Dainese Archivio: passato, presente e futuro della sicurezza

Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
Il gruppo vicentino inaugura la struttura che ripercorre un viaggio lungo 46 anni. Tutto il passato, ma anche il futuro della protezione. Con l’aiuto dell’aria e di tanti compagni di viaggio
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
11 giugno 2018

Non chiamatelo Museo. I musei congelano la storia, raccontano il passato, cristallizzano per la posterità l’accaduto attraverso reperti, opere, testimonianze. Non è (solo) questo il senso di DAR, Dainese ARchivio, la meravigliosa struttura inaugurata da Lino Dainese in persona.

Già diversi anni fa, durante una visita allo stabilimento di Molvena, il sottoscritto si è trovato ad entrare in un enorme magazzino in compagnia di Vittorio Cafaggi, all’epoca – di fatto – il numero due di Dainese. Lì campeggiavano, appese e in bella mostra, una serie sconfinata di tute di pelle – dalla prima, indossata da Dieter Braun, fino alle più recenti di Rossi, Hayden e Lorenzo, all’epoca ancora pilota Dainese.

Ancora a bocca aperta, commentai come fosse un peccato tenere chiuso un tale patrimonio in un magazzino. Cafaggi mi corresse subito: non si trattava di un magazzino, ma di un archivio. Un posto da visitare e consultare, da cui trarre esperienza e ispirazione per migliorare continuamente le tute di pelle che proteggono piloti e normali motociclisti nelle gare e nella vita di tutti i giorni.

Il corridoio d'ingresso del Dainese Archivio
Il corridoio d'ingresso del Dainese Archivio

Potrà sembrare una distinzione quasi capziosa, tanto per nobilitare a scopi di marketing qualcosa di molto più prosaico, ma vi assicuriamo che non è così. Perché la distinzione potrà essere sottile, ma è decisamente significativa e veritiera, dato che quelle tute, oggi rese visibili a tutti, vengono osservate e analizzate spesso e volentieri così come si fa – appunto – con i documenti in un archivio. Per capire, ricordare e progredire. Ma andiamo con ordine.

L’inizio del viaggio

Abbiamo il privilegio di visitare in anteprima sull’apertura al pubblico la nuova struttura del DAR. Non bastasse, la visitiamo con una guida d’eccezione, ovvero niente meno che Lino Dainese. Che oggi non è più alla guida di Dainese (si è fatto da parte nel 2014, con la cessione della proprietà a Investcorp, un po’ per dedicarsi al progetto D-Lab, e un po’, come dice lui stesso, per evitare di diventare un limite allo sviluppo dell’azienda), ma che l’ha creata e l’ha portata dov’è ora per 42 anni. E i risultati recenti, raccontatici dall’amministratore delegato Cristiano Silei in conferenza stampa, confermano la bontà della scelta, se è vero, com’è vero, che la crescita prosegue e che Dainese ha assunto nell’ultimo anno ben 150 persone di cui circa 100 in Italia.

Ma torniamo al DAR. Che inizia dall’inizio, ovvero da un viaggio compiuto da Lino - in Vespa - con un paio di amici in giro per l’Europa. Un viaggio che ha costituito l’ispirazione da cui sono nate Dainese e la sua mission, ovvero la vestizione e la protezione dei motociclisti.

Si inizia appunto da quel viaggio, ma si entra subito nel vivo. Con la Vespa di Lino, ma anche le moto da corsa di Giacomo Agostini e Valentino Rossi, i due simboli di Dainese. Con i primi paraschiena, ma soprattutto con l’impressionante Foresta delle tute, dove ne campeggiano 500, prelevate da quel capannone citato in apertura, davanti a cui ogni appassionato può ripercorrere come in una macchina del tempo i suoi ricordi legati a quaranta e passa anni di corse. E vedere, ma anche toccare con mano quanto sia cambiato il livello di protezione offerto da una tuta di pelle.

Lino Dainese nella "foresta delle tute"
Lino Dainese nella "foresta delle tute"

Non finisce qui, perché naturalmente le tute sono solo una parte, per quanto importante, dell’opera Dainese. Ci sono i caschi, con tutta la strada compiuta da AGV dall’acquisizione del gruppo vicentino fino agli ultimi esemplari creati secondo la filosofia degli Extreme Standards, i paraschiena, o componenti solo apparentemente più banali come le “saponette”, gli slider inventati da Dainese ed evoluti anch’essi con il passare degli anni.

Ci sono due belle sezioni dedicata agli anni eroici della Dakar (i cui temi potrebbero tornare a breve…) e al Tourist Trophy, dove Dainese ha saputo proteggere Guy Martin nel suo terribile incidente a Ballagarey del 2010, e una lungimirante area dedicata alle scuole. Una zona pensata per accogliere scolaresche in visita, per spiegare loro in cosa consista l’opera di Dainese e per trasmettergli un po’ di quella passione per la moto che sembra latitare fra i più giovani, ma che invece, ne siamo sicuri, è solamente sopita.

Presente e futuro

Come dicevamo, però, non siamo in un museo, ma in un archivio. E allora ecco gli equipaggiamenti degli sciatori – fra cui Sofia Goggia, recente medaglia d'oro nello sci alle Olimpiadi – e altri atleti Dainese nelle discipline non legate alle moto, e finalmente il capitolo più importante della storia Dainese. Quello legato all’aria.

Le sacche airbag nelle diverse applicazioni del D-Air
Le sacche airbag nelle diverse applicazioni del D-Air

Il capitolo D-Air è esaminato nel dettaglio, con uno spaccato delle sacche utilizzate nelle varie discipline (Dainese non usa airbag di derivazione automotive, ma ha sviluppato in proprio tecnologie e brevetti anche legati ai sacchi per poterli modellare secondo le forme più adatte all’anatomia umana e ai diversi sport), diverse – divertenti – esperienze interattive, e un bello sguardo al futuro, con le esperienze nell’uso spaziale (che vi avevamo in parte già raccontato nella prima e nella seconda parte del nostro viaggio all’interno di Dainese qualche anno fa) che hanno consentito di maturare conoscenze che vengono e verranno applicate nella produzione di serie.

Che continuerà a proteggere i motociclisti e gli sportivi, ma che arriverà, nelle intenzioni di Lino Dainese, a proteggere l’uomo in senso molto più ampio, dalle attività lavorative più pericolose fino alla vita quotidiana.

I compagni di viaggio

Ma se i 46 anni della storia Dainese sono stati un lungo viaggio, non si è certo trattato di un viaggio compiuto in solitaria. Ed è particolarmente significativa la locuzione utilizzata da Dainese per parlare dei piloti, degli atleti che hanno fatto la storia della Casa vicentina: non partner ma, appunto, compagni di viaggio.

Non poteva mancare all’inaugurazione Giacomo Agostini, che ha contribuito a scrivere l’inizio della storia dell’azienda vicentina (e che, con la saggezza di chi ha vissuto gli anni più pericolosi del motociclismo, ha commentato come l’airbag avrebbe potuto salvare tanti amici) mentre non ci aspettavamo davvero che intervenisse Valentino Rossi, che con Dainese ha corso tutta la sua carriera. Anche – ci tiene a sottolinearlo – quando ancora era un giovane pilotino di belle speranze, perché già allora “la Dainese” era un punto d’arrivo.

Lino Dainese con Valentino Rossi
Lino Dainese con Valentino Rossi

Al contrario, Dainese non ha ancora trovato il suo punto d’arrivo, ma continua a procedere spedito nella sua missione di proteggerci. Una visita al DAR (che aprirà al pubblico a fine mese, inizialmente solo nelle giornate di venerdì e sabato) può aiutare a far capire quanto abbiano fatto i ragazzi di Vicenza, ma soprattutto – è un archivio, non un museo – quanto abbiano ancora intenzione di fare.

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