I segreti delle corse svelati da Jan Witteveen

I segreti delle corse svelati da Jan Witteveen
Giovanni Zamagni
Cos’è il chattering? La configurazione a “L” del motore è un limite per la Ducati? Le MotoGP potrebbero essere guidate senza elettronica? Perché i piloti della SBK non sono (quasi) mai veloci in MotoGP? | G. Zamagni
26 settembre 2012

Tutti ne parlano, ma cos’è il chattering? La configurazione a “L” di 90° del motore rappresenta un limite per la Ducati? Le moderne MotoGP potrebbero essere guidate senza elettronica? La zavorra di 6 kg è effettivamente un grave svantaggio per le bicilindriche di Borgo Panigale in SBK? Perché i piloti della SBK non sono (quasi) mai veloci in MotoGP? A tutte queste domande risponde per Moto.it l’ingegner Jan Witteveen, una quarantina di titoli mondiali vinti tra enduro, cross (Cagiva) e velocità (Aprilia).


COS’E’ IL CHATTERING?


«Il chattering è una frequenza delle masse rotanti. Le ruote e tutte le masse rotanti hanno una frequenza propria e questo genera chattering. Quando la massa rotante è bilanciata, la frequenza arriva fino a un certo livello, ma quando non è bilanciata, come nel caso delle ruote in una moto, mai perfettamente bilanciate al 100%, il pilota avverte chattering sul manubrio. Questa vibrazione può venire dalla gomma posteriore, trasferita tramite il telaio, oppure da quella anteriore tramite la forcella. Quando il pneumatico è fatto in modo tale da “ammortizzare” la frequenza, il problema viene “nascosto”, ma quando questo non avviene, la frequenza arriva attorno ai 20 hertz e questa piccola vibrazione viene amplificata dallo sbilanciamento della massa. Il pilota l’avverte e dà fastidio ai polsi e alle braccia: dopo un po’ si perde forza e feeling. Tecnicamente, il problema è che questa vibrazione crea un contatto vibrante tra pneumatico e asfalto, con conseguente diminuzione del grip e della durata.

Avere una gomma in grado di assorbire il chattering e una ruota bilanciata dinamicamente e staticamente è piuttosto difficile: per questo è così complicato eliminare questa vibrazione. Quando ce l’hai in pista, puoi solo cercare di far lavorare il pneumatico diversamente, cambiando il carico, oppure utilizzando una carcassa di durezza differente; ma oggi, con il monogomma, non puoi utilizzare una copertura con una struttura differente. Si lavora quindi sull’assetto della moto per cambiare il carico sul pneumatico, che di conseguenza si comporta diversamente: quando sei fortunato va meglio, altrimenti la situazione addirittura peggiora: si può minimizzare, ma quando c’è il chattering il problema tra gomma e asfalto rimane, con conseguenze sulla durata in gara».

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LA DUCATI FATICA A CAUSA DEL MOTORE A “L”?


«Secondo il mio punto di vista, il motore Ducati va bene: costruttivamente non lo vedo limitativo per la competitività della moto. Un “V” di 90° ha degli aspetti positivi, soprattutto per quanto riguarda l’aspirazione, che essendo più diretta ha una efficienza superiore; inoltre, la distribuzione desmodromica consuma meno energia, con vantaggi sul consumo e, quindi, maggiori prestazioni; poi, con un motore con questa architettura non serve il contralbero; infine l’ingombro non è tale da compromettere l’efficacia della ciclistica. Motoristicamente quello Ducati è secondo me il riferimento della MotoGP: non è quello l’handicap per essere competitivi con Honda e Yamaha».


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UNA MOTOGP POTREBBE ESSERE GUIDATA SENZA ELETTRONICA?


«Sì, come peraltro si faceva una volta. L’elettronica, però, è molto importante per la sicurezza e ha praticamente eliminato il problema degli high-side, che si vedono raramente solamente quando la parte elettronica non funziona bene. Sicuramente questo rappresenta un passo in avanti per il pilota. Una MotoGP ha oltre 240 cv: controllare questa potenza senza avere la possibilità di tagliare le prestazioni o addolcire l’erogazione è fattibile, ma ci sarebbero molte più cadute. Aumenterebbero i problemi anche per la durata degli pneumatici: insomma, si può guidare senza elettronica, ma diventa un’altra competizione».


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SBK: 6 KG DI ZAVORRA INCIDONO COSI’ TANTO SULLE PRESTAZIONI?

«Qualsiasi peso aggiuntivo rappresenta uno svantaggio: sono sei kg in più che devi accelerare, frenare, portare in giro e anche il pilota, ovviamente, sente la moto più pesante. Nella vecchia 125 o nella nuova Moto3 il peso incide di più (l’ennesima conferma che Niccolò Antonelli, costretto a zavorrare la sua FTR-Honda con ben 11 kg è fortemente penalizzato, NDA), in SBK meno, ma è comunque quantificabile con una differenza al giro di 2-3 decimi».


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PERCHE’ I PILOTI DELLA SBK FATICANO COSI’ TANTO IN MOTOGP?

«E’ una questione di guida. La MotoGP è una moto più performante e più leggera: la dinamica è diversa. Una SBK è più lenta, meno reattiva e di conseguenza la puoi dominare di più: quando sei al limite, o lo superi, hai più tempo a disposizione per correggere un errore. Di conseguenza è più facile andare al limite. In MotoGP, il mezzo è più reattivo e quando spingi al 100% hai meno tempo per controllare le reazioni: ecco perché è molto più difficile».


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