Nico Cereghini racconta gli anni Ottanta. Prima puntata

Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Quello degli Ottanta è stato un decennio eccezionale per la moto e lo sport. Ha visto diffondersi le prime super sportive moderne, le turbo, e poi le enduro dakariane, le vivacissime 125 e allo sviluppo di altre categorie | N. Cereghini
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
5 giugno 2014

Dopo i mitici anni Settanta, che abbiamo raccontato l’anno scorso, iniziamo oggi una nuova serie che molti chiedevano: gli anni Ottanta. Un decennio esplosivo, per quanto riguarda le moto, iniziato con una quantità mai vista prima di nuovi modelli, con proposte tecniche e stilistiche sempre più spettacolari soprattutto dalla parte dei giapponesi. Poi una fortissima crisi mondiale intorno all’85, il crollo delle vendite, la produzione nipponica che passava da 7 a 3 milioni di pezzi, molte case italiane spazzate via, la BMW in difficoltà con il suo boxer e che tentava la carta della serie K, la Ducati salvata da due fratelli che dovrebbero proclamare santi: Claudio e Gianfranco Castiglioni di Varese. Borgo Panigale era nelle mani dell’Efim, investimenti zero, 2.000 moto costruite, il minimo storico, senza i Castiglioni la Ducati sarebbe svanita.

La moto si evolve profondamente

Proprio negli anni Ottanta le moto diventavano sempre più affidabili, più curate nell’aerodinamica, più abitabili e molto più guidabili. E il bello è che nascevano e si rinnovavano nuove formule ad ogni stagione: le piccole enduro, gli scooter automatici e le Custom, le ammiraglie da Gran Turismo, tanti modelli da trial, le sportive di ogni cilindrata, addirittura le Turbo e le “Replica” delle due tempi da GP. Da diventar matti. E allora, per cominciare, la seconda puntata sarà dedicata interamente alle 125 stradali.
E’ stato un decennio vivacissimo anche sul piano sportivo, con Marco Lucchinelli e Franco Uncini campioni mondiali della 500 sulle Suzuki ufficiali di Gallina, poi Freddie Spencer, la sua doppietta e i suoi misteri; e gli americani sempre più numerosi nella top class, l’industria italiana padrona delle piccole con la Minarelli prima e la Garelli poi. Si correva ancora su piste antiche come il Jarama e Rijeka, si abbandonava Imatra in Finlandia con i vagoni della ferrovia sulla via di fuga, si vinceva con Bianchi, Gresini e Cadalora in 125, finiva la classe 350 a fine ’82 e poi anche la 80. Ma nasceva la Superbike in Europa, nel 1988, con le derivate che già dal ’76 correvano negli States: 1000 esemplari da costruire per i giapponesi e 150 per i costruttori italiani, la doppietta di Fred Merkel con la Honda, Lucchinelli che vinceva nell’87 la Battle of the twins a Daytona e poi due GP alla prima stagione con la Ducati.

Le super sportive e le prime replica

Vi voglio proporre qualche moto significativa. Comparivano su strada le “Replica GP” ed eccola qui, un po’ in ritardo rispetto ai successi di Kenny Roberts, la Yamaha RD 500 LC che esordisce nell’84: due tempi quattro cilindri a V, due scarichi alti nel codone e due laterali, gran fumo ma anche grandi emozioni, telaio d’acciaio per l’Europa.
Ma la sportiva d’eccellenza, quella che cambiò la musica fu la Kawasaki GPz 900-R presentata a Milano nell’83: per la prima volta una sportiva giapponese aveva non soltanto un gran motore (bialbero raffreddato a liquido da 115 cavalli e cambio 6 marce) ma anche una guida validissima. La ciclistica era finalmente rigorosa. Fu un enorme successo: 210.000 pezzi prodotti e la 900-R è quotatissima anche oggi.
Faccio fatica a non metterle accanto la Suzuki GSX-R 750 vista l’anno dopo a Colonia: ancora di più, ancora più avanti di tutte, una moto da corsa con targa e luci, potentissima e leggera, con il telaio d’alluminio in tubi quadri, forcella da 41, 178 chili, 30 meno della concorrenza, e 110 cavalli. Le sportive come queste saranno l’oggetto della terza puntata.

Il capitolo dakariano

Dalla quarta puntata ci occuperemo poi delle Enduro, un filone ricchissimo perché proprio negli anni Ottanta esplodeva l’interesse per la neonata Parigi-Dakar. Fu nel gennaio 1982 che Mark, il figlio della Tatcher, si smarrì per tre giorni nel deserto, tutti i giornali ne parlarono mentre cresceva l’angoscia. Vi svelo una cosa che ho scoperto anni dopo: l’organizzatore TSO sapeva benissimo dove si trovava il celebre Mark, lo avevano individuato già al secondo giorno; abili e cinici, lo lasciarono lì un po’ di più per farsi pubblicità. Le prime due edizioni andarono alla Yamaha di Neveu, poi le BMW di Auriol e Rahier, la morte nell’86 (con l’elicottero) di Thierry Sabine che l’aveva inventata, le Honda, Edi Orioli primo vincitore italiano, le Cagiva che crescevano con i motori Ducati. Che periodo! E i piloti italiani vincevano i campionati europei di enduro a raffica, quattro volte dominammo la Sei Giorni, in quegli anni Ottanta. E nel cross, dove gli americani cominciavano ad emergere, un italiano vinceva il nostro primo, storico, titolo mondiale: 1984, Michele Rinaldi, Suzuki 125; Alex Puzar, con il titolo nella duemmezzo, sarebbe arrivato più avanti, nel ’90.
Ecco allora la capostipite delle grosse enduro per i viaggi avventura: la BMW R 80G/S presentata nel settembre 1980, bianca con la sella arancio, e dall’82 anche blù: 797 cc, 50 cavalli, 167 chili, il disco Brembo davanti, il forcellone monobraccio e la ruota posteriore a sbalzo. All’inizio qualcuno dubitò e invece fu subito moto dell’anno. Grande la 80 G/S!

Il boom delle 125

Questa invece è la piccola Gilera RX 125 dell’84, la prima enduro di Arcore, sognata dai ragazzini; qualità e tecnologia: motore due tempi con aspirazione lamellare diretta nel carter, 18 cavalli, 120 all’ora; aveva la ruota da 21 e il freno a disco davanti, al retrotreno la Monodive con la ruota da 18.
In quel periodo, il casco obbligatorio ancora non esisteva. Se ne parlava, era già obbligatorio in tutti i Paesi europei, e fu al Maurizio Costanzo Show (una trasmissione molto seguita) che un padre di famiglia genovese, che aveva perso la figlia adolescente in un incidente cittadino, suscitò l’emozione e la protesta collettiva. Subito dopo, era il 1986, arrivò la legge dell’obbligo del casco per i motociclisti di ogni età, ma solo per i minori di 18 anni sui ciclomotori. Nel marzo 2000 casco obbligatorio per tutti. E vi racconto un retroscena: era la Piaggio che resisteva, temendo di veder crollare le vendite della Vespa. Invece di regalare il casco a tutti, come sarebbe stato logico, l’amministratore delegato nei primi anni Ottanta presentò alla stampa una ricerca eseguita da non so più quale Politecnico, che dimostrava che il “casco era pericoloso”! Limitava la visibilità e la percezione dei rumori. La cosa più pericolosa fu invece la miopia di quei dirigenti. E allora sì, fu crisi di vendite perché l’obbligo arrivò all’improvviso e il pubblico non era preparato.
A proposito di giovanissimi degli anni Ottanta, tra i cinquantini ancora regnavano i Tuboni, ce n’erano una trentina sul mercato e questo era un riferimento: il Motron GL4 Flash del 1981, con le ruote in lega e l’aria di andar fortissimo. Fantasia al galoppo.

La cometa chiamata Turbo

E le Turbo giapponesi? E’ giusto qui che appaiono, e come stelle comete scompaiono in fretta. Questa Honda CX 500 T è stata la prima, l’apripista: appare a Colonia nel 1980, 237 chili, motore bicilindrico a V di 80°, otto valvole, 82 cavalli che arrivavano di botto come un calcio da dietro, raffreddamento a liquido. Due anni più tardi divenne 650.
E infine per le Custom un grande classico: l’Harley-Davidson Softail Custom del 1984, con il nuovo motore Evolution 1340. Il modello del rilancio della nuova gestione con l’erede della famiglia Davidson, tanti progetti, inedita qualità e la leadership.
Dunque abbiate pazienza ancora qualche giorno. Con la seconda puntata torneremo per parlare delle stradali sportive, le tantissime e splendide 125 per cominciare. Anni Ottanta, preparatevi a un viaggio straordinario.

Guarda la seconda puntata dedicata agli anni Ottanta: Le 125 sportive
Guarda la terza puntata dedicata agli anni Ottanta: Le super sportive tutte