1983: la sfida del secolo

1983: la sfida del secolo
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Da una parte Kenny Roberts, Yamaha, tre titoli mondiali della 500 già conquistati. Dall’altra parte Freddie Spencer, giovane star della Honda, alla sua seconda stagione mondiale. Quarant’anni fa il campionato della 500 più combattuto di sempre. Ecco come andò
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
12 agosto 2023

Roberts è per tutti il Marziano. Oppure King Kenny. Californiano di 31 anni, ruvido e furbo, guida fisica, 750 e 500, 200 Miglia e Gran Premi sempre su Yamaha. Ha un ranch, due figli maschi, la passione per la meccanica e un proposito: appendere il casco al chiodo alla fine di quella stagione. La sua Yamaha è la OW 70, quattro cilindri a V di 60°, ammissione a disco rotante, circa 140 cavalli di potenza massima. Non è più la quattro in linea dei titoli, è raffinata, ma ben più pesante della Honda. Le gomme adesso sono le Dunlop, il team è quello di Agostini, Kel Carruthers alla guida tecnica.

Spencer invece viene dalla Louisiana e ha dieci anni meno di Kenny. E’ il pupillo di Soichiro Honda dall’81, da quando lui solo è riuscito a spingere la disastrosa NR a pistoni ovali sui tempi della concorrenza. Dall’82 è sulla prima 500 due tempi costruita dalla Honda, la NS tre cilindri (due verticali, uno orizzontale), con ammissione a lamelle. Circa 125 cavalli, niente di stratosferico, ma c’è la guidabilità. Gomme Michelin, Erv Kanemoto tecnico responsabile del team HRC

Sulla carta la sfida è aperta anche ad altri piloti. Come Uncini e Mamola sulle Suzuki, che però adesso sono  meno competitive. Franco è il campione in carica ma partirà a rilento e poi incapperà nel terribile incidente di Assen, investito da Gardner. Mamola farà quello che può. E poi naturalmente ci sono le “seconde guide”: Lucchinelli con Spencer e Lawson con Roberts. Però Marco è andato in crisi e Eddie è di fatto un esordiente in 500. 

Subito perfettamente alla pari

Dopo le prime sei gare il conto delle pole position è perfettamente in parità, tre a tre. Sono i due più forti in assoluto e si equivalgono, però Freddie vince i primi tre GP guadagnando 25 punti sul rivale, che è secondo a Kalayami, quarto e deluso a Le Mans, sfortunato a Monza: era in testa nel GP delle Nazioni, scivola alla Parabolica, riparte da fenomeno senza far spegnere il motore, resta senza benzina. Terribile, ma poi il pilota Yamaha trionfa ad Hockenheim, è secondo al Jarama dietro al rivale, e vince anche al Salzburgring dove Spencer si ferma. A metà campionato il vantaggio di Freddie è sceso a sei punti soltanto.

Il problema di Kenny è la partenza a spinta, che verrà abolita quattro anni dopo: la sua OW70 è scorbutica, dura da avviare, ed è per questo che in Jugoslavia arriva ancora un quarto posto in rimonta, con Spencer vincente. Ma poi il marziano reagisce con una tripletta: domina in Olanda, Belgio e Gran Bretagna e Freddie è sempre sul podio (un terzo e due secondi posti), ma vede sfumare il suo vantaggio. Ci sono due soli punti tra lui e Roberts quando resta da correre il GP in Svezia il 4 agosto e, un mese dopo, il San Marino a Imola.

Il fattaccio di Anderstorp

In Svezia Spencer combina qualcosa che Roberts non gli perdonerà mai. Kenny sembra il più forte, ma poi Spencer lo infila di prepotenza alla penultima curva con una entrata molto discutibile. Chissà se oggi, da capo del Panel FIM, Freddie punirebbe se stesso? Succede che entrambi finiscono larghi sull’erba e l’hondista è il più pronto a rientrare in pista. Roba minima, ma intanto vince in volata: solo 16 centesimi tra lui e Kenny. Il terzo, Katayama, chiude a 34 secondi, Lawson è quinto a un minuto, dietro anche a Fontan.

Con cinque punti di ritardo, per Roberts Imola si annuncia quasi proibitiva. Il vincitore si prende 15 punti, 12 vanno al secondo: vincere il GP di San Marino non basterebbe al californiano per il titolo, Spencer dovrebbe arrivare terzo o peggio. Ma chi potrebbe stare davanti al pilota della Louisiana? Serve un alleato e Eddie Lawson, in quella fase, probabilmente non è all’altezza.

Roberts prova a non pensarci e passa l’agosto in un viaggio con i due figli, un mese di vacanze in Europa con un obiettivo preciso: per la sua ultima gara vuole che i bambini vedano il loro papà sulla moto da corsa. I due, Kenny jr e Curtis, vivevano allora con la ex moglie del King, in California.

A Imola con il fiato sospeso

A Imola va in scena il finale più thrilling che potessimo immaginare. Per cominciare, Roberts si prende la pole con 1’53”49 mentre Spencer va sulla seconda casella della griglia staccato di mezzo secondo. Il conto delle pole finisce in perfetta parità: sei a testa. Ma vincerà il titolo uno soltanto.

In prima fila c’è anche un deluso Marco Lucchinelli alla sua ultima gara con la Honda ufficiale; poi c’è Randy Mamola con la Suzuki e infine il quinto, Eddie Lawson, con il tempo non eccezionale di 1’55”00. Noi siamo tra gli ottantamila spettatori, alle Acque Minerali, lo spettacolo sta per cominciare.

Al via come al solito le Honda NS scattano benissimo e vanno in testa: Spencer seguito da Lucchinelli e Ron Haslam, anche se quest’ultimo viene presto passato da Roberts. Poi Kenny infila anche Lucchinelli al quarto giro, guadagnando la seconda piazza. Intanto Lawson, che mannaggia è partito male, risale, prende il quarto ma è distante.

Con il nuovo record della pista (1’53”36 a 160,056 km/h di media) dopo altri quattro giri è Roberts a passare Spencer. Lo fa la prima volta alla staccata della Tosa. Ma a questo punto occorre attendere il rientro di Lawson, che invece stenta: Eddie passa Marco, ma non riesce a spingere più di tanto.

Gara tattica e indimenticabile

Siamo tutti con il fiato sospeso perché a questo punto Roberts può fare una gara sola, rallentare il rivale aspettando il giovane compagno di squadra. Ma deve farlo senza commettere scorrettezze, è sempre stato un pilota corretto. Ci riesce bene: i due si scambiano le posizioni un mucchio di volte, prima delle varianti il californiano riesce sempre a mettere la sua OW70 davanti alla NS, che con quella agilità scapperebbe facilmente. Spencer prova a reagire, ma Kenny lo blocca nella sua ragnatela un po’ come avrebbe fatto più avanti Valentino Rossi con Casey Stoner, a Laguna nel 2008.

Il problema è che, a sei giri dalla fine, Lawson è ancora troppo indietro. E’ a cinque secondi dalla coppia di testa. E tre giri dopo la seconda Yamaha ha perso ancora terreno: sono sei secondi e mezzo di distacco. Roberts è furioso.

Spencer alla fine molla, che gli cambia, il secondo posto basta e avanza. Sul traguardo del 25° giro la Yamaha di Kenny arriva con un margine di 1”23 centesimi sulla Honda. Sono sei vittorie a testa, ma Freddie prevale per due punti e Kenny, nonostante sia arrabbiato, si presta sportivamente alla famosa immagine del grande fotografo Franco Villani: Spencer sul trono, Roberts all’addio e senza corona.

Questo è il primo, storico titolo mondiale piloti della Honda in classe 500, il traguardo che la maggiore casa motociclistica mondiale inseguiva dal 1966 con Hailwood, Redman e compagnia. Quella stagione rappresentò una grande svolta, per la Honda, che ben presto sarebbe diventata quasi imbattibile. Ma fu una svolta anche per tutto il motociclismo, perché l’imperscrutabile Freddie Spencer seppe cambiare la guida della top class come avrebbe fatto, molto più avanti, Marc Marquez.

Spencer, Roberts, due colossi. Preferivo Kenny perché era curioso di tutto e aveva voglia di comunicare, ma giù il cappello per la classe di Fast Freddie. E’ stato magico vivere quella straordinaria stagione di quarant’anni fa. Ed è sempre bello seguire un mondiale che sa regalarci grandi emozioni.

Viva la moto!