India grande produttore di moto. E di caschi

India grande produttore di moto. E di caschi
Carlo Baldi
Secondo produttore mondiale di moto alle spalle della Cina, l'India vede ora la presenza di aziende europee dopo quelle giapponesi. Abbiamo visitato gli stabilimenti della Studds, che produce tre milioni di caschi l’anno | C. Baldi
25 novembre 2013


L’India è il paese dei grandi contrasti, dove convivono innumerevoli religioni e culture diverse. “Non puoi capire cosa sia il traffico sino a quando non avrai visto quello delle nostre città” così ci mettevano in guardia i nostri amici indiani ed ora possiamo dire che avevano ragione. Un traffico caotico all’inverosimile, dove non esistono regole se non quella che ognuno cerca di farsi largo a colpi di clacson, sfiorando gli altri veicoli con precisione millimetrica. Il mezzo di locomozione più utilizzato per districarsi in mezzo a questo caos è la moto e se prima era la Vespa (quella riprodotta fedelmente dalla locale Bajaj) a farla da padrona, negli ultimi dieci anni sono stati i produttori giapponesi ad imporsi. Inizialmente grazie a joint ventures con produttori locali e successivamente creando propri stabilimenti. Quest’anno si stima che in India verranno venduti oltre 13 milioni di motocicli, che si prevede possano arrivare a 16 milioni nel 2015. Le moto più vendute sono le Hero (625.000 moto in media vendute ogni mese),seguite dalle Honda (375.000), Bajaj (azienda proprietaria del 48,9% di KTM) con motori Kawasaki o Hyosung (348.000), TVS con motori Suzuki (197.000), Yamaha (64.000), Suzuki (39.500) Mahindra (29.000) e Royal Enfield (9.600). In India partirà presto la produzione anche di BMW, Harley-Davidson e Triumph, oltre a quella già in atto di KTM attraverso appunto la Bajaj,  moto di cilindrate comprese tra i 300 ed i 600 cc dedicate proprio ai motociclisti indiani, ma che potrebbero arrivare in Europa. Piaggio ha invece scelto il Vietnam, oltre alla Cina, e ora gli unici mezzi marchiati Piaggio che si vedono circolare in India sono i tre ruote Ape. 

Le cilindrate stanno aumentando progressivamente e dai 70-110 cc si è ora passati a 150-200 cc. Una crescita che ovviamente va di pari passo con la costruzione di nuove strade ed autostrade. La condizione attuale del manto stradale in India è abbastanza critica e questo rende al momento impossibile l’utilizzo di motociclette di grossa cilindrata. Però percorrendo la nuova autostrada a tre corsie che da Agra (la città del Taj Mahal, simbolo dell’India) porta a Delhi, abbiamo incrociato un nutrito gruppo di moto custom (Harley e Honda). Un segnale evidente di come si trasformerà questo mercato non appena la rete stradale migliorerà e le autostrade attualmente in costruzione verranno ultimate. L’India non è la Cina, dove strade e grattacieli crescono come funghi in pochi mesi ed i tempi saranno più lunghi, però rispetto a quello cinese qui la moto è ancora il primo mezzo di locomozione, con vendite in costante crescita.

Tre milioni di Studds


In occasione di un nostro viaggio a Delhi abbiamo avuto modo di visitare le due unità produttive del più grande produttore indiano di caschi protettivi per motociclisti : la Studds. La loro produzione del 2013 supererà i tre milioni di pezzi venduti. Se pensiamo che in tutto il mercato europeo si vendono annualmente circa cinque milioni di caschi, è chiaro che anche per quanto riguarda i caschi, il potenziale del mercato indiano sia enorme. Attualmente il mercato assorbe circa sei milioni di caschi conformi all’Indian Standard (molto simile alla nostra vecchia ECE-2203) ed altri tre che invece non sono omologati. Il materiale utilizzato per le calotte è ora al 99% la plastica, mentre sino a dieci anni fa qui si producevano solo caschi in fibra, in quanto gli stampi per la fibra sono molto meno costosi di quelli necessari per stampare i caschi in plastica. Il titolare della Studds Madhu Khurana, fondatore dell’azienda che ora dirige assieme al figlio Sidharth, è anche il Presidente dell’Associazione caschi Indiana e ci ha dichiarato che l’obiettivo dei produttori è quello di introdurre nell’arco di circa due anni uno standard molto vicino alla nostra attuale ECE 22-05. Se così fosse il livello qualitativo dei caschi utilizzati aumenterebbe notevolmente. L’India è divisa in regioni che hanno leggi diverse tra loro. In alcune di queste il casco è obbligatorio mentre in altre ancora no. Il problema è che in alcune regioni non si può rendere obbligatorio il casco protettivo per il semplice fatto che l’obbligatorietà creerebbe una richiesta che al momento le aziende locali non potrebbero soddisfare (ricordiamo che la popolazione indiana supera il miliardo e quattrocento milioni di persone). E’ molto difficile per gli stranieri entrare in questo mercato anche perché chi spende 20 o 30 euro per un casco vuole essere sicuro di poter poi reperire i necessari ricambi, e non si fida delle aziende straniere, che attualmente non hanno sedi produttive sul territorio. Inoltre i dazi doganali sono volutamente molto alti a protezione delle produzioni interne e quindi i caschi stranieri sono molto cari.


I due stabilimenti Studds che abbiamo visitato non hanno niente da invidiare alle migliori aziende europee, che Khurana padre e figlio conoscono molto bene, in quanto negli anni hanno avuto vari contatti con i produttori europei per i quali hanno prodotto e producono ancora caschi destinati al nostro mercato. Non dimentichiamoci che siamo stati noi europei a cercare produttori in estremo oriente, in Cina, India, Malesia e Thailandia, ai quali abbiamo di fatto insegnato a progettare e produrre caschi protettivi per motociclisti. E’ chiaro che una volta impadronitisi del know how queste aziende sarebbero poi diventate pericolosi concorrenti per le aziende europee e così è stato. Chi ha visitato la fiera Eicma di Milano si sarà reso conto che ormai il casco è sempre meno italiano e giapponese e sempre più coreano o cinese. E tra qualche anno probabilmente anche indiano.

Tornando alla Studds i due centri produttivi sono molto grandi e dispongono di macchinari all’avanguardia. Forte dei guadagni derivanti dalle ingenti vendite nazionali, l’azienda indiana ha potuto investire in macchinari e tecnologie che ben di rado abbiamo visto nelle aziende europee. I caschi Studds vengono completamente prodotti nei due stabilimenti di Delhi, comprese le visiere, per produrre le quali è stato acquistato un costoso macchinario giapponese, che garantisce quantità e qualità. In pratica i Khurana acquistano solo le materie prime e poi si producono tutto in casa, dai caschi in fibra di vetro a quelli in plastica, per stampare i quali dispongono di ben 25 macchine da stampaggio. Studds dispone anche di una macchina per il sottovuoto che consente di produrre calotte o altri componenti in carbonio, In un apposito reparto, i progettisti sviluppano i nuovi modelli, fornendo poi al reparto che realizza gli stampi i dati computerizzati per realizzarli. In pratica visitando queste due aziende abbiamo potuto seguire tutte le varie fasi, dal disegno di stile di un nuovo prodotto, alla realizzazione degli stampi, lo stampaggio delle calotte, la verniciatura, l’assemblaggio, l’imballaggio e la spedizione. L’unico componente acquistato da Studds sono le calotte in polistirolo e le decals per le grafiche.