Giacomo Agostini: “Vincevo in 350 e 500 quando l’uomo posò il piede sulla Luna”

Giacomo Agostini:  “Vincevo in 350 e 500 quando l’uomo posò il piede sulla Luna”
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Il campionissimo si ricorda bene quel 20 luglio del 1969: era a Brno e vinceva il gran premio nelle classi 500 e 350. Ma in quella Cecoslovacchia controllata dall’URSS, del primo uomo (americano) sulla Luna si parlò poco
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
20 luglio 2019

Giacomo Agostini vinceva e stravinceva, in quell'estate del '69 quando l'uomo sbarcò sulla Luna: 350 e 500 erano i suoi feudi personali, e aveva già quattro titoli mondiali in tasca: tre nella mezzo litro e uno in 350. Superfluo precisare: con le MV Agusta. Ma cosa ricorda di quel giorno preciso? Al telefono, raggiunto in aeroporto e in procinto di imbarcarsi per la Sardegna, Mino è pronto a rispondere.

«Quel 20 luglio ho vinto due gare mondiali - ci racconta - controlla tu, credo che fosse Brno»

E naturalmente non sbaglia: Gran Premio della Cecoslovacchia, ottavo appuntamento della stagione.
Verifico nei libri che Agostini quel giorno è vincente nella gara della top class lunga 181 chilometri, e prima aveva fatto lo stesso con la 350 sul micidiale circuito stradale di Brno, da tredici chilometri e 940 metri. (Vedi il video qui sotto).
Del resto alle vittorie Giacomo era abituato, quell'anno aveva sempre vinto con la 500 (e quasi sempre con la 350) e avrebbe vinto ancora: dieci successi consecutivi in 500, collezionò, e sarebbero stati dodici se il Conte non avesse deciso di disertare le ultime due gare, Imola e Abbazia. Ma torniamo alla missione Apollo 11 e allo sbarco.

 

«Ricordo che la sera, in albergo, vedemmo qualcosa in televisione. Ma due o tre immagini, non di più, eravamo in un Paese nell'orbita URSS, nessuno festeggiò l'impresa americana. Io ero incredulo: l'uomo sulla Luna!
Però devo dire che non mi rendevo conto dell'importanza dell'evento, soltanto in seguito mi sono documentato e ho capito. Come il mio primo titolo mondiale: lì per lì ero semplicemente meravigliato, soltanto il giorno dopo ho realizzato l'importanza della cosa».

Come viveva Ago in quel 1969? Intensamente, la sua vita era dedicata al motociclismo e scandita dal calendario FIM. In giugno aveva compiuto ventisette anni, aveva in mente solo la moto.

«E le ragazze. Ma il motociclismo stava cambiando, in quegli anni cominciava ad aprirsi alle novità, alle tute colorate, alle grosse moto di serie trasformate per la pista. Ne parlavo ieri sera a cena con gente importante: ora mi rendo conto che a quell'epoca rappresentavo tutta l'Italia: moto italiana, pilota italiano, casco italiano...

Oggi avrei catalizzato media e budget. Non che rimpianga niente. E le mie origini, anche se tanta gente non ci crede, sono state difficili e modeste. Guarda la mia prima vittoria: i due meccanici che mi davano una mano erano rispettivamente un elettricista e un panettiere, avevamo con noi chili di pane, il salame, le bustine per fare l'acqua gasata. E per la Morini Settebello stavo pagando le rate, duemila lire al mese».

Questo è Giacomo Agostini, il primo professionista della moto, pronto a passare tre giorni (tre) di vacanza in Sardegna. Poi ancora di corsa a Bergamo, tra gli altri impegni ha da completare il suo nuovo museo. Che sarà, si può crederci, "spaziale". Ago ha avuto per caso, dopo quel 1969, qualche contatto con gli astronauti USA? Macché, ha evitato ogni occasione, dice, perché "è molto meglio la moto".

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