Dietro le quinte della MotoGP: Frine Velilla

Dietro le quinte della MotoGP: Frine Velilla
Giovanni Zamagni
Sa tutto quello che succede in sala stampa, parla perfettamente cinque lingue ed è un punto di riferimento per ogni giornalista, perché se c’è un problema Frine Velilla fa di tutto per risolverlo | G. Zamagni
16 agosto 2013

Punti chiave

 Sa tutto quello che succede in sala stampa, parla perfettamente cinque lingue ed è un punto di riferimento per ogni giornalista, perché se c’è un problema Frine Velilla fa di tutto per risolverlo. Ha modi gentili, ma, quando serve, sa anche essere autoritaria, senza però essere mai scortese. Insomma, è un piacere lavorare con lei. Ma non chiedetele un pass: la risposta sarà sicuramente: “No”.


Nome e cognome?
“Frine Velilla”


Nata dove e quando?
“Barcellona, 15 luglio 1976”


Quante lingue parli?
“Spagnolo, catalano, italiano, inglese, francese e un po’ di tedesco”.


Che scuola hai fatto?
“Ho fatto una scuola di traduzioni a Barcellona”.


Come sei arrivata al motomondiale?
“Come traduttrice. Prima ho lavorato nei rally, in F.1, poi in qualche gara di MotoGP per il circuito di Catalunya (Montmelò, NDA), quindi ho dato il mio curriculum alla Dorna e mi hanno presa, quasi nove anni fa”.


Sei appassionata di motori?
“Mi piace l’ambiente, la gente, ma i motori non tanto, anche se, di fatto, ho sempre lavorato in questo settore: quando ho iniziato avevano bisogno di una interprete e così sono entrata nell’ambiente”.


Adesso qual è il tuo ruolo?
“Sono responsabile della sala stampa in tutti i circuiti del motomondiale, sono responsabile di tutti gli accrediti della stampa nazionale e internazionale, quindi di tutti i giornalisti della MotoGP, che facciano tutto il campionato o una gara sola. Tutti devono fare una richiesta di accredito, che io supervisiono: poi decido se quel giornalista ha le giuste credenziali”.


Prova a raccontare come si svolge la tua giornata in un GP.
“Mi occupo di distribuire i risultati, la rassegna stampa, controllo che tutti i giornalisti abbiano quello che gli serve: che funzionino il collegamento internet, e tutto l’indispensabile per il lavoro. Arrivo in circuito il mercoledì mattina e riparto il lunedì”.


Sono dei bei rompiballe i giornalisti…
(ride) “No comment! No dai, diciamo che è comunque una bella sfida risolvere tutti i problemi”.


Quanti sono i giornalisti accreditati?
“120 giornalisti permanenti, compresi anche i fotografi”.


Qual è la parte più bella del tuo lavoro?
“Ogni giorno è differente dal precedente e dal successivo”.


E la parte brutta?
“Quando qualcuno non rispetta le regole e devo fare un po’ la “cattiva”. Naturalmente è anche bruttissimo quando cade un pilota e si fa male”.


Da quanto tempo fai questo lavoro?
“Da nove anni lavoro per Dorna, mentre è la quarta stagione che ricopro questo ruolo”.


E’ un lavoro che consiglieresti a una tua amica?
“Sì, sicuramente! Le mie amiche invidiano molto quello che faccio, perché viaggio, vedo posti bellissimi”.


Riesci a vederli o sei sempre chiusa in sala stampa?
“Ci riesco! A volte devo svegliarmi molto presto al mattino per fare una passeggiata, vedere delle cose, ma ci riesco. Chi non viaggia mai, non ha la possibilità di vedere tutto quello che vedo io”.


Quando non sei ai GP cosa fai?
“Vado in ufficio, preparo la stagione, supervisione accrediti e richieste, preparo il GP successivo”.


Quali sono i problemi più curiosi da gestire?
“A volte si rompono dei pezzi stranissimi dei computer e chiedono a me un aiuto… Oppure chiedono a me quando vengono perse le valige: cose così. Fa un po’ strano, ma a me piace essere coinvolta sia nelle cose positive sia in quelle negative”.


Con i piloti che rapporto hai?
“Buono. Purtroppo li vedo anche quando sono in Clinica Mobile o al Centro Medico dopo una caduta e questo è brutto, ma in generale si trascorrono momenti belli, come in conferenza stampa, che sono io a curare”.


Sono “disciplinati”?
“Sì”.


Più dei giornalisti?
(ride) “Diciamo di sì. Molti piloti hanno “paura” della conferenza stampa, alcuni hanno vergogna a parlare in inglese: un po’ mi temono, perché io li “obbligo” a sforzarsi a parlare in inglese. Faccio un esempio: quando Iannone quest’anno è passato dalla Moto2 alla MotoGP, gli ho detto che non poteva più parlare in italiano nelle conferenze stampa e il suo team mi ha raccontato che, la prima volta, è stato tutto il giorno nervoso solo per la conferenza stampa… Per me è incredibile: non hanno paura ad andare a 300 km/h in moto, ma hanno una paura terribile di parlare in inglese di fronte a 50 giornalisti”.


E’ facile o difficile lavorare in un ambiente tipicamente maschile come quello della MotoGP?
“No, non è difficile. A volte, però, penso: se io fossi un uomo, i giornalisti sarebbero altrettanto gentili con me? Credo di no…”.


18 GP: quale il più bello e il più brutto dal tuo punto di vista, per il tuo lavoro?
“L’Australia è il mio preferito, quello che mi piace di meno è Barcellona, perché è un casino, c’è tantissima gente, molto caldo, la Dorna, essendo di Barcellona, ha un sacco di ospiti”.


Barcellona è anche il GP con più giornalisti accreditati?
“No: ce ne sono di più in Germania e Rep. Ceca”.


E quello dove ce n’è di meno?
“Qatar. Ma quello dove ce ne sono stati meno in assoluto è stato a Motegi due anni fa, dopo il terribile tsunami dell’inverno: per me quel GP fu molto tranquillo, con solo, o quasi, giornalisti giapponesi…”.


Chi sono i giornalisti che fanno più richieste?
“Italiani”.

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