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Il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina si scontra ancora una volta con la realtà burocratica e normativa. La Corte dei Conti ha infatti bocciato il progetto lo scorso 29 ottobre, negando il visto di legittimità alla delibera del Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) che avrebbe dovuto dare il via libera definitivo all'opera.
Le motivazioni, depositate il 27 novembre, sono un atto d'accusa articolato in quattro punti fondamentali che mettono in discussione l'intera procedura seguita dal Governo per rilanciare questo progetto infrastrutturale atteso da decenni. Si tratta di un'infrastruttura che, oltre a collegare la Sicilia al continente, riveste un'importanza strategica anche per la mobilità, considerando i migliaia di utenti della strada che ogni anno attraversano lo Stretto con i traghetti per raggiungere l'isola.
Il primo e più pesante rilievo della Corte dei Conti riguarda la tutela ambientale. I giudici contabili hanno evidenziato che la cosiddetta procedura IROPI – acronimo che sta per "motivi imperativi di rilevante interesse pubblico" – sarebbe stata utilizzata in modo inappropriato per aggirare il parere negativo della valutazione di impatto ambientale. In pratica, il Governo ha invocato ragioni di interesse pubblico superiore per superare i veti ambientali, ma secondo la Corte lo ha fatto senza fornire adeguate prove tecniche a sostegno.
La documentazione presentata dai ministeri competenti è stata giudicata incompleta e carente sotto il profilo tecnico-scientifico. Inoltre, un aspetto ancora più grave riguarda la mancata valutazione di soluzioni alternative al progetto. Le normative europee, in particolare la direttiva Habitat che protegge i siti naturali di interesse comunitario, impongono che vengano sempre considerate alternative progettuali meno impattanti prima di autorizzare opere che danneggiano aree protette. Questo passaggio, secondo la Corte, non è mai stato effettuato. Anche la Commissione europea aveva chiesto chiarimenti specifici su questo punto lo scorso settembre, ma la risposta del Ministero dell'Ambiente, arrivata a ottobre, si è limitata a riproporre documentazione già nota senza aggiungere nuovi elementi.
Il secondo grande ostacolo individuato dalla Corte dei Conti riguarda le norme europee sugli appalti pubblici. Il progetto del Ponte prevede infatti di riattivare contratti firmati nel lontano 2006, poi annullati nel 2012 e ora resuscitati grazie a un decreto del 2023. Ma c'è un problema: nel frattempo è cambiato tutto, o quasi. Il modello di finanziamento è radicalmente diverso – si è passati dal project financing, che prevedeva capitali privati, a un finanziamento interamente pubblico con soldi dello Stato. Anche i costi sono stati aggiornati al rialzo, ma senza una documentazione tecnica dettagliata che giustificasse gli aumenti.
Secondo la direttiva europea sugli appalti, quando le modifiche a un contratto sono così sostanziali da poter attirare l'interesse di nuovi operatori economici, è obbligatorio indire una nuova gara pubblica. La Corte ritiene che sia esattamente questo il caso del Ponte sullo Stretto: i cambiamenti sono talmente rilevanti che avrebbero dovuto aprire la porta a una procedura competitiva trasparente, invece di limitarsi a rinnovare vecchi accordi con le stesse società già coinvolte vent'anni fa. Un passaggio che solleva interrogativi non solo legali, ma anche di trasparenza nell'uso delle risorse pubbliche.
Il terzo punto critico evidenziato riguarda l'esclusione dell'Autorità di regolazione dei trasporti (ART) dal processo decisionale. Quando il Cipess ha approvato il Piano economico-finanziario dell'opera, ha esplicitamente stabilito che non era necessario acquisire il parere di questo organismo indipendente sul sistema tariffario e sulla gestione dell'infrastruttura. La motivazione? Il Ponte sarebbe stato classificato come una semplice "strada extraurbana di categoria B", gestita in concessione dalla società Stretto di Messina.
La Corte dei Conti però non ci sta: questa scelta non è supportata da un'istruttoria adeguata e rischia di minare la solidità dell'intero piano finanziario. Tra l'altro, il piano si basa anche su uno studio commissionato dalla stessa concessionaria a una società privata, elemento che solleva dubbi sulla sua imparzialità. A questo si aggiunge la mancata acquisizione del parere del NARS (Nucleo di analisi e valutazione della spesa), altro organismo tecnico che avrebbe dovuto essere coinvolto.
L'ultimo capitolo delle critiche riguarda la qualità complessiva della documentazione presentata. La Corte ha dovuto verificare personalmente l'integrità e l'affidabilità degli atti, trovandosi di fronte a versioni multiple degli stessi documenti e alla mancanza di alcuni atti fondamentali. Al momento della delibera del 29 ottobre non era stato completato il controllo preventivo su un decreto ministeriale del 1° agosto, che rappresentava un presupposto essenziale per l'efficacia della delibera stessa.
Per la Corte dei Conti è come costruire una casa partendo dal tetto senza aver verificato che le fondamenta siano solide: un approccio che i giudici contabili avrebbero giudicato inaccettabile per un'opera che costerà miliardi di euro ai contribuenti.
Di fronte a questa bocciatura, il Ministero delle Infrastrutture guidato da Matteo Salvini ha fatto sapere che tecnici e legali sono già al lavoro per superare tutti i rilievi sollevati dalla Corte. L'obiettivo dichiarato resta quello di dare all'Italia "un Ponte unico al mondo per sicurezza, sostenibilità, modernità e utilità". Anche Palazzo Chigi ha minimizzato, sostenendo che i profili critici evidenziati hanno "un ampio margine di chiarimento" e che il confronto con la Corte sarà costruttivo.
La partita comunque è tutt'altro che chiusa. A metà dicembre sono attese altre osservazioni della Corte dei Conti, questa volta sulla concessione tra il Ministero e la società Stretto di Messina, anch'essa respinta. Sarà quello il momento in cui si capirà se il progetto potrà davvero ripartire o se questa bocciatura rappresenta uno stop più duraturo.
Il dibattito sul Ponte sullo Stretto continua a dividere l'opinione pubblica tra chi lo considera un'opera essenziale per il Sud e chi invece teme un impatto ambientale ed economico insostenibile. Quello che è certo è che, dopo questa pronuncia della Corte dei Conti, il percorso per la sua realizzazione si è fatto ancora più complesso e richiederà risposte chiare e documentate su tutti i punti critici sollevati. Solo allora si potrà capire se il sogno di collegare stabilmente Sicilia e Calabria potrà davvero diventare realtà.
Fonte: Il Sole 24 Ore
Immagine: ANSA/POL