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La sentenza era nell'aria da settimane, ma ora è ufficiale: viaggiare in autostrada costerà di più. La Corte Costituzionale ha messo la parola fine a una lunga stagione di blocchi tariffari, dichiarando illegittime tutte le norme che dal 2020 al 2023 hanno impedito ai concessionari autostradali di adeguare i pedaggi. Per chi percorre quotidianamente le nostre autostrade in sella a una moto o al volante di un'auto, la sentenza numero 147 depositata il 14 ottobre rappresenta una doccia fredda che rischia di tradursi in salassi ai caselli già nei prossimi mesi.
La Consulta non ha lasciato spazio a interpretazioni: il legislatore ha violato gli articoli 3, 41 e 97 della Costituzione quando ha deciso unilateralmente di congelare gli aumenti. Una decisione che sembrava proteggere le tasche di cittadini e pendolari, ma che secondo i giudici costituzionali ha invece creato uno squilibrio inaccettabile nei rapporti tra Stato e concessionari, con conseguenze potenzialmente gravi sulla sicurezza e l'efficienza della rete autostradale.
Tutto nasce da una controversia apparentemente minore. La RAV, società che gestisce il Raccordo Autostradale Valle d'Aosta lungo la tratta dell'A5 Aosta-Monte Bianco, si era vista negare dal Ministero delle Infrastrutture gli adeguamenti tariffari per il 2020 e il 2021. Di fronte al diniego, il concessionario ha impugnato la decisione davanti al Consiglio di Stato, che a sua volta ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale sulle norme che imponevano il blocco.
Il Consiglio di Stato aveva visto giusto: secondo la Consulta, quei decreti-legge (il 162/2019 e il 183/2020, più le successive proroghe) avrebbero violato il principio di continuità amministrativa e alterato l'equilibrio contrattuale tra le parti. In sostanza, lo Stato avrebbe cambiato unilateralmente le regole del gioco, danneggiando la libertà d'impresa dei concessionari e, paradossalmente, anche l'interesse pubblico.
La motivazione della Corte va dritta al punto: le concessioni autostradali sono contratti, non semplici provvedimenti amministrativi. E come in ogni contratto, non si può permettere a una parte di modificare unilateralmente le condizioni a svantaggio dell'altra. Soprattutto quando esistono già regole chiare e operarative: l'Autorità di regolazione dei trasporti ha definito fin dal 2019 criteri uniformi per calcolare le tariffe, che avrebbero dovuto essere applicati.
Ma c'è di più. La Consulta sottolinea che il blocco prolungato degli adeguamenti tariffari non è solo una questione di soldi tra Stato e concessionari: ha ripercussioni concrete sulla sicurezza di chi viaggia. Viadotti, gallerie e infrastrutture necessitano di manutenzione costante e investimenti programmati. Senza i ricavi adeguati, questi interventi rischiano di saltare o essere rinviati, con conseguenze per l'efficienza e la sicurezza della rete.
Come ha scritto la stessa Corte nella sentenza, sono in ballo "conseguenze di non poco momento sull'infrastruttura autostradale, sulla sua efficienza e sulla sua sicurezza, che necessitano di manutenzione e investimenti che vanno programmati". Un monito che suona particolarmente forte dopo i tragici eventi che hanno segnato la cronaca autostradale italiana negli ultimi anni.
Ora che il blocco è stato dichiarato illegittimo, si aprono due strade possibili, entrambe con un costo per l'utenza. Il primo scenario prevede un aggiustamento immediato dei pedaggi, recuperando in parte gli aumenti mancati negli ultimi quattro anni secondo i criteri fissati dall'Autorità dei trasporti. Difficile quantificare l'impatto esatto, ma fonti di settore parlano di rincari che potrebbero arrivare fino al 10-15% per alcune tratte.
L'alternativa è allungare la durata delle concessioni, permettendo ai gestori di recuperare gli investimenti programmati su un arco temporale più lungo. Secondo le prime stime informali riportate dal Sole 24 Ore, questo significherebbe estendere le concessioni di 6-8 anni per Autostrade per l'Italia e di 2-4 anni per il gruppo Gavio. Una soluzione che rinvierebbe il problema ma che solleva dubbi sulla compatibilità con le normative europee sulla concorrenza e che richiederebbe comunque il via libera dell'Autorità di regolazione e della Commissione europea.
Qualsiasi strada il governo decida di intraprendere, dovrà evitare di riprodurre quello "sbilanciamento" che la Consulta ha censurato. Serve trasparenza, dati tecnici solidi e una procedura che rispetti l'equilibrio contrattuale. Un sentiero stretto, considerando che ogni decisione avrà un impatto diretto sulle tasche di milioni di italiani che ogni giorno percorrono le autostrade per lavoro o per passione.
Ora la palla passa al Governo, che dovrà muoversi con estrema cautela su un terreno scivoloso. Da un lato la necessità di garantire la sostenibilità economica delle concessioni e gli investimenti sulla rete, dall'altro la protezione di cittadini e imprese da aumenti insostenibili. Una quadratura del cerchio che nelle prossime settimane si giocherà tra i tavoli tecnici del Ministero, l'Autorità dei trasporti e le commissioni parlamentari. Con milioni di italiani che aspettano di sapere quanto costerà il prossimo viaggio in autostrada.
Fonte: ANSA, Il Sole 24 Ore, SkyTG24
Foto: ANSA/FIN