visitato il monastero abbarbicato alla roccia situato proprio sopra Kapsali. Anche se dopo aver visto, simile per tipologia, quello di Amorgos, forse sarebbe stato difficile reggere il paragone…L’isola è ricchissima di chiese e monasteri, e chiaramente ne abbiamo visti una piccolissima parte, rinunciando anche ad un monastero che mi interessava particolarmente, Agios Dimitrios, perché la strada da Livadi era sbarrata.

Abbiamo saltato anche la celebre Myrtidiotissa. Peccato. Abbiamo però visto Agia Moni, sopra Avlemonas e Diakofti, e goduto della splendida vista da lassù. A presidiare il monastero un chow chow che abbaiava e ovviamente non mordeva: dolcissimo. All’inizio della strada che sale al monastero è stato eretto un busto a Kolokotronis,militare e patriota che nel 1822 ha contribuito a rimettere in sesto Agia Monì, dove aveva pregato per un esito favorevole della guerra d’indipendenza dall’impero turco.A proposito di Diakofti, il posto è incantevole. Il mare, specie nella baia di destra, ha dei colori e una calma incredibili. 
Il problema è il vento, che unito alla sabbia non è esattamente un mix esaltante.Ci piange il cuore, ma dobbiamo lasciare (nel mio cuore è un arrivederci) Kythira. La Porfyroussa immersa nel mare blu cristallino di Diakofti è una beffarda metafora della vita. Ma tant’è… mi consola il fatto che il viaggio non è ancora finito… perché ho programmato di fare tappa, al ritorno, nientemeno che a Monemvassia.

Da Néapoli prendiamo la strada infinita in mezzo ai monti per Monemvassia, che si snoda per 50 km. Circa senza mai vedere in lontananza la famosa rocca, la cosiddetta “Gibilterra di Grecia”. 


Costeggiamo paesi di montagna isolati e pittoreschi, e finalmente eccola lì:Alloggiamo ovviamente a Gefyra, che è la New Town di Monemvassia, altrimenti gestire i bauletti della moto per portarseli appresso dal parcheggio fuori dalla fortezza e scarpinare per le viuzze scivolose e strette di Monemvassia sarebbe stato un po’ grottesco. Alloggiamo presso l’Hotel Pramataris, di fronte alla spiaggia, vista sulla fortezza, camera spaziosa, nulla di eccezionale, ma la titolare con noi è stata molto gentile. Costo, inclusa la colazione, 45 euro. Il villaggio pullula di ospiti, in agosto deve essere un discreto delirio. Qui commettiamo un errore un po’ da principianti, ovvero incappiamo in una tipica trappola per turisti, trattasi di taverna sul mare per turisti. Pazienza. C’era una psarotaverna piena zeppa di gente a due passi dal ponte per raggiungere la rocca, e forse era lì che dovevano indugiare le nostre gambe stanche. Tant’è, dopo cena ci dirigiamo a piedi verso la rocca, circa 700 m. di strada nel buio più completo, luna piena a rischiarare il passo. La rocca è una totale sorpresa: è un mondo da scoprire, un labirinto di viottoli in cui perdersi, ad ogni curva un locale, una chiesa, uno scorcio, una discesa, una risalita, un posto completamente silenzioso e poco più in là luci e suoni da un ristorante. Davvero molto, molto affascinante. Un po’ claustrofobica, forse. 

Il giorno dopo ripartiamo e stavolta è per sempre, ahimé. Rotta su Sparta – Corinto – tappa da Mac Donald di rito e Patrasso disperata, sempre più teatro di giovani ai margini che sopravvivono dentro case in costruzione o per la strada, e che spera di scappare in qualche modo verso lidi più fortunati. 
Al ritorno utilizziamo Minoan. Servizio significativamente superiore rispetto ad Anek, la riutilizzeremo! Ad attenderci la pioggia di Ancona. Quanto mi pesa tornare a casa! Quanto mi peserà svegliarmi con davanti la tangenziale est invece della piscina di Avlemonas sorvolata dai gabbiani

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