Freni: offroad e velocità. Problemi analoghi, soluzioni… diverse?

L’impianto frenante è una componente fondamentale di qualunque veicolo; le competizioni sono naturalmente l’ambito in cui viene stressato maggiormente. Capiamo, assieme agli specialisti del team Maddii e del Mooney VR46 Racing Team, se i problemi siano gli stessi e come si risolvono. Perché la manutenzione, in questi ambiti, aiuta anche i “semplici” appassionati
21 giugno 2022

I freni sono la componente forse più importante, e allo stesso tempo misconosciuta, della nostra moto. Anche nell’uso più sportivo, in circuito - che si tratti di velocità oppure fuoristrada - è raro vedere gli appassionati prendersi cura dei freni (come invece dovrebbero fare) come invece fanno per tante altre componenti della moto.

Al di là dei vari upgrade possibili per le componenti dell’impianto, anche la manutenzione è fondamentale. Ecco perché abbiamo pensato di capire insieme a due specialisti ai massimi livelli - MXGP e MotoGP - quali siano le problematiche dei singoli ambiti, e come risolverle. O perlomeno, mantenere in perfetta efficienza i propri mezzi.

Il cross, come è facile intuire, è uno sport estremamente stressante per l’impianto frenante. Non tanto per le sollecitazioni in sé - il grip disponibile non permette di creare potenze frenanti “preoccupanti” per l’attuale tecnologia - quando invece per le… condizioni igieniche, passateci la battuta, in cui si corre. Ne abbiamo quindi parlato con Marco Maddii, team manager del team Fantic Factory, che ci ha spiegato quanto sia importante (e impegnativo) assicurare la corretta efficienza dell’impianto.

“Nel cross tutta la manutenzione si conta in ore, come sapete; per l’impianto frenante parliamo di intervalli di 4/5 ore al massimo dopodiché bisogna procedere ad effettuare una pulizia completa, per rimuovere tutto ciò che si ‘incolla’ al disco e uno spurgo. È importantissimo utilizzare sempre prodotti specifici e di elevata qualità - noi, come sapete, utilizziamo Bardahl praticamente da sempre - perché molte soluzioni generiche tendono ad essere oleosi, caratteristica che bisogna ovviamente evitare tassativamente. I brake cleaner specifici invece puliscono e sgrassano, ottenendo il risultato desiderato”

 

E l’olio? Se le temperature non sono un problema, verrebbe da dire che lo spurgo sia meno critico…

“Al contrario, è fondamentale. Non tanto per le temperature, appunto, quanto per il fatto che per precisi e scrupolosi che si possa essere nelle operazioni di manutenzione, quando si usa la moto qualche impurità riesce comunque sempre ad infilarsi nel circuito - sabbia, fango, acqua. E il liquido dell’impianto perde inevitabilmente efficacia.”

“Noi utilizziamo specifica DOT-4, evitiamo il 5 e il 5.1 perché sostituendolo così spesso non ci servono determinate caratteristiche, e anzi soffriamo un po’ l’aggressività del 5.1 sulle guarnizioni del circuito…”

 

La velocità, da un certo punto di vista, è tutt’altra storia. Inoltre, se parliamo di MotoGP - ovvero il vertice della specialità - bisogna fare anche un distinguo non banale fra la classe regina e le cosiddette categorie cadette. Non per un discorso di nobiltà, quanto invece per il fatto che in Moto3 e Moto2 si utilizzano i tradizionali dischi in acciaio, mentre la MotoGP può servirsi delle unità in carbonio.

Fortunatamente, il Mooney VR46 Racing Team è impegnato tanto in MotoGP che in Moto2, quindi Christian Dionigi - che ha lavorato con Bagnaia e Marini nella categoria intermedia, e oggi segue ancora Marini in classe regina, è in grado di raccontarci come funzionano entrambe le situazioni.

 

Ogni quanto si effettua la manutenzione dell’impianto frenante in MotoGP?

“La manutenzione è a cadenza giornaliera: con l’impianto in carbonio dobbiamo tenere pastiglie, pinze e dischi puliti. Il carbonio, usurandosi - sia lato disco che lato pastiglia - crea molto residuo, molta polvere, che finisce per attaccare le guarnizioni di tenuta, soprattutto nelle pinze. Quindi ogni giorno smontiamo le pinze - abbiamo naturalmente raccordi con sganci rapidi Staubli, quindi non abbiamo problemi di perdite d’olio - e laviamo tutto con acqua e sapone, evitando solventi aggressivi che possono corrodere le tenute.”

“Il cambio del liquido, anche quello, si fa ogni giorno: rispetto al cross noi raggiungiamo temperature molto più alte, quindi ogni sera mettiamo un giro di liquido fresco. Usiamo specifica DOT 4, ed è importante usarne di ottima qualità: un fornitore affermato come Bardahl qui fa la differenza in termini di costanza di rendimento”.

Gli impianti in carbonio hanno diverse peculiarità, fra cui l’accoppiamento fra disco e pastiglia che dura per tutta la vita dell’unità, o quasi.

“Si, in realtà per ogni disco usiamo due set di pastiglie; a metà vita del disco le sostituiamo e le portiamo a fine vita dell’unità. Poi si sostituisce tutto.”

 

 

Ma le condizioni esterne influenzano l’usura o l’efficienza, come nel cross? Pista sporca (come è successo nei test di Mandalika, dove la MotoGP ha trovato condizioni quasi estreme) oppure il bagnato, che ormai è una condizione in cui si usa comunque l’impianto in carbonio, hanno qualche ripercussione sull’impianto frenante?

“In realtà, i problemi con gli impianti in carbonio si hanno quando il disco non si raffredda. Nei test di Mandalika c’era polvere e una temperatura molto alta, ma il tracciato non è molto stressante per i freni, tanto che in una giornata abbiamo dovuto addirittura montare le cover sui dischi per non far scendere troppo la temperatura, perché poi l’efficacia dell’impianto cala sensibilmente. Per noi le condizioni peggiori sono le piste come Motegi, Spielberg, Barcellona e la Thailandia dove dovremo usare i dischi da 355, o i nuovi autoventilanti di Brembo che qualche team ha provato nei test e sembrano andare molto bene. Ma la polvere, le condizioni meteo, non incide granché.”

Quindi sul carbonio non si usano prodotti per la pulizia specifica…

“No, il disco in carbonio al massimo si pulisce con uno straccio per rimuovere la polvere. La pista frenante, in composito, non viene pulita né toccata nemmeno con le mani.”

 

Mentre nelle classi inferiori, che sono quelle che possono avere una relazione in termini di impianto frenante con quelli dei… comuni mortali, che possono usare in circuito freni in acciaio nella realtà (potenzialmente) molto vicini a quelli del Mondiale.

“Certo. Per quanto riguarda le pinze il discorso è analogo a quello dei freni in carbonio: acqua e sapone non aggressivo, mentre sul disco si agisce con un brake cleaner di buona qualità - torniamo al discorso di cui sopra, un produttore come Bardahl fa la differenza - che rimuove anche le impurità che tendono a depositarcisi sopra.”

“Una differenza fondamentale è che la temperatura ha problemi speculari: se il disco in acciaio lavora a temperature troppo elevate dà dei problemi, la pastiglia tende a ‘incollarsi’ al disco, creando quei ‘sassolini’ che chiunque gira in pista probabilmente conosce. Lì, con un raschietto e un buon brake cleaner si rimettono in condizioni perfette.”

Qual è l’inconveniente più curioso che vi è successa con i freni?

“Fortunatamente nessun vero inconveniente. Però, come sapete bene, ogni pilota ha preferenze specifiche quanto a distanza della leva dalla manopola, c’è chi la vuole lontana e chi invece la deve sentire vicina. Il problema è che tenendola vicina, quando in gara la temperatura dell’impianto cambia, bisogna regolare costantemente la corsa della leva, e i piloti che la tengono vicina hanno da sempre più problemi di questo tipo di chi invece magari la tiene qualche millimetro più in là. Nella mia carriera ho provato tante volte a farlo capire, ma i piloti sono fatti così: devono sentirsi tutto come piace a loro…”

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