Dietro le quinte della MotoGP: Christian Dionigi

Dietro le quinte della MotoGP: Christian Dionigi
Giovanni Zamagni
Christian Dionigi, la prima volta in vita sua che ha visto una bicicletta, non c’è montato sopra, come fanno tutti i bambini, ma ha iniziato a smontarla vite per vite, per poi rimontarla in pochi secondi | G. Zamagni
22 agosto 2013

Punti chiave

 Figlio d’arte, la leggenda narra che Christian Dionigi, la prima volta in vita sua che ha visto una bicicletta, non c’è montato sopra, come fanno tutti i bambini, ma ha iniziato a smontarla vite per vite, per poi rimontarla in pochi secondi. Come tutte le leggende del paddock, nessuno sa se sia effettivamente così, ma certamente, oggi, a 38 anni, Christian è in grado di fare e disfare qualsiasi mezzo che abbia un motore, di qualsiasi marca o cilindrata. Oggi lavora in Moto2 nel team di Fausto Gresini, ma in passato Dionigi ha conquistato, come meccanico, il titolo iridato con Valentino Rossi (250, 1999), Marco Melandri (250, 2002), Manuel Poggiali (250, 2003).


Nome e cognome?
“Christian Dionigi”.


Nato dove e quando?
“Pesaro, 14 luglio 1975”


Che scuola hai frequentato?
“Dopo la terza media ho frequentato un corso regionale professionale di meccanica e riparazione”.


Qual è la prima gara di moto che hai visto in vita tua?
“Non me la ricordo. Forse a tre anni, in Jugoslavia a tre anni: mio papà lavorava nelle corse e mi portò con lui”.


La prima che ti ricordi di aver visto?
“Boh, avrò avuto 8-9 anni, a Misano: ho un ricordo vago, credo comunque che fosse una gara di mondiale”.


Come si chiama tuo papà e perché ti portava alle corse di moto?
“Franco Dionigi. Ha lavorato come meccanico alla Morbidelli negli anni Settanta, da Paolo Pileri fino a Graziano Rossi”.


Tu che lavoro fai?
“Il meccanico”.


Come sei arrivato al motomondiale?
“Sicuramente mi ha aiutato il fatto che mio papà faceva il meccanico, ma soprattutto sapevo fare questo lavoro: ho iniziato con il mio babbo nel 1994 al Team Semprucci, con Kazuto Sakata (che poi conquistò il titolo 125, NDA). Facevo l’aiuto meccanico: dovevi dare una mano per le gomme, per la benzina, diciamo senza nessuna responsabilità”.


Poi, come è continuata la tua carriera?
“Fino al 1997 ho lavorato con il mio babbo, nel 1998 ho continuato per conto mio, con Emilio Alzamora in 125 e nel 1999 sono entrato in Aprilia, nel team di Rossano Brazzi e gli altri ragazzi del team con i quali siamo andati avanti fino al 2009. In questi anni ho lavorato con Rossi, Melandri, Poggiali, Corsi (al debutto in 250), Simoncelli (pure lui nella sua prima stagione in 250), Barbera”.


Dicci qualcosa di questi piloti, cominciando da Rossi.
“Lui è un fenomeno. E’ molto sensibile, sa perfettamente quello che vuole, sa che per vincere ha bisogno di un certo tipo di messa a punto e di guidare la moto in una certa maniera: mette in condizione chi lavora per lui di sistemarla al meglio”.


Melandri?
“Marco ha un grande talento, ma rispetto a Valentino è psicologicamente più fragile. Si fa condizionare da eventi esterni o da pensieri suoi, però ha capacità innate”.


Poggiali?
“Con lui abbiamo vinto il titolo al debutto in 250, conquistando anche la prima gara in Giappone partendo dall’ultima fila: anche lui ha un talento straordinario. Purtroppo, però, Manuel attraversava un periodo particolare della sua vita sia per la morte del padre sia per altri motivi che l’hanno portato un po’ fuoristrada: un peccato perché avrebbe potuto fare molto di più”.


Simoncelli?
“Purtroppo con Marco fu una situazione particolare, perché quell’anno Rossano Brazzi (il capotecnico, era stato parecchio male ed era stato costretto a saltare molti GP e venne a mancare una guida, non solo per il pilota, perché Rossano è uno carismatico, coinvolge tutti, sia nel lavoro sia fuori dalla pista. Simoncelli, forse, si era sentito un po’ trascurato”


Hai lavorato sulle 125 e le 250 2T, sulle CRT e moto2 4T: è cambiato molto il tuo lavoro?
“Il mio lavoro specifico è cambiato poco: anche ai tempi delle 2T, io mi occupavo principalmente della ciclistica, sospensioni, assetto perché c’era già chi lavorava sul motore: in pratica, sistemi la moto seguendo le indicazioni del capo tecnico. In Moto2 c’è molto meno da lavorare per quanto riguarda il cambio, perché non si possono cambiare i rapporti interni e si controlla solo la frizione. Il resto è invariato”.


Quante ore lavori al giorno?
“Generalmente si parte dall’hotel attorno alle 7 del mattino e si torna alle 21: quindi 14”.


Se io smonto completamente una moto e ti do tutti i pezzi in una scatola, sei capace di rimontarlo?
“Se è una moto sulla quale ho lavorato sì, anche abbastanza velocemente. Per una che non conosco ho bisogno di un po’ più di tempo, comunque sia non ci dovrebbero essere grossi problemi”.


Una domanda un po’ strana: hai mai visto una curva di un circuito nella tua vita?
“Beh sì, giro la pista a piedi o con lo scooter…”.


Intendevo: vedi mai girare i piloti dal vero?
“Molto raramente. Non abbiamo tempo per andare in pista, quando siamo in circuito siamo sempre a disposizione del team e della moto: non puoi andare tanto in giro a “divertirti””.


Come si fa arrivare al motomondiale come meccanico?
“Ci vuole tanta passione, avere sempre tanta voglia di imparare, di conoscere, un po’ di fortuna per trovarsi al momento giusto al posto giusto, iniziando naturalmente dalle categorie e dai campionati minori per farsi conoscere”.


E’ un lavoro che consiglieresti a un tuo amico?
“In questo periodo no: il lavoro è peggiorato tanto, sotto tutti i punti di vista sia economico sia come ambiente, adesso molto più freddo di prima. Si cerca sempre di nascondere qualcosa che in realtà sanno tutti, ma fa figo fare così…”.


Generalmente, un meccanico che rapporto ha con un suo pilota: solo professionale o più profondo?
“Dipende con chi lavori: c’è sempre quello con il quale ti trovi meglio, c’è più feeling. In ogni caso, si cerca di instaurare un rapporto di collaborazione, è meglio evitare l’amicizia vera”.


Questo è un insegnamento di Brazzi?
“Un po’ di tutti: anche mio babbo mi diceva all’epoca: “mai innamorarsi del pilota”. Questo non vuol dire che alla sera non esci a cena con il pilota, ma devi mantenere un minimo di distacco.


Ma un meccanico del motomondiale può fare il meccanico di “tutti i giorni”?
“Sì, ti può aiutare sulle moto stradali, anche perché il lavoro di meccanica è quello. Io sto aprendo un’officina a Pesaro assieme a Carlo Micheli (altro storico meccanico del gruppo Brazzi, specialista del motore, NDA): l’idea è fare qualche special, qualche lavoro particolare che dia un po’ di soddisfazione”.

Caricamento commenti...