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Il cedimento ebbe origine dallo strallo sud del pilone 9, logorato dalla corrosione e da carenze nei controlli. Già prima del disastro, il ponte evidenziava anomalie strutturali: deformazioni dell’impalcato, degrado materiale a causa delle condizioni ambientali e traffico ben superiore a quanto previsto nel progetto originale.
Le ispezioni furono spesso insufficienti e mal documentate, come valutato nella relazione del MIT, che evidenziò gravi lacune negli interventi promessi ma mai realizzati.
La distruzione del viadotto fu completata con la demolizione esplosiva dei restanti piloni il 28 giugno 2019, per poi rimuovere tutte le strutture residue entro agosto dello stesso anno.
Il nuovo Viadotto Genova–San Giorgio, progettato dall’architetto Renzo Piano e realizzato da Fincantieri e Webuild, ha preso il posto del Ponte Morandi. L’opera è lunga circa 1.067 metri, con quattro corsie più due di emergenza, inaugurata il 3 agosto 2020 con un costo di circa 202 milioni di euro.
La nuova infrastruttura rappresenta non solo un'alternativa viabile, ma anche un simbolo di ripartenza e rigore tecnico, frutto di un progetto moderno e trasparente.
Il crollo del Ponte Morandi è dunque diventato un monito sull’importanza della manutenzione strutturale, del monitoraggio costante e della trasparenza gestionale, soprattutto su infrastrutture vitali e antiche.
In Italia, dopo la tragedia, si è intensificata la revisione di ponti e viadotti, con migliaia di opere considerate a rischio e la spinta a modernizzare la gestione attraverso tecnologie predittive.
Il 14 agosto 2018 resta una ferita aperta nella memoria italiana, ma la costruzione del nuovo Viadotto parla di sicurezza e attenzione.