Headbanger

Headbanger
Maurizio Tanca
  • di Maurizio Tanca
Ci vogliono passione e coraggio per mettersi a costruire in serie delle custom così raffinate qui in Italia. Giorgio Sandi ci crede fermamente
  • Maurizio Tanca
  • di Maurizio Tanca
10 novembre 2010


Lui si chiama Giorgio Sandi, e ideologicamente mi ricorda abbastanza un caro amico scomparso nell’ormai lontano 2002, in sella a una delle sue moto: si chiamava Carlo, e si divertiva un sacco ad importare in Italia, con tanta passione e meritato successo, le Harley-Davidson e le Triumph.
Come Carlo, Giorgio Sandi – per gli amici The Soul , l’Anima – opera nel centro di Milano in un elegantissimo atelier che ospita motociclette custom, stavolta marchiate Headbanger, oltre agli accessori e all’abbigliamento per coloro che con quelle motociclette vogliono entrare in simbiosi, vestendosi, e “vestendole”, secondo i propri gusti.
“Le solite special americane….” penserà subito qualcuno. Naaaaa. Anzi, ni. Le Headbanger infatti nascono in Italia, precisamente a Rovato, vicino a Brescia, nell’officina di Luciano Andreoli, uno dei più noti guru del settore, pluripremiato in svariati bike show e concorsi nazionali e internazionali per le sue creazioni, inizialmente estrapolate da prodotti giapponesi e oggi focalizzate principalmente su basi Harley-Davidson. Proprio grazie all’intraprendenza di Sandi, ragazzaccio sessantenne con la passionaccia per le moto, che nel maggio del 2008 aveva lasciato il suo precedente incarico dirigenziale dopo oltre diciott’anni, per intraprendere questa nuova, certamente appassionante, ma anche coraggiosa avventura: ovvero costruire in Italia delle specialissime, affascinanti custom e bobber rigorosamente spinte da motori V2 raffreddati ad aria di costruzione americana (Rev Tech e TP Engineering, ma anche S&S). Moto fatte a mano una per una in piccola serie, naturalmente personalizzabili a piacimento già al momento dell’ordine e che, pur essendo omologate Euro 3 – udite, udite! – sono alimentate tramite carburatori, per la gioia dei puristi inguaribili. Che sicuramente apprezzeranno anche la trasmissione finale a catena, altro tassello passionale da abbinare rigorosamente a una massiccia dose di quelle che nell’ambiente vengono affettuosamente denominate “good vibrations”.
Moto per le quali Sandi ha creato il marchio Headbanger, un aggettivo che ha origini molto lontane, risalenti a un giorno di tanti anni fa. Quel giorno, girovagando in moto lungo la West Coast americana, in un emporio Giorgio venne attratto da un vecchio libro dedicato alla mitica “tre giorni” musicale tenutasi a Woodstock nel 1969. Libro in cui l’autore citava anche il primo concerto tenuto dai Led Zeppelin negli States, durante il quale il foltissimo pubblico scuoteva all’unisono le teste al ritmo dei leggendari assoli di chitarra di Jimmy Page, della graffiante voce di Robert Plant, del martellante basso di John Paul Jones, della micidiale batteria dello scomparso John Bonham; e denominava appunto “headbanger” quella marea di teste ciondolanti al ritmo dell’hard rock.

Moto  fatte a mano una per una in piccola serie, naturalmente personalizzabili a piacimento già al momento dell’ordine


Guardacaso, il quartier generale milanese di Sandi, inaugurato il 19 marzo del 2009, si chiama Good Vibrations (Beach Boys, 1966, ricordate?), mentre una delle Headbanger si chiama Foxy Lady, come il celeberrimo pezzo dell’immenso Jimy Hendrix. Giusto per sottolineare, nel caso fosse necessario, che anche la musica è una grande passione di questo ex figlio dei fiori che all’alba della terza età ha deciso finalmente di coronare il sogno della sua vita dedicandosi al lancio del suo nuovo marchio.
Ma da Good Vibrations, dove «vivono l’artigianato di qualità ed il design d’autore», oltre all’attuale gamma Headbanger (Hollister, High Flyin’ e, appunto, Foxy Lady sono quelle che abbiamo provato, ma ora c’è anche la nuova Gipsy Soul presentata all’Eicma milanese) e alla collezione permanente di Sandi sono esposti anche i chilometrici chopper americani Big Bear, importati e omologati in Europa dall’elvetica Midland Choppers.
Tra l’altro, le Headbanger hanno già varcato anche l’oceano, per partecipare allo storico mega-raduno di Sturgis di metà agosto, ricevendo peraltro una lusinghiera accoglienza nel tempio assoluto degli harleisti e dei più noti preparatori del mondo. Al contest ad essi dedicato, la incredibile, specialissima Morning Sunrise si è classificata all’11° posto della categoria “freestyle”.

Hollister, l’intrigante

La Hollister prende il nome dalla cittadina californiana dove venne girato l’iconico film “The Wild One” (Il selvaggio), con Marlon Brando e Lee Marvin protagonisti, a capo di una banda di bulli motociclisti che imperversavano per il paese. La “Holli” è evidentemente ispirata alla scuola bobber, tant’è che monta ruote da 16” (a 60 raggi), gommate Avon, MT90 davanti e 180/60 dietro.
Il suo telaio tipo softail è costruito appositamente dalla factory austriaca Penz: si tratta quindi di una struttura a doppia culla chiusa - con cannotto di sterzo inclinato di 34° e 1.600 mm di interasse - con sospensione posteriore affidata a una coppia di ammortizzatori ad aria paralleli sotto al motore, che lavorano in trazione. La forcella, non regolabile, ha gli steli da 41 mm, ed è dotata di piastre di sterzo “mid-glide” in ergal lavorate dal pieno, realizzate dallo specialista bergamasco Livio Rebuffini, altro creatore di gioielli tecnici notissimo a chi bazzica abitualmente in questo mondo fatto di sogni e costose moto da sogno. Quanto ai freni, in questo caso forniti da Performance Machine, sia davanti che dietro abbiamo un disco da 292 mm di diametro con pinze a 4 pistoncini lavorate dal pieno e tubazioni tipo racing, ricoperte di treccia metallica.
Il grosso V2 a 45° stile Panhead raffreddato ad aria che anima la Hollister è un RevTech 88” da 1.435 cc, conseguente a un rapporto tra alesaggio e corsa di 92x108 mm. Un motore tranquillamente acquistabile nel biblico catalogo Custom Chrome, e accreditato di una potenza “di circa il 50% superiore a quella dei motori di Milwaukee, a parità di affidabilità”, secondo le dichiarazioni del costruttore. Il Rev Tech 88” è il più piccolo dei cinque motori (gli altri sono da 100, 110, 115 e 125 pollici cubi) attualmente prodotti dal costruttore californiano, ed è realizzato in alluminio, con bielle e masse volaniche forgiate in cromo-molibdeno e pistoni pressofusi. Le testate sono naturalmente a due valvole ciascuna comandate da aste e bilancieri tramite un albero a camme nel basamento, mentre l’alimentazione è affidata a un carburatore Mikuni HSR42. Ma la più attraente particolarità dei propulsori utilizzati per le Headbanger, equipaggiati con cambi separati a 5 marce, sta nella mirabile trasmissione primaria esterna, alloggiata in un carter finemente lavorato e lucidato a specchio e caratterizzata dalla frizione a secco e dalla intrigante cinghia BDL larga 3 pollici (quasi 8 cm) che sulle moto del nostro test girava allegramente in bella vista come una fresa a nastro, ma che normalmente è coperta da una protezione in plexiglas trasparente, certamente più rassicurante ma anche meno intrigante da vedere. Quanto allo scarico gemellato, si tratta di un Headbanger con collettori compensati.
Le Headbanger, pur essendo omologate Euro 3, sono alimentate tramite carburatori, per la gioia dei puristi inguaribili
Le Headbanger, pur essendo omologate Euro 3, sono alimentate tramite carburatori, per la gioia dei puristi inguaribili


La Headbanger Hollister brilla chiaramente per il suo minimalismo estetico. Semplicissima da descrivere, la sua “carrozzeria” è costituita dal caratteristico serbatoio tipo “Peanut” da soli 9 litri, dai risicatissimi parafanghi e dal serbatoio tondeggiante dell’olio per la lubrificazione separata del motore, piazzato sotto la bellissima sella vintage monoposto: in pratica, un elegante foglio di cuoio ben lavorato con sotto due bei molloni cromati di diametro differenziato. Il tutto in veste nero opaco, in questo caso, ma è sottinteso che una Headbanger la si possa ordinare con i colori e le grafiche che più si addicono alla propria personalità, o all’estro del momento. Quanto alla strumentazione e ai comandi di bordo, il “cruscotto” iper-minimalista è costituito da un piccolo tachimetro analogico scalato a 200, e piazzato sulla piastra superiore della forcella in mezzo ai due raiser che reggono il manubrio drag-bar nero. Sul quale campeggiano rutilanti comandi elettrici e massicce leve Harley-style (quindi con i comandi separati delle frecce e senza il pulsante del lampeggio) e sfiziose manopole in para marrone. Il peso a secco dichiarato della Hollister, in questa configurazione, è di soli 235 kg. Dopodiché tutto è possibile. Si, perché questa bella bobber, così come la vedete, costa 21.300 euro, su strada. Tanti? Certo, anche se non siamo sicuri che per trasformare una moto usata in una special con queste caratteristiche si riesca a spendere meno.
Dicevo che uno la sua Headbanger se la può far assemblare come vuole, e non solo a livello di grafica. Ecco di seguito, a titolo di esempio, come si potrebbe modificare questa Hollister: con una bella forcella tipo springer, tanto per iniziare, magari cromata piuttosto che nera; e magari anche con due ammortizzatori progressivi, lì, sotto al motore; poi possiamo scegliere due belle ruote cromate TTS, svariati particolari di Performance Machine, ovviamente manubri di ogni tipo, dai drag-bar agli ape hanger, con relative manopole. E anche vari tipi di selle, oltre al kit di pedane posteriori per chi da solo non vuol proprio andarci in giro. Scarichi? Of course (e pure le nastrature paracalore sui collettori, che fanno sempre la loro porca figura), omologati o meno: tipo il 2-in-1 della Super Trapp, piuttosto che i Jesse James LBC, o i tedeschi BSL tipo Shotgun o Top Chopp “regolari”. Ma non è tutto, anzi: la Holli infatti si può richiedere anche con un RevTech 100” Xzotic Knucklehead, o un S&S 110”, sempre omologati Euro 3.
In buona sostanza, la moto che abbiamo provato non è che una delle versioni base, ma al momento dell’acquisto ognuno può decidere come la vuole, colorazione compresa, naturalmente. Tra le foto della nostra Gallery, della Hollister troverete anche la simpatica versione “Kiss Me Baby”, esemplare unico realizzato in occasione dell’inaugurazione di un Play Boy Club italiano. E troverete anche una delle nuove grafiche 2011, presentate sempre allo show milanese.
 

Le Headbanger hanno già varcato anche l’oceano, per partecipare allo storico mega-raduno di Sturgis di metà agosto, ricevendo peraltro una lusinghiera accoglienza nel tempio assoluto degli harleisti e dei più noti preparatori del mondo


Scendiamo in sella.
Ma veniamo al sodo. Come va, questa special di serie tanto bella quanto essenziale, sulla quale il pilota sembra sedere sospeso in aria? Prese le misure con le inevitabilmente limitatissime capacità di piega, la Hollister in effetti si guida con piacere e di sicuro verrà molto apprezzata da chi ama questo genere di moto fortemente passionali, dove si siede con i piedi appoggiati tutti in avanti, ma, in questo caso, con un manubrio che non rende la postura invivibile dopo dieci metri a chi non sia dotato di braccia da quadrumani. E anche se la sella praticamente non ha imbottitura, comunque è ben sagomata, e non mi ha dato l’impressione di massacrare il fondoschiena, quantomeno a medio termine. Piuttosto, i comandi al manubrio sono abbastanza duri da azionare, a maggior ragione in questo caso, con i freni non ancora ben rodati, quindi tutt’altro che al massimo dell’efficacia. Ottimausta la spinta del V2 yankee, robusta e perentoria già alla primissima apertura del gas. Spinta naturalmente accompagnata dalla più volte citata dose di vibrazioni, chiaramente variabile con l’aumentare del numero di giri, che alla fine diventa anche sopportabile se si entra nello spirito di questo genere di moto. Ben più noiosa la ruvidezza del cambio a bassa velocità – ad andature normali migliora abbastanza - pur considerando che stiamo parlando di mezzi nuovi di zecca, o quasi.

Foxy Lady, la matrona

La Headbanger “hendrixiana” - prezzo base 24.200 euro, peso a secco dichiarato soli 250 kg - è evidentemente improntata ad un utilizzo ben più polivalente rispetto alla Hollister, e possibilmente con passeggero a bordo. Parafangoni avvolgenti, serbatoio Fat Bob da 18 litri con strumentazione incorporata, manubrio stile Ape Hanger ma non estremo, lunghi poggiapiedi anteriori con leva del cambio sdoppiata, sella infossata e allungata sul parafango posteriore, un lungo scarico doppio Headbanger fishtail e bisacce posteriori in cuoio parlano chiaro sul tipo di mezzo: una fascinosa e curatissima cruiser dalle tinte anche qui opacizzate e con sospensioni più adatte a chi vuol fare tanta strada. Anche la Foxy poggia su ruote da 16” (ma a Milano è stata presentata anche la versione con ruota anteriore da 21”, oltre a nuove colorazioni) gommate con le stesse misure della Hollister, ma davanti ha una forcella tipo wide glide, quindi con piastre molto larghe e steli (sempre da 41 mm) conseguentemente più distanti tra loro. Anche qui il telaio softail ha il cannotto a 34°, mentre l’interasse, rispetto alla sorellina minore, è più lungo di 65 mm. Anche i dischi freno sono i medesimi, mentre le pinze a 4 pistoncini arrivano dalla tedesca RST Performance.
Sotto al serbatoio di Foxy Lady pulsa un Rev Tech 100” 4x4, derivato dal 110” riducendone la corsa fino a renderla identica all’alesaggio (cioè 4 pollici, leggi 102,4 mm: ecco perché “4X4”) raggiungendo così la cilindrata effettiva di 1686,6 cc.
Il discorso sulla personalizzazione più o meno estrema ovviamente vale anche in questo caso, ma a questo punto vi consigliamo una visitina al sito di Headbanger, perché l’elenco dei gadget di lusso è anche qui piuttosto ricco.
In sella a questa bella cruiser Made in Italy in effetti si sta comodi, a patto di non doverci viaggiare a lungo a velocità elevate, naturalmente. Si, il manubrio è alto e ampio, e personalmente lo cambierei subito se la moto fosse mia. Ma innegabilmente fa una bella scena, e la posizione di guida tutto sommato non è mica male per andarci tranquillamente a spasso. La Foxy in effetti si muove molto bene, guidarla è piacevole, si siede rilassati col motore che spinge bello robusto, e stavolta la frizione mi è parsa meno dura rispetto alla Hollister. E, non ultimo, è davvero affascinante.

High Flyin’, l’ignorante

Qui si parte da 25.500 euro, per una curatissima superspecial su base Hollister. Una creatura tanto bella quanto assurda da guidare, sia per la postura che per l’assetto dell’avantreno, dove campeggia una ruota da 21” fittamente raggiata, con una Avon da 120/70, mentre dietro c’è una 18” gommata 200/55. Sotto il serbatoietto a goccia però luccica un massiccio bicilindrico TP121” da ben 2 litri di cilindrata, costruito stavolta nel Connecticut dalla TP Engineering, factory la cui sigla, acronimo di Total Performance, coincide anche con le iniziali del titolare, Tom Pirone. Anche questo grosso V2 statunitense si alimenta tramite un carburatore Mikuni, ma stavolta da 45 mm; e sulle testate figurano un paio di pulsantini che altro non sono che valvoline di decompressione, da azionare manualmente per facilitare l’avviamento. Lo scarico è un 2-in-1 Supertrapp con collettori nastrati, e col classico silenziatore dotato di piattelli asportabili per modificarne il livello di rumorosità.
Una volta in sella, ci si scontra con i comandi a pedale (Performance Machine) così in avanti mal si sposano con quel dannato drag bar all’ingiù, che ti costringe a guidare a braccia tese col busto troppo piegato in avanti. Oltretutto è arduo entrare in sintonia con questa ciclistica bizzarra, che sembra non voler mai saperne di curvare, se non con la forza. Insomma: la High Flyin’ è scomoda, rigida, per nulla maneggevole, vibrante, ma con un motorone roboante (con la frizione che “latrava” abbastanza, però qui la leva non era tanto dura da adoperare), non smodatamente brutale ma sempre pieno e corposo, come c’è da attendersi da un V2 con i pistoni così grossi. Però, che stile, ragazzi, veramente un bel giocattolo…per sfilare a Sturgis! 
Pregi
  • Gran carattere ed esclusività
Difetti
  • Prezzi importanti, vibrazioni notevoli, cambi migliorabili

 

Cambia moto
Headbanger Foxy Lady (2010 - 16)
Headbanger

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Via L. Solera Mantegazza, 7
20121 Milano (MI) - Italia

  • Prezzo 28.178 €
  • Cilindrata 1.850 cc
  • Peso 250 kg
  • Sella 680 mm
  • Serbatoio 18 lt
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Scheda tecnica Headbanger Foxy Lady (2010 - 16)

Cilindrata
1.850 cc
Cilindri
2 a V
Categoria
Custom
Potenza
Peso
250 kg
Sella
680 mm
Inizio Fine produzione
2010 2016
tutti i dati

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