Nico Cereghini: “San Valentino e l’amore per la moto”

Nico Cereghini: “San Valentino e l’amore per la moto”
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Già, alla moto ci lega spesso una forma di amore. Si comincia con l’infatuazione, mi pare, e si arriva al sentimento vero, che qualche volta è maturo e altre volte no. Siete d’accordo? | N. Cereghini
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
14 febbraio 2012

Punti chiave


Ciao a tutti! Il tentativo di definire il vero motociclista ha sollevato un bel fermento, perché sì, saremo anche dei fissati, ma siamo anche capaci di ragionare e discorrere. E al di là delle sfumature e di certe posizioni un po’ rigide si può ben dire che andiamo abbastanza d’accordo: motociclista è chi ama la moto e la vive con passione.
Amore, già, proprio di amore si tratta, una particolare forma di amore, e nemmeno così rara; un sentimento che evidentemente si prova non soltanto verso le persone ma anche verso gli animali, le cose e anche verso i concetti. Amore per la moto, amore per la montagna, amore per il proprio cane, amore per un ideale. E visto che è San Valentino, e il San Valentino tra gli umani mi pare sgonfiato da pasticceri e profumieri, perché non festeggiare la moto? Dai facciamolo tra noi, magari senza scendere nel box con pasticcini e cuori, ma provando a riflettere su questo rapporto. Può essere un viaggio interessante, perché anche questo tipo di amore col tempo cambia e si trasforma.

A quattordici anni della moto ero infatuato, proprio cotto, arrivavo a teorizzare che fosse meglio una domenica con una BSA 650 Spitfire che una notte con Brigitte Bardot


A quattordici anni della moto ero infatuato, proprio cotto, arrivavo a teorizzare che fosse meglio una domenica con una BSA 650 Spitfire che una notte con Brigitte Bardot. Ragazzino estremista. E anche mutevole: smisi di far paragoni quando mi incollai alla prima ragazza disponibile, pur se meno bellina della Bardot. A ventun anni il sentimento si fece più maturo, ma neanche tanto se un bel mattino soffiai dal box di Motociclismo la moto che era destinata al collega De Prato, una inedita e bellissima Honda 350 bicilindrica Scrambler, e ci andai a girare a Monza nonostante montasse pneumatici tassellati. Scivolando sul sedere, finii a piedi uniti contro il gard-rail, spezzandomi una caviglia in tre punti. Poi collaborai gratis al giornale fino al risarcimento del danno, ma non me ne pentii perché il richiamo della sirena, l’urgenza di andare, erano più forti di qualsiasi ragione.

Personalmente posso dire che le corse mi hanno salvato, perché lì bisogna far sul serio, se passi da una moto all’altra, da una pista all’altra con superficialità ti fai del male. E a venticinque, forse trent’anni, il mio amore per la moto è arrivato alla sua maturità: un mix di conoscenza, di consapevolezza, un po’ di sano masochismo, tanto entusiasmo, una certa fedeltà. Poi negli anni successivi il sentimento si è trasformato, certe cose hanno perso importanza e altre l’hanno guadagnata, per esempio l’esuberanza mi gusta meno e la solidità un po’ di più. Nel concreto, le supersportive mi attirano ancora, ma senza l’ardore di allora.

Ma l’amore, si sa, è pazzerello e la pace dei sensi, fidatevi, non esiste. Diciamo che oggi riesco a tenere a bada il lato oscuro della passione. Ma non sempre. E voi? Anche il vostro sentimento è cambiato o sta cambiando?