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Lo stabilimento della Schuberth GmbH ha sede a Magdeburgo, capoluogo della Sassonia-Anhalt, sulle sponde del fiume Elba. La Casa tedesca si occupa della sicurezza del capo fin dal remoto 1922. Sicurezza inizialmente rivolta principalmente all’ambiente del lavoro, naturalmente: la cosiddetta “sicurezza occupazionale”, della quale da oltre mezzo secolo beneficiano i pompieri, chi lavora nei cantieri o comunque nell’industria, le stesse forze dell’ordine e molti corpi militari in tutto il mondo. Per tutti loro viene realizzato il 70% dell’1,3 milioni di copricapo protettivi prodotti a Magdeburgo. Fin dal 1956 le Forze Armate Tedesche Federali si appoggiano a Schuberth, e dal 1992 adottano gli elmetti da combattimento standard progettati e sviluppati esclusivamente dal marchio tedesco, idem per i paracadutisti. E le forze speciali militari e della Polizia sono dotati di elemetti antiproiettile Made in Germany.
Fu nel 1954 che Schuberth iniziò a riversare il suo già allora notevole know-how tecnologico anche nelle progettazione e fabbricazione dei caschi da motociclista, che attualmente portano nelle casse dell’azienda tedesca un buon 50% del fatturato globale. Mancherebbero all’appello quelli per il ciclismo e per lo sci, ma non è affatto escluso che si inizi a lavorare anche in questi due settori, presumibilmente nella nuova sede statunitense, con annesso reparto di ricerca e sviluppo. La Casa tedesca in effetti sta iniziando ad espandersi a livello mondiale, con l’obiettivo di focalizzarsi al massimo sul mercato globale con nuove strategie e prodotti. E il settore che ha incrementato maggiormente le sue quote di mercato è stato proprio quello motociclistico, e in questa voce comprendiamo ovviamente anche la produzione dei caschi per BMW.
L’82% della produzione di caschi da moto Schuberth attualmente viene assorbita dal mercato tedesco, ma quello italiano è cresciuto dal 5 al 15%. Giusto per citare qualche numero, dei famosi modelli apribili C2 e C3 (quest’ultimo realizzato anche in versione personalizzata per Ducati) in soli 5 anni ne sono stati venduti più di un milione di pezzi! E tutti i 2000 esemplari dello speciale C3 Carbon (peso 1.450 grammi), si sono praticamente volatilizzati in brevissimo tempo.
Da notare che la calotta del casco Schuberth RF1 da F1 è realizzata da ben 16 strati di fibra di carbonio T1000 (18, sul casco di Massa) ed è spessa 5 mm, mentre la visiera, antiproiettile, è da 4 mm. Le esigenze dei piloti di auto, infatti, sono molto differenti rispetto alle nostre: è importante soprattutto proteggere la testa del pilota dalla penetrazione in particolare anteriormente, mentre il casco da moto ha il compito di assorbire gli urti da tutti i lati, e deve avere una struttura più elastica.
Ma se la massima espressione dell’automobilismo sportivo ha comprensibilmente ridottissimi ritorni commerciali per il costruttore tedesco – che per contro non spende un solo euro per equipaggiare i piloti - è anche vero che il fattore immagine, ma soprattutto la ricerca della massima sicurezza possibile richiesta dai piloti automobilistici, possono portare benefici anche al nostro settore.
Altra caratteristica dei caschi tedeschi consiste nel sistema di ritenzione denominato AROS (Anti Roll Off System): il cinturino di ritenzione infatti si sdoppia a “V” all’interno della calotta, andando così a fissarsi sia sulle pareti laterali del casco sia dietro, sulla nuca, il che evita la rotazione in avanti del casco stesso.
Tutte le visiere invece sono dotate di un labbro superiore (“turbolated”) che aiuta a sua volta ridurre il rumore aerodinamico.
Chiaramente i controlli qualitativi sui materiali ed i test sui prodotti finiti sono severissimi. In termine di assorbimento dell’impatto, i tecnici tedeschi ritengono che per i caschi motociclistici il materiale migliore sia sempre la fibra di vetro, magari rinforzata con quella di carbonio, ma solo superficialmente.
Dall’esterno Schuberth acquista solo il polistirolo e le visiere. Queste ultime vengono realizzate in Europa da tre sole aziende, mentre “l’unico costruttore di caschi a fabbricarsele in proprio è la Nolan, visti i suoi elevati numeri di produzione”, ci è stato raccontato.
Senza tuttavia rinnegare la tradizione tipicamente nord-europea di proporre calotte in sgargianti (quindi meglio visibili) tinte fluo, in particolare gialle e arancio: una tendenza che, in effetti, sta iniziando a contagiare anche altri produttori.
Grafiche più convincenti, insomma, che vanno ad affiancare le monocolore a partire dallo stesso SR1, ma anche dal C3, tra l’altro disponibile anche in versione Lady, ergonomicamente studiato per il volto femminile e con interni chiari.
Chiudiamo rammentando che Schuberth, tra le sue svariate innovazioni – primo flip-up, primo parasole interno - annovera anche il J1, ovvero il primo casco jet in assoluto dotato di protezione rimovibile per il mento, costituita da un semicerchio di sezione tonda in resina. Ma ha anche creato l’intelligente sistema di comunicazione SRC-System, astutamente alloggiabile al posto della “mezzaluna” morbida (asportabile) situata posteriormente, lungo il bordo inferiore delle calotte di J1 e C3.
Interessante anche lo Schuberth Mobility Program, in base al quale un possessore di casco Schuberth danneggiato in seguito ad un incidente può riceverne uno nuovo pagando solo un terzo del prezzo di listino consigliato al pubblico.