Campioni del Mondo, Rally Raid. Matthias Walkner

Campioni del Mondo, Rally Raid. Matthias Walkner
Piero Batini
  • di Piero Batini
Vincendo il OiLibya Rally del Marocco, il pilota austriaco raccoglie l’eredità di Marc Coma e diventa Campione del mondo 2015. Adesso lo aspetta la verifica della Dakar. Secondo il pilota austriaco, da prendere con la massima circospezione
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
2 novembre 2015

Neanche trent’anni, di Salisburgo, Matthias Walkner è universalmente conosciuto quando, nel 2012 diventa campione del Mondo MX3. Giunto a un bivio della sua carriera, Matthias decide di seguire i consigli di Heinz Kinigadner, il suo mentore, e di impiegarsi a tempo pieno nei Rally Raid. Lo scorso anno debutta al Rally del Marocco, e quest’anno alla Dakar conquistando la vittoria nella terza tappa. Terzo nella generale a metà gara, il giovane pilota-rivelazione è costretto al ritiro durante la decima tappa. L’Ufficiale Red Bull KTM Factory Team vince il suo primo Rally di Campionato del Mondo in Sardegna, e diventa campione del Mondo al termine del Rally del Marocco, succedendo a Marc Coma che nel frattempo si è ritirato dalle competizioni per diventare Direttore Sportivo della Dakar.

Complimenti Matthias. Ricordi? Solo un anno fa debuttavi nel Campionato del mondo proprio al Rally del Marocco. Un anno è passato, e oggi il Campione del mondo sei tu. Ne hai fatta di strada, in così poco tempo!

«Grazie per i complimenti! È veramente strano anche per me notare come le cose siano successe così velocemente. All’inizio della stagione volevo solo allenarmi, imparare e migliorare poco a poco, e così è stato fino a un certo punto. Poi, in Sardegna, è accaduto qualcosa che mi ha fatto sentire le cose in modo diverso. Ho vinto il Sardegna Rally Race, la mia prima vittoria nel Campionato del mondo, e a quel punto ho avvertito che la motivazione iniziava a spingere in modo davvero forte. È stato un trampolino. Ho cercato di capire cosa potevo fare e mi son reso conto che potevo avere la carte per riuscire. Ci dovevo provare. In Sardegna mi sono sentito bene con la navigazione, per esempio, e dopo in Cile, all’Atacama Rally, ho sentito un grande senso di fiducia nei miei mezzi. Sono stati i due Rally che mi hanno fatto fare il salto di qualità dandomi completa fiducia e la freddezza necessaria per affrontare i Rally nel modo giusto».

In Marocco la situazione era delicata. Tu contro Quintanilla, due piloti della stessa “epoca” e della stessa squadra.

«Sì, è stata un‘altra bella battaglia, ma molto piacevole e senza alcun “odio”. Contro Pablo Quintanilla. Lui non ha commesso nessun errore, e io ho cercato di fare altrettanto. Abbiamo corso giorno dopo giorno praticamente affiancati. Alla fine è stato bello, perché abbiamo combattuto ma siamo buoni amici, e ognuno, fino all’ultimo giorno, era felice per le fortune dell’altro. Non così l’ultimo giorno. Lui è caduto e, dico la verità, mi è dispiaciuto molto».

Anche questa deve essere stata una strana novità. Lottare gomito a gomito con un compagno di squadra e contro un amico. Non è vero?

«Questo è vero, ma è vero anche che proprio in un caso così delicato come quello ho imparato a gestire la pressione. E ho scoperto di non averne, di non sentirla. Anche questo dipende forse dal fatto che tutto è arrivato così in fretta. Se fossi arrivato tra i primi cinque nel Mondiale sarei stato già felicissimo. Il fatto che sia finita così, e che io abbia vinto il Campionato del mondo, è stato un po’ una sorpresa. L’ultimo giorno in Marocco, per esempio, correvo pensando che Quintanilla sarebbe diventato campione ed ero felice lo stesso, per lui. Ho spinto in ogni caso al massimo, ed è finita così, nel modo che mi rende ancora più felice. Mi è servito per imparare ancora, anche a come essere felice. Contento quando gli altri piloti sono più veloci, contento quando il più rapido sono io. Tutto diventa più facile quando si ha una grande passione per quello che si fa».

Dunque hai corso un’intera stagione sorprendendo te stesso. Adesso credo che sia arrivato il momento di sorprendere tutti gli altri, e di pensare alla Dakar?

«Questo è un caso nel quale bisogna pensare, agire e procedere per gradi. Per prima cosa pensare, cioè, a finire la Dakar. Poi, forse, iniziare a pensare a conquistare un podio, e solo per ultima cosa, man mano che le cose vanno avanti senza intoppi e una volta conquistato il podio, allora si può iniziare a parlare di vittoria. Quindi, teoricamente, ho bisogno di tre anni ancora per essere autorizzato a parlare di vincere la Dakar! Penso di aver già sorpreso abbastanza quest’anno, e di aver mostrato di essere costante nel rendimento, abbastanza veloce, e buono nella navigazione. Ma la Dakar è una corsa a se, così lunga, così difficile. La cosa più sensata che si possa dire al riguardo, quindi, è che va affrontata… cercando di fare del proprio meglio».

Chi ti ha portato ai Rally Raid?

«È stato Heinz Kinigadner. Dopo il Motocross, un giorno gli ho chiesto, vista la mia situazione, quale fosse secondo lui la cosa migliore per il mio futuro. Heinz è un grandissimo appassionato di Rally Raid, oggi KTM ha vinto così tanto ma tutto è iniziato grazie a Kinigadner, e mi ha consigliato di provare in questa direzione. Aveva ragione, ho provato e mi sono immediatamente appassionato anch’io. Sono lunghe, dure, stressanti giornate in sella alla moto, ma si vedono e si sentono così tante belle cose. Penso oggi che il Rally mi piaccia davvero tanto, più di ogni altro Sport dei motori, e più ancora del Motocross che pure mi ha dato tantissimo. Non avrei mai immaginato che mi sarebbe piaciuto così tanto. Velocità, resistenza, navigazione, strategia e tattica. È un insieme di sensazioni veramente grande».

Vincendo il Campionato del Mondo, succedi a uno dei più grandi Campioni di tutti i tempi, Marc Coma. Cosa pensi di questo fatto, e di lui?

«Marc è un’altra storia. Un capitolo della storia che sta su un altro piano. Non credo che possa arrivare tanto presto un altro pilota così forte, e rappresentativo della disciplina dei Rally Raid, come lo è stato Marc. Coma è stato fortissimo per tanti anni, e non ha mai fatto grandi errori. Quando per la prima volta mi è capitato di vederlo allenarsi su una pista di motocross, ho pensato che non era poi questo “mostro”, che era, ok, un Rally Man. Ma quando poi l’ho visto correre insieme a me in Marocco lo scorso anno, per me era la prima volta, immediatamente mi sono chiesto come era possibile che un Pilota potesse essere così veloce, così forte e sicuro. Mi sono tolto il cappello… il casco in segno di rispetto. Quello che mi aveva fatto vedere, e capire, era impressionante!»

Foto: RallyZone Bauer/Barni

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