L'intervista a Jeremy Burgess

L'intervista a Jeremy Burgess
Giovanni Zamagni
Il capo tecnico australiano è un personaggio carismatico, per certi versi unico, capace di affrontare qualsiasi problema con grande pacatezza e adesso, a 57 anni, si appresta a seguire Rossi alla Ducati | G. Zamagni, Sepang
8 ottobre 2010

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SEPANG – Ha vinto 13 titoli mondiali – 7 con Valentino Rossi, 5 con Mick Doohan, 1 con Wayne Gardner e centinaia di GP, tutti nella massima cilindrata. Ha lavorato con Honda e Yamaha e adesso, a 57 anni, Jeremy Burgess si appresta a seguire Rossi alla Ducati.

«Una nuova sfida» commenta con la solita calma, unico a rimanere sempre tranquillo in un mondo frenetico, che viaggia solo al limitatore e anche oltre. Il capo tecnico australiano è un personaggio carismatico, per certi versi unico, capace di affrontare qualsiasi problema con grande pacatezza. Quando Valentino gli ha chiesto se l’avesse seguito anche a Borgo Panigale, Burgess ha chiesto un po’ di tempo per pensarci, «Perché rispetto al 2004, quando lasciò la Honda per la Yamaha – ha spiegato Rossi – questa è una scelta di vita: capisco che non la può fare dall’oggi al domani». Ma, in cuor suo, Jeremy aveva già deciso: «Uno così ti capita una sola volta nella vita: non puoi fartelo scappare» ha ripetuto spesso in passato.

Così, anche se ancora non è ufficiale, è ormai certo quello che si sapeva da tempo: Burgess e i suoi ragazzi l’anno prossimo saranno vestiti di rosso.

«Non ho mai lavorato per una Casa italiana – racconta Burgess -, ma non credo che sia molto differente da una giapponese. La Ducati ha grande esperienza di corse, sa come si opera e quest’anno la moto è cresciuta molto, come confermano le buone prestazioni di Hayden».

Rispetto al 2004, i giorni di test a disposizione saranno molti meno, ma Burgess, come al solito, non sembra troppo preoccupato.
«Nel 2004 la Yamaha era nettamente inferiore alla Honda e c’era bisogno di provare molto. Adesso la situazione è differente, perché, come ho detto, la Ducati è una buona moto. Non so quanto possano essere reattivi a Borgo Panigale, ma credo che per Valentino non sarà un grosso problema far capire le sue esigenze».

Jeremy sottolinea quali sono i meriti del suo pilota.
«Valentino è bravissimo a instaurare un rapporto diretto con il massimo responsabile di una casa. In Yamaha lo ha fatto con Masao Furusawa, in Ducati lo sta già facendo con Filippo Preziosi. Questo è molto importante, perché se parli direttamente con chi ha realizzato il progetto, i problemi si risolvono molto più velocemente. Sono sicuro che Valentino avrà un contatto quotidiano con Preziosi. L’altra grande capacità di Rossi è quella di individuare immediatamente la strada da seguire: quando lui dice una cosa, è quella».

Il capo tecnico australiano si augura però che Valentino decida di farsi operare prima della fine della stagione alla spalla destra, infortunata il 15 aprile con la moto da cross.
«Credo che per recuperare ci vogliano tre o quattro mesi. Questo, naturalmente, è solo il mio punto di vista, ma ritengo fondamentale arrivare al meglio della condizione all’inizio della prossima stagione. Vale soffre, non è in forma, dobbiamo adattare la messa a punto della moto per farlo guidare con maggiore facilità: ci sono piste, come a Motegi, dove può essere competitivo, altre, come ad Aragon, che non riesce proprio a guidare. Lui è un combattente, gli piace correre, ma non credo che per uno come lui fare quarto o quinto in campionato cambi qualcosa.

Sono curioso di vedere come andrà qui in Malesia, dove quest’inverno era andato fortissimo,
ma sono un po’ preoccupato per il primo curvone di Phillip Island (Australia, nda), dove devi piegare a oltre 300 km/h: se non sei a posto fisicamente può essere un problema. Ecco perché dico che deve anticipare l’operazione prima della fine del campionato: è vero che così perderebbe sicuramente il test a Valencia con la Ducati (per il quale, peraltro, non ha ancora avuto il via libera dalla Yamaha, nda), ma provare una moto nuova se non sei al 100% non ha grande importanza».