Gautier Paulin: la mia America

Gautier Paulin: la mia America
Massimo Zanzani
Reduce dalla splendida vittoria nell’apertura degli Internazionali d’Italia MX2, l’ufficiale Yamaha Monster Energy aveva già scaldato i muscoli nel Supercross Usa. La sua esperienza raccontata a Moto.it. | di M. Zanzani
21 febbraio 2010


In trent’anni di GP raramente mi è capitato un pilota giovane così allegro, spontaneo, professionale, disponibile, educato, socievole e simpatico. E’ vero che la generazione di nuove leve del motocross in generale sembra accomunata da queste qualità, ma lo spilungone 19enne di Draguignan che Michele Rinaldi si è messo sotto la propria ala per puntare al titolo MX2 è veramente fuori dal comune.

 

Sulla moto è capace di numeri che in pochi sono in grado di replicare (le mie due foto più delle della scorsa stagione sono proprio le sue, una delle quali commentata a pieni voti dal maestro dello stile David Bailey), ma anche smessi i panni del pilota si distingue per la sua affascinante personalità. Queste premesse, unite al suo esordio vincente di Montevarchi, fanno presagire che anche quest’anno si parlerà a lungo di lui. Reduce dalla brutta caduta al Motocross delle Nazioni, quest’inverno Paulin si è trasferito negli Stati Uniti per allenarsi prendendo anche parte a tre prove del campionato AMA Supercross.

 

«Dopo l’incidente di Franciacorta sono stato operato ad un dito della mano – spiega il transalpino - poi ho preso un po’ di riposo perché mi ero fatto male anche alla schiena, alle costole e un po’ alla testa. Verso il 15 novembre sono salito in sella ad una Yamaha 250 di serie giusto per vedere come mi sentivo ed è andato tutto bene, per cui ho deciso di andare in America per allenarmi dal 6 dicembre fino al primo febbraio. Purtroppo quando sono arrivato pioveva sempre e quindi ho girato un po’ sulla sabbia del deserto, iniziando sulle piste Supercross con un paio di settimane ritardo a causa del fango. Nel frattempo ho lavorato tanto fisicamente, in palestra, correndo a piedi, in bicicletta, lavorando anche sulla tecnica in moto e anche sull’alimentazione perché prima mangiavo un po’ di tutto mentre con David Vuillemin che quest’anno mi segue nella preparazione atletica abbiamo messo a punto un piano per perdere un po’ di peso e diventare più leggero per la 250.

 

La prima gara è arrivata in fretta, il 9 gennaio ad Anaheim, ma mentalmente mi sentivo a posto perché il supercross mi piace e anche se in finale sono caduto con Canard quando ero 3° è andata bene lo stesso considerando che avevo una moto di serie e nessuna informazione su come metterla a punto per questo tipo di piste. La gara dopo, a Phoenix, ho fatto una buona partenza ma un primo giro veramente brutto perché non avevo esperienza e poi un’altra caduta rimanendo fuori dai primi dieci. Nell’ultima gara a cui ho preso parte, Anaheim III, ho fatto vedere di essere veloce perché ho fatto una bella rimonta su Hansen finendo 6°. Adesso ho un po’ più di esperienza, e so che se un giorno voglio fare qualche buon risultato devo trasferirmi prima e lavorare un po’ di più, anche sulla moto. Ho preferito non fare la quarta prova per concentrarmi sul motocross, quindi sono ritornato in Europa e ho lavorato ancora fisicamente tanto come non avevo mai fatto in vita mia. Ora stiamo lavorando su motore e sospensioni, perché per me è tutto nuovo».

 

Eri già stato negli Stati Uniti?

«Si, quando avevo 11 anni, ma in Texas disputare il Mondiale BMX. Andavo molto forte, ma in semifinale un pilota mi ha centrato e sono caduto perdendo la possibilità di riconfermarmi campione del mondo. C’ero stato anche l’anno scorso per tre settimane con Bud Racing Kawasaki per allenarmi con una moto di serie. Quest’anno non è stato facile convincere Rinaldi a lasciarmi andare, poi però Michele ha capito che quello era il mio obiettivo, che andavo la per lavorare professionalmente e quindi mi ha dato il permesso».
 

Gautier con Rinaldi
Gautier con Rinaldi


Ti sei divertito?

«Proprio divertito no, perché la mattina partivo sempre molto presto per andare ad allenarmi e la sera ero sempre stanco, oltre al fatto che ero a dieta e la non è facile non mangiare porcherie. In più non avendo ancora 21 anni in America non si può fare niente, neanche ordinare una semplice birra».

 

Ti è piaciuto l’ambiente del supercross?

«Sì, anche se non l’ho vissuto molto visto che su tre gare in due abitando vicino sono partito da casa giusto in tempo per arrivare in tarda mattinata al giro di pista. In ogni modo per me il giorno di gara è il più facile della settimana perché stai poco sulla moto, per cui per chi è abituato ai due giorni pieni di un GP questa è difficile prenderla come una gara”.

 

Ma è più bello il supercross o i Gran Premi?

“Lo sono entrambi, perché mi piace il supercross ma anche il Mondiale. Quando vedi una gara come il Nazioni, non puoi che esserne affascinato con tutte quelle persone che fanno il tifo, i tuoi connazionali che ti incitano. Così come negli stadi del football gli applausi del pubblico che rimbombano nell’arena sono molto eccitanti».

 

L’ultima domanda è tecnica: che differenze hai trovato tra la tua Kawasaki della scorsa stagione e la tua attuale Yamaha?

«Mi piace tanto il telaio della Yamaha, è più facile curvare e ha più stabilità. La KX è più difficile da guidare in curva perché è più come una quattro e mezzo. Comunque tutte le moto del mondiale vanno forte, quello che per me conta molto è il team. Sono stato in diversi team come Molson o Bud Racing, ma al Team Yamaha Rinaldi fanno un lavoro molto preciso e professionale facendomi sentire allo stesso tempo come in una famiglia. Non ho mai visto un team così, ed è facile lavorare con loro perché vogliono fare continuamente dei test per dare ai piloti il meglio possibile. Sono molto contento di collaborare con tutta la squadra di Michele, prima volevo andare in America al 200%, ma ora che lavoro con loro sono contento di restare in Europa».

 


Massimo Zanzani

 

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