Dakar 2015. Riposo per le moto. Coma prepara l’attacco.

Dakar 2015. Riposo per le moto. Coma prepara l’attacco.
Piero Batini
  • di Piero Batini
Giornata senza risultato per le moto. Riposo. Marc Coma prepara il piano d’attacco di un difficile avversario, Botturi riceve amici e continua a salire in classifica generale, a tavolino|P.Batini
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
11 gennaio 2015

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Iquique, 10 Gennaio 2015. La solita storia della giornata di riposo che… non è di riposo, è solo diversamente riposante. La gara delle moto arriva al giro di boa e si ferma un giorno. Come da programma, non certo perché i piloti si siano ribellati o perché abbiano deciso di passare un giorno di più nella spianata a lievitazione di polvere e senza una cannuccia a fare ombra. È il giorno che non si corre, che si rimette a posto tutto, dalla moto all’abbigliamento, che si cerca di ritrovare quello che si è perso, compreso il sonno, o che è finito chissà dove. Non si corre, non tutti. Qualcuno deve ancora arrivare al bivacco e concludere la tappa del giorno precedente, qualcun altro, come Alessandro Botturi, corre e supera avversari… a tavolino. Hanno “pescato” Viladoms e Israel con un passaggio di waypoint in meno, ovviamente li hanno penalizzati, e naturalmente Botturi li ha sorpassati. Adesso è 11° nella generale. Tutto questo alla guida del suo furgone per traghettare amici avanti e indietro al bivacco.

Alle moto pensano i meccanici. Le rimettono a nuovo passandole al pettine fitto. Niente motore nuovo. Il primo va benissimo. In definitiva è una tendenza adottata da un numero crescente di piloti e di team.

Marc Coma è rimasto quasi tutto il giorno chiuso nel motorhome o nelle vicinanze, a lavorare sul road book e su altre cose, tra le quali sicuramente la stesura del piano d’attacco, a farsi rompere le scatole dai giornalisti e, naturalmente, anche da noi che siamo ormai una spina nel fianco. Vorremmo chiedergli, come fanno tutti quelli della fila, se teme la tappa marathon, non per… non avere risposta ma per vedere se si innervosisce, poi banalizziamo ulteriormente pretendendo un bilancio della prima settimana di gara.

Penso che poteva andare peggio, ma bene non è andata di sicuro, o sbaglio?

«Ci sono sempre due visioni possibili. Uno vuol stare sempre in testa e fare tutto bene, e non è andata male. Ma il problema è che il secondo giorno abbiamo perso un po’ di tempo causa del problema alla bib mousse. La seconda visione è che che con quel problema era facile perdere quranta minuti, e invece ne abbiamo persi solo 10-12. È così, ma non è cosa di cui lamentarsi, perché alla fine se chiediamo a tutti i piloti tutti hanno la loro storia e i loro problemi, e quindi bisognaguardare avanti e non indietro»

Ma tu pensi prima a questo genere d’imprevisti, o ti fai sorprendere e ti arrabbi quando capitano cose del genere?

«Quando una cosa non va come uno se l’aspetta non si è contenti, questo è normale. Ma alla fine siamo qui da tanti anni e questo non si cambia. Ci sono cose buone e cose che non lo sono tanto»

Mi pare che tra gli… imprevisti ci sia anche un Barreda che dimostra intelligenza…

«Sì, ma non si poteva continuare a considerarlo un imprevisto, e adesso per lui gestire dieci minuti di vantaggio, con il suo potenziale, non dovrebbe essere così difficile. Noi proveremo a rendergli difficile l’operazione, ma non è una cosa scontata»

Sei disposto quindi ad attaccare a oltranza, e quindi a prendere anche dei rischi, o manterrai la tua tattica abituale?

«Intanto uno degli obiettivi è sempre quello di arrivare alla tappa di riposo. Con il fatto deprecabile che abbiamo subito gli ultimi tre giorni ho alzato il ritmo costantemente, ma sempre aprendo la pista. E lui è stato come la mia ombra, quindi non è la velocità ad oltranza che si vincerà. Ma ci proviamo, ad alzare il ritmo, a forzare»

E la caduta dovuta ad una errata descrizione di un pericolo genera qualche apprensione nel contesto di dover tenere un ritmo più alto? Meno fiducia nel road book?

«Il road book è fatto bene, è preciso, e per la navigazione fino ad adesso è stato buono. Il problema è qualche pericolo descritto con una scala sbagliata. È come se chi ha fatto il road book fosse un buon navigatore ma non uno che valuta correttamente la velocità a cui noi possiamo andare, e diventa ottimista nell’attribuire il valore al pericolo. Poteva essere molto peggio, ma per fortuna non è successo niente, io sto bene, la moto non si è rotta, e quindi l’episodio della caduta è ora solo un aneddoto»

Dakar dura, ma in modo diverso. Più caldo all’inizio, tanto fesh-fesh nella seconda parte. Te l’aspettavi diversa?

«No, per la verità me l’aspettavo più o meno come è. Sappiamo che a San Juan o piove o è caldissimo, è stato caldissimo, e sappiamo che qui al Nord c’è sempre tanto fesh-fesh. Direi che avevo un’idea del percorso che attiene a come è stato»

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