Nico Cereghini: “Dal fresco di oggi al gelo di ieri”

Nico Cereghini: “Dal fresco di oggi al gelo di ieri”
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Ottobre, il sole tiepido d’autunno invita ancora a qualche piega. E spuntano due foto che parlano delle prime gare per le derivate di serie. Gioie e dolori | N. Cereghini
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
2 ottobre 2012

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Ciao a tutti! Questo primo fresco autunnale mi riporta indietro nel tempo, ad una trasferta di tanti anni fa per la mia prima vera gara in pista: 500 Chilometri di Vallelunga, coppia Belli-Cereghini. Eravamo entrambi ventiduenni milanesi e collaboravano con Motociclismo, e allora Ezio Bacchetti, il minore dei fratelli editori, ci prestò la sua Suzuki Titan 500: manubrio basso, via il faro, due espansioni e la moto era bell’e fatta. Il furgone 238 rosso, con la grande scritta Motociclismo bianca, dopo molte insistenze ci venne noleggiato dal Bacchetti maggiore che era, allora, piuttosto tirato.

Non avevamo mai visto la pista e la concorrenza era numerosa: 26 equipaggi della nostra classe (su Kawa, Suzuki, Honda ma anche Ducati e Aermacchi mono) e cinquanta nella classe 750. Si girava insieme a gente come Vittorio Brambilla sulla V7 Sport ufficiale, Pescucci con la SFC e GF Bonera con una Titan 500 meravigliosamente preparata: scarichi stretti sotto il motore, teste Daytona e freni Fontana; ed erano tanti gli esordienti come noi o come il collega Carlo Florenzano, con una Norton 750. Erano i primi anni delle maximoto. Noi cogliemmo il sesto tempo della 500, agitati dall’incidente mortale di Alex Spiaggia e sorpresi dal terzo tempo, con una Ducati 450, del romano Tommaso Piccirilli (che si sarebbe rivelato un gran talento e purtroppo sarebbe morto anche lui, a Imola pochi anni dopo). Brambilla con Cavalli si prese la pole nella 750 (Florenzano 46°).

Era il 24 ottobre del ’71, c’era il sole, faceva un bel freschetto che tonificava, la pista mi piaceva, i freni di serie scaldavano un po’ troppo ma le gomme K 81 tenevano parecchio ed era eccitante limare gli scarichi in tutte le curve. Ero un ragazzo, tutti quei guard-rail non mi facevano così impressione e ci davo dentro cercando di superare le 750 meno rapide. Il concessionario milanese Zabaglio, che era lì per Bonera (con tanti guai alla carburazione), faceva un po’ di assistenza anche a noi e ci diceva “avanti così che siete in testa”.

Finita la gara, caricai il povero Zabaglio sul furgone di Motociclismo e lo portai di corsa all’ospedale, a Roma, per una colica renale. Sarei tornato a notte fonda, non ero lì al circuito quando uscì la prima classifica generale, poi una seconda, forse anche una terza. I cronometristi erano andati in tilt, finì tutto in rissa, volarono anche i pugni e la FMI annullò la gara. Ricordo che il mio compagno di

Si correva con pochi soldi e le moto erano proprio belle, e questo era unico, era eccezionale

avventura Gianni Belli mi disse che ci avevano tolto il primo posto di classe: saremmo usciti dai box, dopo un rifornimento, con il semaforo rosso. A me non risultava. Comunque, secondi ufficiosi.

Erano tempi così. Si correva con pochi soldi e le moto erano proprio belle, e questo era unico, era eccezionale. Ma le piste erano micidiali, le tute e i caschi ti proteggevano per modo di dire, le organizzazioni erano dilettantesche, la federazione faceva pena e troppi aspiranti piloti spezzarono lì la loro vita. Quelli della mia classe? La verità è che siamo dei sopravvissuti, e tentiamo di ricordare soltanto le cose belle ma ne abbiamo viste di bruttissime.
 

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