Nico Cereghini: “Cadere da fermo”

Nico Cereghini: “Cadere da fermo”
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Una bella lezione per il tuo ego, se ti succede in mezzo alla gente. Ma se viaggi da solo può essere anche peggio. Da giovane sono rimasto bloccato sotto la moto e già vedevo i titoli sui giornali: ritrovato un motociclista mummificato…
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
6 ottobre 2015

Punti chiave

Ciao a tutti! La moto che cade da fermo è uno dei momenti più terribili nella vita di un uomo. Il fracasso del ferro e delle plastiche che si schiantano a terra, il desiderio di sparire, la mente che va all’elenco dei ricambi, sempre carissimi, che saranno necessari: rumore e pensieri che si sovrappongono in un crescendo di angoscia. E la giornata è rovinata. Spesso anche la settimana e addirittura il mese, se malauguratamente cadi anche tu e magari sei così sfigato che ti rompi un osso. Chi di noi non ci è passato?


Ma questa è da raccontare. Ero reduce da una brutta frattura alla gamba sinistra -speronato da un automobilastro distratto, tibia perone e tanti mesi di gesso- quando ripresi la mia Laverda SF 750 rosso scuro per fare una capatina a Monza, tanto per tornare a respirare un po’ d’olio di ricino. Decido di andare fino all’interno del curvone per vedere i passaggi veloci da quinta piena, l’asfalto lì non c’è e sto percorrendo uno stretto sterrato tra gli alberi quando una radice sporgente mi ferma. Metto a terra il piede destro ma c’è una buca traditrice, cado e resto sotto la SF. Sono indenne, però prigioniero. La pedana fissa mi ha salvato, le gambe non sono schiacciate sotto i 250 chili della Laverda, ma sorpresa: il pantalone sinistro (a campana, largo sotto come si usava nei primi anni Settanta) è impigliato tra pedana e terreno. Sono bloccato, e lì passano solo i veri conoscitori della pista, magari nessuno.


Cosa avreste fatto voi? Con il cellulare adesso è facile, basta chiamare. Ma nel ’73 eravamo immersi nella preistoria. Verifico che per fortuna il piede destro è abbastanza libero e con la pazienza di un ragno provo a ruotarlo, puntando il tallone a terra e spingendo in alto con la punta. E’ dura, quelle Laverda erano tutto ferro e ghisa, ma vedo che con sforzi sovrumani la moto un po’ si muove. E dopo una mezz’ora di moccoli e mugolii sollevo la SF da terra quel tanto che basta per sfilare la gamba prigioniera. Tutto con il piede destro. E poi faticosamente raddrizzo la bestia, esausto ci monto sopra e torno verso casa. Sarà per quell’avventura che appena trentacinquenne ho dovuto subire due interventi di ernia, lombare prima e inguinale poi? Probabile, con il concorso della maledetta partenza a spinta che dal ’74 al ’78 mi ha rovinato una carriera promettente.


Cadere da fermo. Un dramma per l’ego, se ti capita in pubblico. Ma se sei solo può andarti anche peggio…

Cadere da fermo
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