Queens’ Cavalcade Canarias 2016. Part #1, il Viaggio

Piero Batini
  • di Piero Batini
Un viaggio, una gara, un gruppo. Un “tutor”. Tutto inizia sul profilo della serenità, ma cresce a dismisura man mano che l’amalgama trasforma l’evento in occasione, o viceversa. È il viaggio-gara di Queens Cavalcade Canarias 2016. Un’avventura
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
6 novembre 2016

Dell’Arcipelago delle Canarie. Dicono che è un Paradiso: confermato. Dicono che è la Primavera tutto l’anno: confermato. Dicono che ci si va per vacanza, lavoro, amore, anche per caso, e poi si resta, avvinti, sedotti dal contesto. To be confirmed, perché al momento siamo tornati a casa. Ma vien fatto di pensarci, a molti amici è successo proprio così. Uno di questi è Daniele Papi, monumentale figura dell’Enduro, della Dakar e del Motorismo italiano. Chi non ricorda le sue coraggiose e geniali, rivoluzionarie Sei Giorni? Chi non ha scolpita nella memoria la Sei Giorni Internazionale di Enduro nell’indimenticabile edizione dell’Isola D’Elba, anno di grazia 1981? E chi non ricorda le eroiche, epiche Dakar incollati alle frustrazioni dei Picco (ho un amico che dette il suo nome a un cane, sfinito dall’ennesimo secondo posto del vicentino) o le gesta di De Petri o Lalay. È l’epopea, a volte drammatica, dei Team Ufficiali Yamaha, o BYRD in una delle emanazioni leggendarie sotto la guida di quel, questo, Papi, e dei suoi Piloti, che lui considerava come figli e tutti ugualmente importanti. Non solo quelli della Dakar, non solo le “punte” ma anche, soprattutto i “gregari”, uno per tutti Angelo Cavandoli. Più in generale, il Papi in questione, è l’autore di certe svolte, talvolta semplici e logiche ma quasi sempre epocali, che hanno reso più interessante e meno noiosamente lineare la Storia del Fuoristrada Motociclistico Italiano. Per farla breve, s’intende!

Ora, dopo anni di parziale black-out, di scelte di vita contro corrente e contro… natura, impegnato in cordate finanziarie e imprenditoriali, finalmente la figura del Gigante Versiliese del Fuoristrada riaffiora al suo posto. Quasi al suo posto. Emerge dalle atlantiche, incantate acque delle Isole Canarie, dove Papi, Signora e Figlia si sono stabiliti da qualche anno alla ricerca, vincente, dell’eterna primavera e di una più creativa libertà di pace interiore.

Ma Papi non è un asceta, è un Uomo d’azione, e doveva succedere…
 


Doveva succedere che scoprisse la straordinaria indole motociclistica delle Isole del Sole, che decidesse di avere un erede “tematico” da incastrare e che lo affiancasse sulla strada dell’organizzazione, Valerio Barsella, e che, una volta deciso a liberare nuovamente la sua fantasia, ideasse una cosa che non è nuova, ma che non c’era. Quell’Isola che non c’è che è da sempre dentro di noi, eterni ragazzi che mogli, fidanzate e mamme, ma anche figli, considerano ormai irrecuperabili.

Le Canarie, nove isole, sette maggiori e tre principali, sono Spagna e un arcipelago tropicale, Europa e Atlantico. Un arcipelago di Vulcani emersi e spenti (beh, quasi) davanti alle coste dell’Africa a trecento chilometri nell’Oceano. Ovvi vantaggi, in particolare quelli del mare aperto e, anche, alcuni svantaggi. Pochi per la verità. In pole position, Paradiso a parte, un costo generale della vita più basso rispetto all’Europa, a patto di non andare come turisti allo sbando, caso nel quale farsi spennare anche qui è un attimo. In ogni caso, benzina, alcool e sigarette costano sensibilmente meno che in Italia, e con i vizi siamo a posto, e per mangiare e dormire le sistemazioni abbordabili e di buona qualità non mancano, e siamo a posto anche per quanto riguarda la sopravvivenza. Se poi uno dovesse decidere di andare a vivervi o a lavorare, con centomila euro si può comprare una casa, l’IVA è al massimo al 7% e la pressione fiscale, se paragonata alla nostra, irrisoria. “Non è tutto oro quello che luccica”, dicono alcuni, e naturalmente il risultato della scelta non è mai scontato ma soggetto a infinite variabili personali.

Sotto l’aspetto turistico, per tornare in un’atmosfera più rilassata sul da fare alle Canarie, dipende molto dall’Isola che si sceglie. Tenerife è la più “attrezzata” (anche per i Polli), Gran Canaria la più varia, Fuerteventura l’Isola angolare più nuda e… isolata, l’Isola selvaggia dell’avventura... forte. Difficile sbagliare, le tre isole maggiori delle Canarie sono differentemente caratterizzate, soprattutto in termini ambientali, e differentemente, ma immancabilmente, affascinanti. Tra gli svantaggi, il fatto di essere isole lontane. Non è come andare all’Elba o in Sardegna, e se il capo al mondo è ormai a portata di mano grazie ai voli low cost, l’idea di andarci con la propria moto non “fitta” con il massimo della praticità e dell’economicità. Ci vuole un’idea. E qualcuno che la metta in pratica.

L’arcipelago ha consolidato una vocazione turistica che viaggia su cifre impressionanti. A fronte di circa due milioni di abitanti, le visite arrivano a sei-sette volte tanto con un record annuale di incremento che varia dal 10 al 20% a seconda delle Isole e delle località. Dopo americani, spagnoli e tedeschi veniamo noi, e oltre ai turisti cresce anche il numero di italiani, già una bella comunità di circa ventimila alle Canarie, che al ritmo di 50-60 richieste di “residenza” al giorno decidono di trasferire le loro radici alle Isole dell’Eterna Primavera.
 


In questi termini, è chiaro che l’”assalto” è la forma di avvicinamento scontato ai luoghi più belli, e non si capisce come mai interi centri abitati siano stati sviluppati, invece che su caratteristiche di identità propria, su quegli strani concetti urbanistici e architettonici per cui hotel, ristoranti e ritrovi si pressano uno accanto all’altro togliendo la visuale al mare e ispirandosi disinvoltamente all’antica Roma o a Guerre Stellari. È quel genere di luoghi nei quali “non andremmo mai”, direte voi, e allora dovete spiegarmi come mai sono stipati di gente. Alle Canarie vivono molti italiani, dunque, e questo, a quanto pare, è un bene e anche un male. La sensazione è che molti di noi sono andati armati di buone volontà e intenzioni, ma altri con molte meno qualità, che poi sono quelle che si notano per prime e che rimangono impresse identificando l’intera nazione. Tra i fenomeni più imbarazzanti, pare che molti italiani siano andati alle Canarie per truffare… altri italiani, bel confronto in campo neutro, offrendo e lasciando, così, un inequivocabile e lusinghiero segno di stile. Morale: essere italiani non è di primo acchito il massimo, e non bisogna aspettarsi striscioni di benvenuto e porte aperte. Poi, per i “buoni” diventa come in tutto il Mondo, e meglio che in altri luoghi dove ci abbiamo provato allo stesso modo. Questione di tempo e poi si è accettati per quello che si è. Va da sé che un minimo di informazione prima di andare, in vacanza o a vivere, non guasta. Ecco, immersi nel torrente d’informazioni generali, anche molti indizi sull’opportunità di poter usufruire dei servizi di un “Tutor” che possa farsi carico di assicurare al viaggiatore il massimo delle Canarie in un’esperienza fluida e senza scosse. L’idea e l’esecuzione di Queens Cavalcade Canarias 2016, per esempio.

Dove andare alle Canarie? Con Queens Cavalcade e una settimana “lorda” a disposizione, e considerato che si tratta di una Gara di Regolarità, la scelta è caduta sulle tre Isole principali, perché meglio collegate tra loro e comunque rappresentative delle “fantastiche diversità” che caratterizzano l’arcipelago. Tre Isole dalle caratteristiche differenti. Tenerife dal doppio volto, verde a Nord e più arida al Sud, merito di un gioco di correnti oceaniche, degli Alisei e della barriera naturale del Vulcano Teide, Gran Canaria dalla grande varietà di Paesaggi e di “riferimenti” di casa nostra, Tenerife piatta e spoglia, solenne, il paradiso del vento e delle onde. La viabilità è buona, eccellente nella maggior parte dei casi. Tenerife e Gran Canaria hanno anche le loro belle (e trafficate in prossimità degli aeroporti) autostrade (gratuite), Fuerteventura una “dorsale” che si dirama e si allaccia a varie traiettorie lungo le rive dell’Oceano. Non fosse che ognuna di queste può aprirsi sulla sorpresa su un panorama mozzafiato, curve fino alla nausea, volendo, a Tenerife e “GC”, lunghi rettilinei e qualche guizzo a “Fuerte”. Per il piacere “netto” di andare in moto, perfetto. Per il piacere complessivo, Moto + Turismo + Esplorazione + Vacanza, idem con tutti i plus del caso all’esponente massimo del buon gusto. Per resto, giusto a titolo di informazione. Documenti: carta d’identità. Soldi: euro e carte di tutti i tipi, universalmente accettate, ma non pratiche alle bottegucce di montagna o per una birra isolata quando questa di rado sorpassa l’euro. Servizi: se intendete assistenza medica, buona e diffusa sia quella pubblica che quella privata, buoni ospedali e buoni medici. Vestiario. Per la Moto: a meno di necessità particolari, jeans, magliette e stratificazioni a “pelle di cipolla”, felpa, piumino leggero, giubbetto anti vento e impermeabile. Per il resto della giornata e dell’anno: pantaloni corti e magliette, più felpa e infradito. Con una temperatura media di 23-24°, tutto l’anno, sono solo le condizioni particolari, altitudine, ora del giorno, vento e qualche goccia d’acqua, a fare la differenza di dettaglio.

La scelta della moto. Facilissima. Valeva per la Queens Cavalcade 2016 Canarias, ma vale per le prossime edizioni, ancora alle Canarie o altrove in giro per un mondo intero da esplorare in stile. Posto, dunque, che non abbiate in garage solo moto ex Superbike e GP, va bene quella che al momento della scelta è tagliandata, con il pieno della benzina e con le gomme a posto. Le strade delle Canarie sono buone, e il fuoristrada “necessario”, quello per intendersi che si deve affrontare non per gioco o per scelta, ma per raggiungere i fari di Fuerteventura o alcune spiaggette di Gran Canaria e Tenerife, per esempio, è facile e limitato nello sviluppo, e basta andare piano. La Moto più anziana del Garage è ancora meglio, per la gara e per essere più strettamente connessi con il fascino generale del contesto. Bicilindrica, ma anche mono. Da casa o in affitto. Alle Canarie potete trovare di tutto, di qualsiasi marca, modello e cilindrata, le procedure non sempre sono spedite. Le Queens sono avvantaggiate dal lavoro preliminare di Papi & Co. Quelle andate per la maggiore alla Cavalcade erano Harley Davidson, Indian o Victory, Royal Enfield, ma le Regine BMW e Triumph. “Anziane”, “Vecchie Signore” e nuove. Bicilindriche, fortemente consigliate, essenziali per stare comodi nella formula di Queens’ Cavalcade.
 


Dove andare, dunque, e come? Ve lo diciamo subito. Alle Canarie vale davvero la pena di andare ovunque. E come? A spasso. Con un ritmo blando ed efficacemente speculativo, attenti e disponibili al colpo d’occhio. Alle raffiche di colpi d’occhio, inevitabili. Ecco che viene a fagiuolo (detto bene?) Queens Cavalcade, il suo pacchetto “tutor” e quel calcio anche all’ultima delle preoccupazioni, all’accenno di ansia da viaggio esotico e “migrazione” transatlantica. Tutto il meglio, tutto compreso… compresa la moto da Livorno a Tenerife, la propria Moto, un programma, un road book, poche regole e un grande menù (in tutti i sensi, tranne forse, talvolta, quello letterale).

​Il programma di Queens Cavalcade

Il programma di Queens Cavalcade (d’ora in avanti “QC16”, Queens Cavalcade Canarias 2016) include Quattro giorni di “marce forzate” in Moto, attraverso le tre isole principali delle Canarie, nell’ordine Tenerife, Gran Canaria e Fuerteventura, i due giorni di preventivi “ambientamento e acclimatazione” a Tenerife, e il corto giorno del rientro. Un “classico”, una settimana di… otto giorni.

Day 1. Si parte da Tenerife. Il giro è pressoché totale, e ci offre il grande anello dell’Isola con partenza da Santa Cruz, una delle Capitali dell’Arcipelago, metropoli serena. Si parte in senso antiorario, oltre la “spiaggia perfetta” (ma la sabbia viene, dicono, dal Sahara) di San Andres, le mille curve delle “scogliere” del Nord-Est fino a La Laguna, da dove si “attacca” l’ascensione ai paesaggi mozzafiato del vulcano Teide. La strada che sale in mezzo alla foresta è magica, larga e scorrevole, e si apre su una serie impressionante di “istantanee” man mano che si sale di quota. Il Vulcano è lì, la sua caldera a tre chilometri e mezzo d’altezza, sembra di toccarlo ma resta lontano, quasi inaccessibile, e incorona un paesaggio mozzafiato. È dipinto dal sole, e quando partiremo la caldera sarà bianca di neve, uno spettacolo unico, la neve vista dalla spiaggia. Il sole è caldo e l’aria tersa. Il serpente delle Moto di Queens Cavalcade procede a intermittenza, impossibile non fermarsi per uno sguardo, una foto, sull’oceano di nuvole che galleggiano sulla vallata a Sud, e sugli spettacoli della vegetazione più lussureggiante del Nord. Si corre lungo lo spartiacque naturale delle diversità climatiche che rendono famosa e così varia l’Isola, quasi brulla e selvaggia a Sud, un paradiso di verde a Nord, enorme gemma bicolore incastonata nel blu dell’Atlantico. La natura combatte con la forza del Vulcano. La lava delle più recenti eruzioni (si parla di oltre cento anni, tranquilli) ha coperto e divorato la vegetazione, ma il verde l’ha avuta vinta e spunta tra le fessure della crosta di pietra fusa per esplodere in grappoli di verde, in albereti, di nuovo in foresta. Il “Dedo”, il dito, e le altre formazioni eruttive che contornano la zona della caldera vera e propria sono come disegni capricciosi della natura, e fanno da intermezzo artistico alla vastità della Montagna segnalata dalla presenza di fumarole. Impossibile procedere spediti, le soste si ripetono, sempre più frequenti. Uno sguardo, un sospiro e si riparte. Arrivati al Parco de Las Canadas del Teide, bisogna scegliere. Per noi è una questione di “Gruppo”, e il programma prevede che si scenda dalla parte di Santiago del Teide per affrontare lo scorcio di “gara” che ci aspetta. Individualmente dovrebbe essere un “must” programmare la salita al bordo del Vulcano con la funivia. Pensare di farlo all’impronta, al momento dell’arrivo, è un’utopia, quello del Teide è il parco più visitato d’Europa, ci vogliono varie ore di attesa in fila, ma prenotando preventivamente via internet, è un gioco da ragazzi. Merita.

La successiva “Vuelta” (Giro) di Masca, che segue uno spuntino pantagruelico (sarà il leit motiv fisso di mezzogiorno e dintorni), è la Gara, un anello di poco meno di 40 chilometri di curve cieche, in picchiata fino alla punta Nord-Ovest dell’Isola, Garachico, poi Teno, posti stupendi per risalire poi di nuovo a Santiago con la falesia a picco sul mare de Los Gigantes sullo sfondo. Spettacolare! Finito l’”impegno” sportivo, si continua sull’anello che passa a Sud lungo le nuove città del turismo di Tenerife, più calde, più colorate e attrezzate, più… turistiche. Da Los Gigantes, Playa de San Juan, Los Cristianos, alcune delle spiagge più rinomate dell’Isola, per poi riprendere l’autostrada e ricollegarsi verso il Nord e Santa Cruz. Tutto d’un fiato, oltre 300 chilometri. Il giro di Tenerife si chiude dove si era aperto, nel lusso dell’Hotel Mencey con i “doveri” lancinanti dell’ospite di riguardo: doccia, sauna, aperitivo, cena, briefing, premiazioni, Ronmiel e chiacchiere, tante, i commenti sulla lunga giornata, sul forte condensato emotivo che l’esperienza lascia al gusto della sedimentazione. Non c’è stato un posto più bello dell’altro, non ce n’è stato uno soltanto brutto. La sensazione globale, sarà così tutti i giorni, è di grande appagamento. Sarà la Moto, saranno le Canarie? Tutte e due è certezza!
 


Day 2. Gran Canaria. Sveglia all’alba, per andare a prendere il traghetto della Fred Olsen, imbarco rapido, Cafè Leche-Leche (o variante “Condensada”) a bordo, traversata veloce, ci si frega le mani all’idea di quello che ci aspetta e si sbarca ad Agaete al Puerto de Las Nieves (mistero, niente a che vedere con il clima) un giorno di sole abbacinante. Spettacolo di luce. Il giro è più breve, ma più impegnativo. Il paesaggio di Gran Canaria è un’altra cosa. Lungo la costa è una magnifica terrazza sull’Oceano, ma l’interno è più “rugoso”, più montano e, se vogliamo, più simile al contesto appenninico ben noto, e caro, a buona parte dei Fuoriclasse della Queens’ Cavalcade. Così come è accaduto a Tenerife, anche a Gran Canaria siamo raggiunti, e accolti come vecchi amici, dagli abitanti dell’Isola che partecipano alla parte del Tour che ha per “argomento” la loro Isola. Passiamo così dalle mani del Gruppo di Amici di Tenerife a quelli di Gran Canaria, e sarà così anche per Fuerteventura. Il “menù” della giornata contempla un largo arco che da Agaete si collega alla Capitale Las Palmas e che copre una vasta area del Nord di Gran Canaria, ma il “succo” è l’anello nelle riserve naturali di El Brezal, Los Tilos de Moya, Barranco Oscuro, Azuaje, Cruz de Tejeda. È l’anello di “Gara 2”, la giornata tecnicamente più tosta e gloriosa (lo vedremo più avanti). Il clima è meno perfetto, pioviscola e la temperatura scende un poco. Noteremo che, contrariamente a quanto promessoci, “Alle Canarie non piove mai!”, di fatto pioverà quasi tutti i giorni. Il senso della “verità nascosta” di Papi, tuttavia, è che piove, sì, ma talmente poco che non fa in tempo, come diciamo noi, a “attaccare”. Ecco che viene buono il K-Way, ma giusto per la sensazione di non essere colti impreparati. Per la temperatura l’uso del piumino leggero è l’asso, perché in due etti di piume che, compresse, stanno nel vano porta attrezzi della moto, c’è la barriera ideale per gli sbalzi di temperatura, certi a causa soprattutto delle differenze di altitudine delle Isole (ad eccezione di Fuerteventura che è un “Tavolone”). Naturalmente i migliori di noi, ma non noi, sono preparatissimi, e spuntano capi in film tecnologici auto-anti-termo-wind-proof-wap-trap, abbagliante alta visibilità e tutte le diavolerie più sofisticate che neanche all’EICMA hanno ancora visto. Siamo forti, noi QC16!

Day 3. Tappa mista, Moto-Nave-Moto. Si parte dall’Hotel Santa Catalina di Las Palmas, nella cui culla ci siamo mollemente adagiati dopo la ribotta serale al Segundo Muelle, consigliato in pochi, è uno dei migliori di Las Palmas, ma il personale e lo chef non sono riusciti a contenere convenientemente l’”Orda”, prua a Sud lungo la litoranea Est, per raggiungere l’area delle Operazioni della terza tappa, un altro gioiello del Signore degli Anelli di Viareggio. È una semitappa breve, perché l’obiettivo è prendere il “vaporetto” a ora di pranzo. Alt!... dopo pranzo. L’anello della terza tappa si sviluppa attorno ai complessi del Barranco de Guayadeque e dei Riscos de Tirajana. La prima parte è più “contorta”, tecnica, la seconda, che include il lungo tratto cronometrato del Pico de las Nieves (quasi 2.000 metri slm, ma anche in questo caso, niente manto nevoso, naturalmente) che si conclude oltre la Caldera de los Marteles dopo un bel… martellamento di chilometri attenti alla media imposta. La “Gara” sembra essere stata ideata a bella posta. È difficile e lì l’Ex Regolarista metterà un’ipoteca fondamentale sul Trofeo della Queens Cavalcade. Le strade sono più larghe e scorrevoli, i paesaggi invitano ad aprire, ma sarebbe un peccato perdersi il caleidoscopio di colori e di paesaggi che si disegnano accanto al passaggio delle Queens. Anzi, lo diremo subito, la Gara di Regolarità apre l’animo alla prospettiva di un diverso modo di assaporare le bellezze del luogo, senza dubbio più completo e di… dettaglio. La parte finale della discesa verso il mare, e la risalita lungo la veloce autostrada costiera fino al porto di Las Palmas è un piacere sontuoso, che si smorza sulla banchina dove, con buone maniere e grimaldello, Papi ha fatto aprire un ristorante tutto per noi. E giù, altra “fast ribotta” prima di risalire sulla Fred Olsen alla volta della terza Isola dell’Avventura: Fuerteventura.

Day 4. La quarta tappa è fusa con la fine della terza. Sbarcati a Marro Jable, porto Sud-Ovest dell’Isola, sul finire del pomeriggio, un breve trasferimento ci consente di toccare con le ruote il suolo di Fuerteventura e di raggiungere la reggia… pardon, l’Hotel che ci ospiterà per la notte. È in vago stile teutonico, quasi gotico, ma eccellente, anzi, “eccellentissimo”. Gente pratica, come noi, che no si perde in salamelecchi e mette sul tavolo del gioco la migliore ospitalità. Formalità ridotte a zero, le chiavi al volo, il tempo di una doccia, io preferisco andare a mettere i piedi nell’Atlantico, e si sale sul… pullman. Siamo ospiti del Cabildo, l’amministrazione locale che evoca nel nome l’antico regime spagnolo e che ha imbandito un banchetto semplice ma gustoso, in un’atmosfera perfetta per il “Gruppo”: Sancocho, Carne de Cabra e le immancabili, quasi di legge Papas Arrugadas.
 


La tappa non è troppo lunga, poco più di 200 chilometri, ma ci sono due problemi. Il primo è che c’è ancora un controllo orario “tirato” al Marro Jable per l’imbarco, si tornerà infatti a Gran Canaria per concludere la giornata, e le penalità al controllo si pagano a… tavola, ritardando lo “spuntino”. Il secondo problema è che in un colpo solo ci facciamo il giro completo dell’Isola, in senso antiorario partendo da Costa Calma (nome ironico-eufemistico, questo è il regno dei surfisti), e scopriremo che il “tour” e bellissimo, indigestione di bellezza, uno stupendo condensato dell’Isola che, per certi versi, è la più affascinante dell’Arcipelago. Difficile tenere la media, infatti, mantenere il controllo sulla Gara e rinunciare a quelle soste necessarie per fissare sulla retina le meraviglie che scorrono al lati delle marmitte. Il segreto è fermarsi il meno possibile, ma mantenendo una media il più possibile bassa, sempre per non perdersi il minimo dettaglio degli scenari che si attraversano. Dopo un primo tratto nell’interno, si “esce” sul mare a Las Salinas del Carmen, Costa Est, e si inizia salire verso Nord quasi lungo la battigia. Puerto del Rosario è la Città “attrezzata” dell’Isola, il resto sono villaggi e piccoli paesi, visuale libera a perdita d’occhio e scorci da capogiro, spiagge che si susseguono fino al luogo magico di Fuerteventura: le Dune di Corralejo. Ce l’aveva detto il Chelotti, architetto pentito e ormai ristoratore, che Fuerteventura è “magica”, e ora possiamo credergli. Le dune si perdono in mare, abbiamo visto uno spettacolo del genere solo in Qatar, e lo scenario lascia di stucco. Diu stucco anche vedere che al centro delle dune hanno costruito due piroscafi di cemento, ma questa è un’altra storia. Si passa veloci, il tempo non è meraviglioso e la luce è opaca, ma la sensazione di compitezza del viaggio è totale. Scendere dall’altra parte dell’Isola, lungo la dorsale Ovest, porta a La Oliva, e da lì all’inizio del tratto cronometrato che scende a Tefia, Llanos de la Concepcion e Betancuria, l’antica Capitale di Fuerteventura che è mantenuta e curata come un gioiello. Lì, ve lo dico subito, mi gioco la gara. Lascio andare l’ormai imprendibile Sala, che insieme al Guercino forma una Squadra imbattibile, e viro a turista totale. Mi fermo, visito la Capitale, dimentico anche di far benzina e sono costretto a lasciare la “pista principale” del Road Book e dirigermi verso Antigua per rifornire l’Harley con il serbatoio “Peanut”. A quel punto scendo da Agua des Bueyes e mi raccordo al percorso originale a Tuineje. Quando arrivo al porto sono l’ultimo. Ce ne fosse uno solo preoccupato, s’ingozzano come tacchini! Rientriamo al Santa Catalina di Las Palmas, arriva la sera e con quella anche il momento delle premiazioni e della celebrazione del Ragionier Sala che ha sbaragliato la concorrenza. Tremendo! Ma la Gara è un altro capitolo, il prossimo, la “Corsa” è finita, il viaggio avrà una piccola appendice con il rientro a Tenerife, la consegna delle Moto ai legittimi proprietari o all’agenzia scelta da Papi per riportarle in Italia in container. Abbiamo fatto il pieno. Emotivamente ci sentiamo come degli imbuti, abbiamo raccolto e immagazzinato sensazioni, impressioni, immagini, scene e gente fino all’orlo. Bellissimo.

1.100 chilometri… Ah, un’ultima cosa. Non so se per caso o per “istinto”, avevo ritardato il volo di rientro. Avevo ancora un giorno e mezzo da “investire”. Che dovevo fare? Mi sono rifatto il giro completo, e anche di più, della prima tappa. Ho visto le Città del Sud di Tenerife, Los Cristianos, Los Gigantes, il “Nido dei Papi”, sono andato a ritrovare il fiorentino Jacopo del Secco che ha aperto Motart, il “posto” di Moto e Cibo speciali a Puerto de la Cruz dove si mangia come da noi, e Alvaro Trujillo, il possessore della stupenda R60 che ne ha una gemella nella officina di Restauri a La Matanza de Acentejo. Ho rifatto il giro completo delle strade del Teide. Altri 500 chilometri. E al mattino dell’ultimo giorno, per riportare l’Harley da Gubra, il mio Sponsor personale ufficiale, sono partito prima dell’alba per respirare a pieni polmoni l’aria e le atmosfere speciali di queste Isole, delle Canarie vissute in quel modo così speciale che si è rivelato con la Queens’ Cavalcade.


Strongly recommended!

Foto Piero Batini - Canon