Nico Cereghini. Piloti e Paesi: Francia

Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Nella settima puntata della rubrica scopriamo il DNA dei piloti francesi. Le caratteristiche comuni che li uniscono ma anche i vizi e le virtù che li rendono unici rispetto ai rivali | N. Cereghini
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18 febbraio 2013

Punti chiave

Randy De Puniet
Randy De Puniet

Oggi corrono Randi De Puniet (classe 81) partito dalla 125 e arrivato alla MotoGP Aprilia ART, 5 successi su 216 GP disputati; poi Johann Zarco in Moto2, con una vittoria in 125; Mike di Meglio, 5 volte vittorioso e ultimo francese campione mondiale, nel 2008; ancora Masbou e Rossi in 125. In Superbike i più noti sono il forte Sylvain Guintoli, vincitore di tre gare e settimo nel 2012, Loris Baz e Maxime Berger; in Supersport Jules Cluzel vice-campione in carica, poi Foret; bravo anche Sylvain Barrier che su BMW ha vinto la Superstok 1000, con Guarnoni terzo.

Le statistiche ci dicono di una sola vittoria francese in 500, Christian Sarron ad Hockenheim 1985 sotto l’acqua e davanti a re Spencer (Sarron fu terzo quella stagione); in 250 Olivier Jacque ha vinto 7 GP, miglior francese ma piazzato intorno all’80esimo posto nella storia, che fu campione 250 nel 2000; poi Christian Sarron con 6, campione del 1984, e il fratello Dominique a quota 4 successi e poi forte nelle 24 Ore; in 125 Bertin con sei vittorie, Vincent, iridato 2002, con sette. Anche il “postino” Tournadre ha vinto un titolo iridato, senza vincere nemmeno una gara, ma nessun francese ha vinto due titoli. E ha un titolo solo anche Raymond Roche, l’unico a conquistare il mondiale SBK: accadde nel ‘90, con la Ducati 851 del team Lucchinelli.

Molto più forte è stata la Francia dell’Endurance, che è roba loro se consideriamo che il Bol d’Or è in calendario fin dal lontano 1922. La Suzuki-Sert è oggi la grande mattatrice, campione del mondo a squadre in carica (e per la dodicesima volta!) con piloti come Philippe e Delhalle; negli anni Settanta era stata invece la Kawasaki di Godier e Genoud a dominare la scena nell’europeo, e Alex Vieira (Honda) è stato campione nella prima edizione con validità mondiale, nel ’91.

Nessuna casa francese ha vinto titoli marche. Una industria forte e promettente agli albori, ma troppo presto ridotta. La Peugeot fu pioniera dell’auto fin dal 1890, poi le biciclette, i tricicli, la prima vera moto nel 1902 con motore svizzero; sono del 1904 i primi monocilindrici Peugeot, un anno dopo arrivarono i bicilindrici fino a 1000, e la vittoria nella prima edizione del TT con il motore Peugeot dentro una Norton; fu la prima casa a realizzare testate bialbero in testa, la detentrice di tanti record di velocità, poi protagonista del dopo guerra con i ciclomotori e con gli scooter.

Storiche furono la Alcyon dal 1902 fino al ’54, la ferroviaria Decauville tra il 1890 e il 1902, l’aeronautica Gnome e Rhone tra le due guerre, l’italo-francese Jonghi del geniale Remondini tra il 1930 e il ‘57, la Koeler-Escoffier che faceva grosse moto, e già nel ’35 con una 1000 toccava i 200 all’ora. Qualcuno ricorderà senz’altro la BPS fondata da quattro appassionati negli anni Settanta, regina delle enduro francesi nel ‘78 con 5.000 pezzi prodotti, fallita nell’82; e naturalmente la Motobecane, nata nel ‘24, quella del celebre Mobylette del ’49; vivace negli anni Settanta, fece la 125 bicilindrica due tempi e provò a costruire anche una 350 tre cilindri; Motobecane è stata l’unica casa francese a cogliere vittorie nel mondiale, con la bicilindrica 125 realizzata da Eric Offenstadt: quando la prese, Bertin colse 5 vittorie e fu vice-campione 1981. Dall’84 il marchio è diventato MBK, celebre il Booster 50, nell’orbita Yamaha.  Ancora attive sono la Scorpa del ’93, moto da trial prima con motori Rotax e poi Yamaha, confluita nella Sherco; e la Voxan, nata nel ’95 con il bicilindrico a V 1000 per tutti i suoi modelli, in crisi dal 2009, acquistata dal gruppo Venturi Automobiles nel 2010 e che sta puntando sull’elettrico.

Cyril Neveu
Cyril Neveu


Nell’enduro i francesi vanno forte,
come dicono le quattro recentissime vittorie alla Sei Giorni, tra il 2008 e il 2010 e ancora l’anno scorso; con Gautier, Curval, Thain, Germain, Guillaume, Nambotin e compagni. Prima di loro, i campioni erano stati Charbonnier, Charbonel, Lebrun e Dumontier. Classe eccellente quella di Antoine Meò, classe ’84, tre volte di fila campione mondiale della E1 con la Husqvarna e ora ufficiale KTM, specialista dell’Xtreme e il più in palla del momento. E l’enduro del Touquet, nato nel ’75 come “Enduro des Sables” con 290 concorrenti, grazie a Thierry Sabine ha creato un mito: è stata fino al 2005 la più grande gara europea, con 1200 piloti allineati e 300.000 spettatori; Arnaud Demesteer ci ha vinto sette volte. Poi gli ecologisti l’hanno fatta ridimensionare a una quindicina di chilometri e adesso si chiama Enduropale. Dall’enduro arriva Stephane Peterhansel, che ha vinto sei volte la Dakar con la moto e quattro (finora) con l’auto. Il Rally più famoso del mondo ha sempre parlato francese: prima con Cyril Neveu, cinque vittorie su Yamaha e Honda, poi con Hubert Auriol su BMW e Cagiva, con il povero Gilles Lalay travolto e ucciso da un’ambulanza nel gennaio ‘92, poi ancora con Richard Sainct scomparso nel 2004, e oggi con il fortissimo Cyril Despres e con David Casteau. Quella è la loro gara da sempre, nessuno sa affrontarla con l’organizzazione e la preparazione superiori.

Anche nel trial sono stati diversi i francesi competitivi: vanno ricordati almeno Gilles Burgat, che con la SWM vinse il titolo mondiale dell’81, e Thierry Michaud tre volte iridato con l’altra italiana, la Fantic. Artur Coutard (trial freestyle, figlio d’arte) ha fatto un salto record di 35 metri, l’anno scorso.

 

Arrogantelli, forse un po’ superficiali; però certamente appassionati e anche sfortunati, troppe volte vittime del loro stesso entusiasmo


E nel cross hanno fatto ancora meglio. I mondiali più recenti sono quelli di Renet nella MX3, 2009, di
Musquin nella MX2 del 2009 e 2010. Ma grandi sono stati prima di loro i vari Pichon, Bolley, Tortelli, Vimond, Pourcel, Yves De Maria che ha vinto tre titoli MX3 tra il 2004 ed il 2007 con le grosse KTM e Yamaha. E ancora più grande Jean Michel Bayle. Lui è stato un vero fenomeno. Dominate con le Honda le stagioni 1988 in 125 e 1989 in 250, Bayle si volle cimentare nel campionato AMA e al secondo tentativo, 1991, conquistò una straordinaria tripletta: Supercross 250 e National 250 e 500. Oltre al Supercross di Bercy per tre anni fdi fila e al Guidon d’Or Supermotard del ’93. Gli americani restarono basiti, lui fu inserito nella AMA hall off fame, e allora si lanciò in una sfida ancora più difficile: la velocità. Con una Honda 250 esordì nel ’92, con le Aprilia 250 l’anno dopo prese i suoi primi punti e fu ottavo assoluto nella stagione 94: poi due anni montò sulle Yamaha 500 di Roberts, fu quarto a Imola, continuò in qualche modo fino al 2002 in MotoGP, e vinse anche due Bol d’or e una 24 Ore di Le Mans. Insomma era veloce anche sull’asfalto e giù il cappello davanti alla sua passione.

Per me, proprio l’entusiasmo e la passione sono alla base del DNA dei piloti francesi; è un motociclismo vivace, il loro, ha praticamente inventato tutte le formule moderne fino ad arrivare al Supermotard dei vari Chambon. Sono piloti motivati, e in molti casi anche con un grande talento. E poi la razionalità e l’organizzazione, che sono sempre state qualità delle loro squadre. Ma, cercando di non generalizzare, con il difetto di una certa arroganza. Amano strafare, fin da quando il mitico “Jojò la motò”, al secolo Georges Monneret, tra gli anni Trenta e i Sessanta vinceva 499 corse e spiccava 190 record prima di passare alle auto. Come del resto avrebbero fatto più avanti i vari Behra, Ligier, Beltoise.
I francesi sono un po’ così: si sentono spesso superiori, in quasi tutti i settori. Ci avete fatto caso? I loro vini sono i migliori, i formaggi pure, la loro cucina è “supèr…” E certamente fanno cose ottime, ma noi, per dire, non siamo da meno nei vini, nei formaggi e neppure nella cucina. Arrogantelli, forse un po’ superficiali; però certamente appassionati e anche sfortunati, troppe volte vittime del loro stesso entusiasmo.

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