Animali sulle strade: è emergenza

Animali sulle strade: è emergenza
Non ci riferiamo in questo caso agli umani indisciplinati, quanto ai poveri animali (più o meno selvatici) che spesso invadono le strade. L'approfondimento di Lorenzo Borselli (ASAPS)
7 dicembre 2010


Animali e strade, il rischio è sempre più alto

Lo confermano gli ultimi due episodi, avvenuti alle estremità del paese: il primo a Solbiate Arno (Varese), lungo il tracciato della A8, il secondo invece ad Agrigento, sulla rete ordinaria.
Il bilancio è di almeno tre persone ferite e due grossi quadrupedi rimasti uccisi, rispettivamente un cervo e un cavallo.
Vediamo i fatti: l’episodio di Solbiate Arno si è verificato sabato sera (27 novembre), quando un grosso cervo è riuscito a superare le recinzioni perimetrali trovandosi in carreggiata proprio mentre sopraggiungevano i veicoli.
Secondo le notizie riportate dalla stampa locale, mancherebbe all’appello il veicolo investitore, quello che cioè ha impattato contro il cervide uccidendolo e lasciando la sua carcassa in mezzo alla carreggiata. Le auto che sono rimaste successivamente coinvolte, infatti, avrebbero investito la carcassa dell’animale, riportando danni gravissimi, mentre per gli occupanti tanta paura e qualche lesione di poco conto.
Ad Agrigento, invece, più o meno nello stesso momento in cui il cervo invadeva l’A8 in alta Lombardia, è stato un cavallo a seminare terrore: il quadrupede, che sarebbe fuggito da un maneggio privato, si è imbizzarrito e si è messo a correre sulle strade della periferia, scontrandosi con uno scooter in prossimità della rotonda Giunone: anche in questo caso l’animale ha avuto la peggio, mentre lo scooterista è stato ricoverato in osservazione all’ospedale San Giovanni di Dio. I rilievi sono stati effettuati dalla Polizia Municipale della città, che hanno richiesto l’intervento di un veterinario del Servizio Sanitario Nazionale e che, dopo aver ricevuto il via libera, hanno affidato la rimozione della carcassa ai Vigili del Fuoco.

Dunque, come si vede, è solo un caso se qualcuno non si è fatto davvero male. Ma quanto incide questa fattispecie di sinistrosità sulla sicurezza effettiva di tutti noi?
Dal recente rapporto ISTAT i dati che emergono non appaiono oggettivamente rispondenti alla realtà. L’ISTAT effettua una rilevazione circa il ruolo degli animali e dal rapporto pubblicato si può sapere quanti incidenti stradali, in Italia, siano dovuti a manovre relative all’evitamento di un animale, ma nessuna voce statistica da noi reperita ci dice quanti incidenti siano imputabili agli investimenti e, dunque, anche su questa nicchia di sinistrosità si naviga a vista.
Certamente, si dà molta importanza agli urti contro ostacoli accidentali: animali, ma anche qualsiasi tipo di detrito finito in strada, impatti contro rami caduti, perdite di carico, pezzi di copertone e via di seguito. Il rapporto 2009, recentemente pubblicato, ci dice che gli eventi di questo tipo, durante lo scorso anno, sono stati in tutto 8.280, con 311 morti e 10.289 feriti, mentre alle frenate improvvise con conseguenze mortali per evitare l’urto con animali, sono attribuiti 17 incidenti, di cui 11 in strade urbane e 6 in strade extraurbane.
Tra le cause accertate o presunte di incidente mortale relative agli inconvenienti di circolazione spicca quella definita di animale evitato, alla quale si attribuiscono 22 incidenti mortali, di cui 16 in ambito urbano e 16 extrta. Gli incidenti dovuti alle manovre di evitamento di un animale sono stati in tutto 481, di cui 196 in ambito urbano e 295 in ambito extraurbano.

È evidente che per conoscere meglio il pericolo che viene da Bambi o da Fido servirebbe però, soprattutto, il dato relativo all’effettivo numero di investimenti e la portata delle loro conseguenze che, lo ricordiamo, con le recenti modifiche al codice della strada prevede conseguenze anche per l’omissione di soccorso nei loro confronti.
Secondo una rilevazione dell’AIDAA ripresa il 2 novembre scorso dall’agenzia APCOM, nei primi 10 mesi di quest’anno sulle strade italiane sono stati investiti 1.798 cani, 788 gatti e 1.465 animali selvatici (in prevalenza ricci e volpi), oltre a 65 tra pappagalli, furetti e conigli. Si tratta , come spiegato dalla stessa associazione, di dati riferiti alle segnalazioni giunte al Telefono Amico e, dunque, non interamente verificabili.
Lasciando per un attimo da parte la questione umanitaria, vogliamo concentrarci però sulle taglie di animali più pericolosi per il traffico: parliamo di caprioli e cervi, di cinghiali e canidi, specie che, più di altre, rappresentano una minaccia effettiva alla nostra vita in caso di impatto per le conseguenze dello stesso nelle tre fasi della dinamica di collisione, quella antecedente, quella culminante e quella successiva.

Un articolo apparso sulla rivista Silvae, edita dal Corpo Forestale dello Stato, a firma del Vice Questore Aggiunto Alessandro Cerofolini, ci dice che nel decennio 1995/2005 le perdite umane in incidenti con il coinvolgimento di animali sono circa 150, con qualche centinaio di feriti gravi.

A marzo 2010, un’indagine realizzata da Maria Paola Ponzetta e Francesco Sorbetti Guerri, dell'Università di Firenze, ha rivelato che gli incidenti stradali provocati da animali selvatici e denunciati alle amministrazioni provinciali della Toscana nel 2008 sono stati 478, più del doppio rispetto al 2001, quando ne vennero registrati solo 188.
Lo studio ha confermato che gli incidenti coinvolgono principalmente cinghiali e caprioli e aumentano in primavera e in autunno, durante il fine settimana, nelle ore del crepuscolo e notturne. Per realizzarlo, i Dipartimenti di Scienze zootecniche e di Ingegneria agraria e forestale dell'Ateneo fiorentino, hanno preso in esame gli incidenti stradali, avvenuti sulla rete viaria della Toscana e denunciati agli enti pubblici nel periodo 2001-2008.
Gli autori hanno fornito con grafici e cartografie un catalogo degli incidenti e delle condizioni in cui si sono verificati, fotografando una situazione legata anche all'aumento, negli stessi anni, delle popolazioni di capriolo (da 91.872 unità nel 2000 a 140.639 nel 2007), cinghiale (da 47.332 a 72.224) e cervo (da 2.600 a 3.651).
Fra gli altri animali maggiormente coinvolti, anche daini (la cui popolazione presente nella Regione registra un calo), istrici e volpi, ma anche tassi e diverse specie di uccelli diurni e notturni. Le strade maggiormente interessate sono regionali e provinciali, in misura assai minore autostrade, superstrade e le altre.

Lo studio analizza possibili interventi tecnici e normativi per mitigare il fenomeno e suggerisce misure volte ad accrescere la consapevolezza di questo particolare pericolo nei conducenti dei veicoli. Il problema, però, resta quello dell’effettiva conoscenza che, in paesi esteri è invece un patrimonio degli esperti che, così, sono già stati in grado di intraprendere efficaci contromisure.
In Europa esempi di ricerche di questo tipo ce ne sono molte: in Germania, nei paesi del Nord o in Inghilterra esistono precisi protocolli. Tuttavia, almeno finora, le ricerche più approfondite sono quelle australiane, dove canguri e wallabies seminano letteralmente il panico sulle desolate strade del Nuovo Mondo. Nel solo stato del New South Wales, tra il 1996 e il 2005, 1.700 persone sono rimaste gravemente ferite in incidenti di questo tipo, con un bilancio di 22 vittime.

In Svizzera, ad esempio, dove ogni anno gli incidenti stradali provocati dagli animali selvatici sono circa 20mila, si sono installati apparecchi acustici in grado di far deviare la selvaggina impedendole di occupare la sede stradale.
I dati della sinistrosità sono diffusi ogni anno dalla Cancelleria di Stato, grazie a un protocollo di rilevamento comune, che forse potremmo copiare, che vede protagonisti poliziotti e guardie forestali.
Se un incidente ha una causa, basta scriverla in un rapporto. Nelle zone dove i sistemi acustici sono operativi (circa 8mila dispositivi sono da tempo operativi a Lucerna, Zurigo e Sciaffusa) la sinistrosità di questa categoria è scesa del 40%. Si tratta di sistemi semplici: piccoli dispositivi che reagiscono alla luce dei fari emettendo un fischio a bassa intensità, sistemati ogni 50 metri.


Lorenzo Borselli
(ASAPS)

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