Miguel Galluzzi: “Servono moto più semplici per riavvicinare i giovani”

Miguel Galluzzi: “Servono moto più semplici per riavvicinare i giovani”
Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
Stile e sostanza delle Moto Guzzi, tendenze del mondo moto e qualche commento sulla concorrenza in una chiacchierata a tutto tondo con l’Head of Advanced Design Center del Gruppo Piaggio
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
20 maggio 2015

Parlare con i designer del mondo moto è quasi sempre un’esperienza molto piacevole, perché a differenza dei loro colleghi di altri ambiti sono spesso per prima cosa dei grandi appassionati. Ancora più spesso si rivelano motociclisti praticanti il che, come potete intuire, fa si che le domande iniziali passino a spaziare in lungo e in largo nell’universo moto, come si fa appunto fra appassionati.

Chiacchierare con Miguel Galluzzi però è ancora più piacevole, perché il papà di quasi tutte le creazioni del Gruppo Piaggio dal 2009 ad oggi ha una dote oggi rara: una franchezza al limite del politically in-correct. Raramente lo sentirete usare giri di parole per esprimere quello che pensa – in un italiano praticamente perfetto – e altrettanto difficilmente lo sentirete scomodare paroloni. Insomma, è davvero come parlare con un amico, un appassionato ma allo stesso tempo un grande esperto ed acuto osservatore di tutto quello che succede nel mondo motociclistico. Sotto il piano dello stile ma anche della sostanza, perché i due, a suo modo di vedere, non sono mai disgiunti.

Abbiamo avuto modo di parlare un po’ con Miguel durante la conferenza di presentazione delle nuove Moto Guzzi Eldorado ed Audace (per le impressioni di guida dovrete attendere qualche giorno, perché le orribili condizioni meteo in quel di Mandello ci hanno spinto a rimandare alla prossima settimana la nostra presa di contatto) e, come da premesse, abbiamo parlato un po’ di tutto. Iniziando naturalmente dalle nuove Moto Guzzi.

Osservando le ultime creazioni della Casa di Mandello è evidente il risalto che viene dato al propulsore, tanto il “vecchio” V7 quanto il nuovo 1400 Big Block. Un elemento di stile che condiziona tutta la moto: è difficile lavorare con un vincolo tanto… ingombrante?

«Al contrario, è facilissimo. Essendo un motore tanto particolare e caratteristico è sufficiente a conferire istantaneamente alla moto il DNA di una Guzzi. Certo, bisogna rispettarne le proporzioni, ma essendo quasi obbligatorio lasciarlo a vista buona parte del lavoro di un designer viene semplificato – non c’è bisogno di inventarsi altri elementi distintivi, basta valorizzarlo».

In effetti, pur avendo nel suo passato tantissime configurazioni motoristiche, Moto Guzzi è ormai sinonimo di bicilindrico a V trasversale.

«E’ vero, ma pensate che negli Stati Uniti, mercato su cui puntiamo tantissimo, c’è gente che resta sbalordita da questo schema. Proprio adesso siamo impegnati in un tour statunitense in cui stiamo facendo vedere il concept della nostra bagger MGX 21 e abbiamo incontrato persone che la osservavano basite e commentava “non credevo che un bicilindrico a V si potesse montare anche così”».

E poter vedere il motore della propria moto mentre si guida – privilegio concesso da pochi motori, il bicilindrico Guzzi e il boxer BMW – non è un fattore da sottovalutare. Anche e soprattutto se non ci sono penalizzazioni per la dinamica.

«Assolutamente si. Le nostre moto vanno guidate per poterle apprezzare davvero, le Guzzi non sono semplici oggetti di design da osservare e basta, le facciamo in modo che regalino un certo gusto di guida».

Fin qui però abbiamo parlato di V7 e California. Norge e Stelvio sono a questo punto uno step evolutivo indietro rispetto al resto della famiglia, no?

«E’ vero, però credo che l’attuale otto valvole montato sulle due moto che avete citato, soprattutto nella versione Norge, sia un capolavoro d’equilibrio. Il che non toglie che non si stia lavorando su tutta la gamma: vogliamo creare tante anime per il nostro motore bicilindrico in tutte le sue versioni. Le quattro che abbiamo creato sul Big Block si aggiungono a quelle del V7, e siamo solo all’inizio».

Un riferimento all’operazione Guzzi Garage legata a V7, ma anche ad un new deal della Casa di Mandello che ha portato il catalogo degli accessori per le Guzzi ad oltre 300 unità.

«Certo, credo fermamente che buona parte del piacere del possesso di una moto sia legato alla possibilità di personalizzarla. Vogliamo andare in questa direzione, e del resto avevamo iniziato questo discorso già nel 2009, quando ad EICMA abbiamo esposto i concept V12».

Attualmente però gli accessori si montano solo come aftersales, non ci sono configurazioni ex fabrica. Come mai questa scelta?

«Perché crediamo fermamente che sia più bello personalizzarsi gradualmente la propria moto, farlo in un rapporto diretto con il concessionario piuttosto che comprare a scatola chiusa. Inoltre, creare pacchetti direttamente dalla fabbrica porta a standardizzare le versioni, che è il contrario di quello che vogliamo fare. Non è più bello avere la totale libertà di montare quello che si desidera, farla davvero come la volete? Guardate la concorrenza, c’è chi ha fatto una moto che vuole essere un inno alla personalizzazione presentandola già in tre versioni – non lo trovate vincolante?».

Insomma, Guzzi vuole andare verso una moto che piaccia ai preparatori e che offra al cliente finale la possibilità di cucirsela su misura. Un’operazione che ricorda un po’ quella fatta da BMW con la NineT.

«Mi permetto di ripetere che noi, con la V7, lo abbiamo fatto ancora prima. Però apprezzo molto l’operazione di BMW, che ha ripensato profondamente il proprio prodotto quando ha fatto la NineT, che per inciso trovo molto bella. E’ importante guardare indietro e anche tornare indietro quando è giusto farlo, senza preclusioni. Ed una cosa che stiamo facendo un po’ tutti, perché dopo anni di una spirale tecnologica che ha fatto lievitare i costi siamo arrivati a moto che ai giovani non piacciono più o costano troppo. Bisogna tornare all’essenziale».

Sembra facile, detta così…

«E lo è, basta provare. Io giro spesso con la moto di mia moglie, una V7 Racer, sulle strade californiane ed in gruppi eterogenei, con amici che hanno moto di tutti i generi. Alla fine giriamo tutti insieme – non ne posso più di sentirmi dire che alla V7 mancano una ventina di cavalli da gente che non l’ha mai provata. Ci si può divertire tantissimo anche con poco, non servono per forza 200 cavalli e diavolerie elettroniche – è giusto che ci siano, ma non può essere tutto lì».

Insomma, allargare la gamma verso il basso?

«Ma certo! Non è vero che non c’è più voglia di moto, in America, soprattutto in California, è tutto un fiorire di ragazzi che comprano moto da 1000 dollari, le verniciano a bomboletta e ci lavorano un po’ sopra per poi farci di tutto, dalle corse all’andarci in spiaggia per le feste la sera. Sono una categoria che non appare in nessun survey delle case perché non comprano moto nuove, ma ci sono e sono tanti. Dobbiamo semplicemente creare prodotti che possano piacere anche a loro. Solo così riavvicineremo i giovani alle moto».

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