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Gli autovelox italiani sono finiti nella bufera. Dopo anni di polemiche sull'utilizzo di questi dispositivi, accusati spesso di essere installati più per "fare cassa" che per garantire la sicurezza stradale, ora c'è una data che potrebbe cambiare tutto: il 12 giugno 2025.
Un decreto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale nel 2024, stabilisce che entro quella data i misuratori di velocità debbano essere preceduti da cartelli e che la taratura sia annuale e certificata, ma l'assenza di un decreto attuativo rischia di trasformare questa scadenza in un vero e proprio spegnimento nazionale degli autovelox.
l braccio di ferro tra il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e l'Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) si intensifica con il passare dei giorni. Al centro della questione, la necessità di censire con precisione tutti i dispositivi presenti sul territorio nazionale. Il ministro Matteo Salvini ha richiesto "numeri certi" riguardo gli autovelox fissi e mobili installati in Italia, distinguendo tra quelli approvati prima e dopo il 2017, anno che rappresenta uno spartiacque normativo fondamentale.
La risposta dell'ANCI, però, non ha soddisfatto il MIT. Anziché fornire numeri assoluti, l'associazione ha comunicato delle percentuali: il 59,4% dei dispositivi fissi risulta validato prima del 2017 e il 40,6% successivamente; per quelli mobili, il 67,2% è stato approvato prima del 2017 e il 32,8% dopo.
I tempi stringono. Un decreto del 2024 stabilisce che entro il 12 giugno i misuratori di velocità debbano rispettare precisi requisiti: essere preceduti da adeguata segnaletica e sottoporsi a taratura annuale certificata. Il problema è che senza un decreto di omologazione - che manca incredibilmente da 33 anni - la taratura non può essere certificata.
Le multe elevate finora potrebbero quindi essere contestate e annullate qualora i dispositivi non risultassero conformi alle nuove disposizioni. Una prospettiva che preoccupa i sindaci, molti dei quali contano sulle sanzioni per il bilancio comunale. L'ANCI, dal canto suo, difende la validità dei dati forniti, sostenendo che "la ricognizione è stata effettuata su 1.000 comuni rappresentativi a livello nazionale" e che quindi i numeri sono "affidabili". L'associazione ha comunque promesso di "sollecitare ulteriormente gli altri Comuni" per fornire dati più dettagliati.
A marzo, il governo aveva tentato di risolvere la questione inviando a Bruxelles lo schema di un decreto-sanatoria che avrebbe dovuto chiudere i contenziosi riconoscendo l'omologazione dei dispositivi esistenti. Tuttavia, dopo le polemiche sollevate, il documento era stato ritirato.
Ora il tempo stringe e la situazione resta di stallo. Da una parte il MIT che richiede "un numero chiaro e inequivocabile" di autovelox installati e la loro precisa ubicazione, dall'altra i Comuni che difendono la validità delle loro statistiche. Nel mezzo, migliaia di motociclisti e automobilisti che attendono, in balia. Resta da vedere se, prima della fatidica data di giugno, le parti riusciranno a trovare un accordo che permetta di regolarizzare la situazione senza compromettere né la sicurezza stradale né i diritti degli utenti della strada.
Fonte: TGCOM 24
Immagine di apertura realizzata da IA