Massimo Clarke: "Distribuzioni inedite e teste innovative"

Massimo Clarke: "Distribuzioni inedite e teste innovative"
Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Si è conclusa la straordinaria mostra del "desmo". Ne avevamo parlato all’atto dell’apertura e torniamo a farlo ora, per descrivere alcuni schemi poco conosciuti e molto interessanti | M. Clarke
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
5 giugno 2013

 
In genere, quando si trattano le distribuzioni desmodromiche, buona parte dello spazio è dedicata alla descrizione dei vantaggi che consentono di ottenere dal punto di vista prestazionale. In questa sede invece l’attenzione è focalizzata su alcuni schemi inediti, o dei quali si è parlato assai poco, e sulle relative caratteristiche. 


Come tutti gli appassionati ben sanno, alla Ducati la storia del desmo è iniziata nel 1956, con l’apparizione della soluzione con tre alberi a camme in testa, ideata dall’ing. Taglioni. Quello centrale era dotato di due camme di chiusura che agivano su bilancieri a due bracci collocati in posizione rovesciata rispetto a quella usuale (infatti non dovevano fare aprire le valvole, ma richiamarle). Gli altri due alberi a camme, di apertura, erano disposti come in una normale testa bialbero e agivano sulle valvole tramite bilancieri a dito.

La casa bolognese ha corso nei Gran Premi con le sue 125 desmo (a uno e poi anche a due cilindri) per un periodo relativamente breve, dal 1956 al 1959 (con solo poche apparizioni nei mesi successivi). Ha poi realizzato un paio di bicilindriche di 250 e di 350 cm3, entrambe con una distribuzione di questo tipo, che sono state portate in gara in forma privata dal giovane Mike Hailwood all’inizio degli anni Sessanta.

In seguito la Ducati è tornata al desmodromico con uno schema differente, che prevedeva un unico albero a camme in testa i cui eccentrici comandavano le valvole nei due sensi (apertura e chiusura) per mezzo di bilancieri a due bracci. Questo è accaduto nell’autunno del 1968 con i modelli Mark 3D di 250 e 350 cm3 (il 450 è arrivato pochi mesi dopo). Per la prima volta nella storia del motorismo venivano prodotti in serie dei mezzi dotati di distribuzione desmodromica! Lo stesso schema è stato adottato in seguito sui bicilindrici a L e viene tuttora impiegato sui motori Ducati raffreddati ad aria.

Le teste desmodromiche a quattro valvole con due alberi a camme hanno fatto la loro comparsa a Borgo Panigale solo dopo la metà degli anni Ottanta, per merito dell’ing. Massimo Bordi, unitamente al raffreddamento ad acqua.

Oltre allo schema desmo con tre alberi a camme e a quello monoalbero, Taglioni ne ha studiato e realizzato anche un altro, del quale pochi sono a conoscenza, anche perché non è stato utilizzato su di un motore Ducati, ma su un poco noto V8 raffreddato ad aria costruito in esemplare unico e destinato a un eventuale impiego su di una vettura di Formula Uno, quando la cilindrata massima ammessa era di 1500 cm3 (dal 1961 al 1965). In questo caso in ciascuna testa erano alloggiati due alberi a camme, disposti uno sopra l’altro. Quello di apertura era collocato superiormente e quello di chiusura subito sotto di esso. Su ogni valvola agivano due bilancieri a due bracci (uno sopra per farla sollevare e l’altro, inferiore e “rovesciato”, per richiamarla). Questo schema si è successivamente evoluto in quello che poi è stato impiegato di serie, semplicemente piazzando i due eccentrici di chiusura assieme a quelli di apertura, su di un unico albero a camme.

Nell'inverno 1955-56 la Mondial ha realizzato un motore dacompetizione con distribuzione desmodromica, sul quale ha lavorato principalmente a Nerio Biavati
Nell'inverno 1955-56 la Mondial ha realizzato un motore dacompetizione con distribuzione desmodromica, sul quale ha lavorato principalmente a Nerio Biavati


Alla mostra del desmo tenutasi a Budrio era presente anche una Mondial da competizione costruita in esemplare unico nell’inverno 1955-56. Alla realizzazione di questa moto aveva lavorato principalmente Nerio Biavati, coadiuvato da Marcello Laurenti (ottimo modellista e disegnatore tecnico, che collaborava con il reparto corse di via Milazzo, a Bologna), che definì “a slitta” il sistema impiegato per comandare le valvole nei due sensi. Ora è stato possibile rimuovere uno dei coperchi della testa e fotografare ciò che esso nasconde alla vista. Come si può osservare nell’immagine qui allegata, si tratta di una distribuzione desmodromica completamente diversa da quella impiegata dalla Ducati. Lo schema è decisamente logico e originale, anche se basato su di un principio non proprio inedito (in fin dei conti alla Delage, negli anni Dieci, avevano pensato a qualcosa di non tanto diverso…).

Funzionava in maniera soddisfacente, ma i risultati forniti non erano superiori a quelli che all’epoca la Mondial otteneva con i suoi motori bialbero tradizionali. Per questa ragione, dopo una serie di prove, lo sviluppo di questo motore, che costituisce un pezzo unico di straordinario interesse tecnico e storico, è stato abbandonato. Qualche tempo dopo in Cecoslovacchia, nazione che all’epoca era ottimamente rappresentata a livello agonistico dalla Jawa e dalla CZ, è stato realizzato un motore dotato di una distribuzione desmodromica di tipo analogo e rimasto esso pure a livello di prototipo.

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