Moto e hi-tech: dall'intelligenza artificiale al 5G. Capitolo 2, Piattaforme inerziali e ABS

Moto e hi-tech: dall'intelligenza artificiale al 5G. Capitolo 2, Piattaforme inerziali e ABS
Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
Come funziona il sistema di sensori che equipaggia le moto di ultima generazione? E come viene applicato per migliorare sicurezza e performance? È possibile immaginare un futuro ancora più tecnologico?
  • Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
30 luglio 2019

Nel primo capitolo abbiamo constatato che anche sulle nostre motociclette le grandi rivoluzioni arrivano sopratutto attraverso l'introduzione di innovazioni radicali che permettono di salire di uno - o due - gradini nell'evoluzione e come questa evoluzione sembra stia portando verso maggiore sicurezza e performance anche grazie ad un affinamento dei sensori e degli algoritmi che captano e interpretano il comportamento della motocicletta.

Il primo importante, e già consolidato, step tecnologico in questa direzione può essere tranquillamente rappresentato da quel dispositivo che non ha compiti “decisionali” sulla dinamica della moto – cioè non interviene sui parametri di funzionamento del veicolo - ma ha “soltanto” il compito di raccoglierne in tempo reale le informazioni: la piattaforma inerziale. Vediamo brevemente cos'è e come è fatta per capire come potrebbe essere il perno di future applicazioni, alcune molto vicine alla produzione.

La Piattaforma inerziale

La piattaforma inerziale, chiamata anche IMU: Inertial Measurement Unit, ha rivoluzionato il controllo e la gestione della moto: si tratta di un dispositivo - nella sua versione a sei assi, quella più recente e performante - contenente al suo interno tre giroscopi e tre accelerometri che misurano con elevatissima frequenza le accelerazioni, gli spostamenti e le rotazioni del veicolo sui tre assi permettendo così alla piattaforma di sapere costantemente quale sia lo stato dinamico della moto: quanta accelerazione - positiva o negativa - piega, impennata, derapata. Tutto questo in modo indipendente dalla posizione nello spazio del mezzo.

La dinamica della motocicletta è estremamente complessa e molto diversa da quella delle automobili per le quali in origine questi dispositivi, nati in ambito militare, sono stati sviluppati; la moto non soltanto derapa, impenna e si inclina ma presenta variazioni di diametro di rotolamento degli pneumatici in funzione della piega, tra l'altro diversi tra anteriore e posteriore: per migliorare sicurezza e performance sono necessari degli algoritmi che si occupino quindi di tradurre tutte le informazioni che provengono dalla piattaforma inerziale in strategie di controllo, compito assegnato alla ECU che elabora questi dati e immediatamente agisce attraverso i sensori e gli attuatori che governano il comportamento di motore e ciclistica per, ad esempio, limitare l'impennata secondo quanto deciso in fase sviluppo della moto.

Quindi - da sola - l'IMU non serve a granché: per quanto possa essere raffinata e dalla potenza di calcolo elevata, il suo apporto è necessariamente correlato alla gestione della forza frenante, alla gestione della potenza erogata dal motore, al comportamento delle sospensioni, alle logiche del quickshifter, e all'aumentare delle potenze dei processori che gestiscono i dati provenienti dall'IMU, aumenteranno di pari passo anche le possibilità applicative.

L'IMU è la tua pelle che riconosce se fuori fa caldo o fa freddo

Bosch è l'azienda in prima linea nello sviluppo e nella produzione non solo delle IMU ma anche di tutte quelle funzionalità future, legate a questi dispositivi, che vedremo sulle moto dal 2020 in poi: abbiamo raggiunto Stefano Chianese che per Bosch è il responsabile Marketing & Business Strategy - 2 Wheeler & Powersports per un parere autorevole sullo stato dell'arte: "L'IMU è un concetto di per sé abbastanza banale - argomenta Chianese - anche se non è per nulla banale da realizzare e gestire: è un sensore che ha delle complessità legate al fatto che la moto vibra tanto, ha una dinamica molto varia e complessa e sopratutto l'IMU deve possedere un'ottima affidabilità del segnale per permettere poi di utilizzare questo segnale in funzioni avanzate". Se dovessimo trovare una metafora con la vita di tutti i giorni:  L'IMU è la tua pelle che riconosce se fuori fa caldo o fa freddo ed è indispensabile per qualsiasi funzione avanzata di sicurezza", spiega il manager.

Ma si può andare ancora più in là, con IMU ancora più sofisticate... "Teoricamente - prosegue Chianese - da un punto di vista tecnico, si può pensare a dei sensori ancora più evoluti per creare ancora qualcos'altro. In termini di performance l'attuale affidabilità dei sensori è sufficiente per un utilizzo stradale. Per non parlare del suo state of art, quella utilizzata in MotoGP dove aggiunge il nostro interlocutore: "Utilizzano ancora più sensori con sensibilità completamente diverse per andare a raggiungere performance migliori. Il problema è che loro non hanno alcun vincolo di affidabilità: tutti questi sensori che misurano vibrazioni sono molto delicati, se vengono sbattuti di qua e di là potrebbero rompersi anche se su una moto di serie potrebbero anche durare una vita intera".


I sensori, quindi, rappresentano il vero centro nevralgico del tutto: "Dal punto di vista delle funzioni, l'informazione che viene veicolata attraverso di loro è fondamentale per tutte le funzioni che si possono immaginare: comunicare con l'esterno ed effettuare e-call di emergenza, teoricamente si potrebbe anche localizzare la moto su una curva per fare assistenza alla guida, ma anche lì il sensore deve comunicare in maniera affidabile e costante, potresti collegarlo al GPS e creare un sensore di veicolo e generare una mappa che localizzi la moto nello spazio, nella corsia e sul percorso, un po' come già fatto sulle auto a guida autonoma: una cosa del genere potrebbe anche essere sviluppato in campo motociclistico, rimane solo da vedere il rapporto tra costi e benefici, che tipo di funzioni sviluppare e la capacità del mercato di accettare una soluzione di questo tipo”.

ABS e cornering ABS

La seconda tecnologia consolidata in funzione della nostra sicurezza, e anche quella che ha generato il dibattito sul presunto minore piacere di guida rispetto a quando l'elettronica era assente sulle moto, riguarda il sistema che evita il bloccaggio delle ruote in frenata. Ne parliamo perché oggi tutte le maggiori Case hanno introdotto un sistema di ABS integrato con la piattaforma inerziale per frenare in sicurezza anche a moto fortemente inclinata: il cornering ABS.

L'ABS “semplice” prevede che due ruote foniche, una per ciascun cerchio, comunichino alla centralina la loro velocità di rotazione: quando si azionano i freni e la variazione di velocità sembra preludere un bloccaggio di una o entrambe le ruote la centralina interviene rilasciando e successivamente ripremendo i pistoncini delle pinze freno fino ad arrestare la motocicletta senza alcuna perdita d'aderenza. Ma, per quanto ben calibrato, un sistema ABS tradizionale non può certamente sapere che in curva e a moto inclinata una parte del grip offerto dagli pneumatici è utilizzato per vincere la forza centrifuga e che quindi il grip disponibile per sostenere una frenata è inferiore, e di molto, a quello disponibile a moto verticale.

Non solo, nel migliore dei dei casi una poderosa frenata della ruota anteriore a moto inclinata porta ad un vistoso effetto autoraddrizzante, nel peggiore ad un bloccaggio e conseguente caduta per chiusura dello sterzo che l'ABS tradizionale, tarato per intervenire a moto verticale quindi in condizioni di massima aderenza teorica, non può evitare.

un esempio di ABS con funzione cornering: Il KCMF di Kawasaki
un esempio di ABS con funzione cornering: Il KCMF di Kawasaki

Entra qui in gioco la capacità della piattaforma inerziale di comunicare alla centralina ABS l'angolo di piega, la derapata e il beccheggio in modo da intervenire tenendo conto del minor grip disponibile e, attraverso un ripartitore di frenata, agire sul freno posteriore indipendentemente dalla volontà del pilota per evitare che la motocicletta allarghi la traiettoria.

In sostanza la potenza frenante con la moto in piega viene regolata e ripartita da un algoritmo che stima quanta forza impiegare sulle leve e bilancia perfettamente la frenata tra ruota anteriore e posteriore. Ma, ovviamente, si può andare oltre: è possibile integrare anche le informazioni provenienti dal motore e comandare - chiudendole o aprendole - le farfalle per regolare la trazione e la velocità (è questo il caso di KTM/Bosch con il suo Motorcycle Stability Control e di Kawasaki con il KCMF) e, magari, agire direttamente sulle sospensioni elettroniche per gestire l'assetto coerentemente con la dinamica della frenata.

Molte Case equipaggiano i loro modelli con il cornering ABS, sia con soluzioni più o meno proprietarie come UBS per Yamaha o KIBS per Kawasaki, che con tecnologie messe a disposizione dai maggiori player del settore: la già citata Bosch per KTM e Ducati e Continental per BMW; in tutti i casi si tratta di un'innovazione decisiva per la sicurezza nelle strade di ogni giorno ma che anche in pista, se non si vuole a tutti i costi limare il millesimo di secondo, è di grande utilità per andare più forte rischiando molto meno e si potrà poi disquisire all'infinito su quanto sia ipoteticamente più sensibile e capace di migliori performance globali il pilota di MotoGP, ma non tutti siamo Rossi o Marquez.

Dopo aver parlato delle soluzioni consolidate che ci aiutano, senza il nostro intervento diretto, sul piano della sicurezza e della ricerca della massima prestazione (ed è curioso notare come spesso questi due aspetti si confondano tra di loro), nel terzo capitolo passeremo in rassegna alcune innovazioni in ambito tecnologico che le case o le aziende che producono accessori o dispositivi hanno introdotto, stanno per introdurre o hanno solamente annunciato: il tutto per cercare di capire quanto sia effettivamente vicina l'introduzione di un'intelligenza artificiale che affianchi quella umana alla guida di una motocicletta. Stay tuned!