Ciociaria in moto - Ep.5

Ciociaria in moto - Ep.5
  • di Gigi Radice
Tra caldo luciferino e strade tortuose, Gigi Radice e i suoi amici passano dalle Crete Senesi verso Campocatino e Anagni
  • di Gigi Radice
13 novembre 2021

Benvenuta Babette

Il sorriso di Babette quando scende dal treno è illuminante: è contenta di averci raggiunto nonostante un viaggio non proprio comodo. Ma ora, in moto, è tutta un’altra cosa. Non la turba nemmeno il desolante panorama di Frosinone, che credo rappresenti una delle più azzardate soluzioni urbanistiche mai adottate in Italia. Già arrivando avevo notato improbabili accostamenti che denunciavano un degrado e un’incuria difficili da comprendere, soprattutto in un territorio così ricco di spunti e suggerimenti come è di fatto la Ciociaria. Anche a Valmontone Paola, architetto come Babette, mi aveva fatto notare alcune incongruenze e soprattutto un obbrobrioso palazzo di sette piani con un evidente quanto azzardato innalzamento di altri tre. Un insulto al buongusto e una sfida alle leggi dell’ingegneria civile.

Frosinone non compete in altezza, ma dal punto di vista estetico non teme rivali. Non vale comunque la pena attardarsi: gli amici a Vico ci attendono e appena sentono in lontananza il rombo dell’Africa Twin si preparano per accogliere a braccia aperte la ritrovata compagna di viaggio. La brace è già pronta: a noi non resta altro che rinfrescarci con una rapida doccia e sederci a tavola. 

Tutto molto bello anche perché tutto sembra filare liscio per la reunion del gruppo vacanza avventura in Kosovo.  Babette ringrazia per un brindisi con il Morellino di Scansano, rosso più adatto alla carbonara di JackChef e alla carne che Marco ha grigliato à la carte: saignant, au point o bien cuit, a seconda dei desiderata degli esigenti commensali. JackChef ci ha viziati, ora Marco non può e non vuole deluderci. La buona giornata si vede al mattino, la buona vacanza si apprezza soprattutto alla sera.

Sua Altezza Campocatino

Le abbondanti libagioni non hanno pregiudicato sonno e sogni della notte. Il buon umore si vede subito al tavolo dove le solerti ragazze hanno preparato la colazione. Cambia la regione, ma il clima rimane torrido. Dalle Crete senesi siamo passati alla più verde e lussureggiante campagna ciociara, ma il termometro non scende. Cesare ci conferma che Lucifero regna su tutta l’Italia. Dall’aria condizionata del suo appartamento milanese ci informa che è arrivato a casa.

Ora non gli resta che mollare la moto, salire in auto e raggiungere Pina e Sia nella residenza di campagna sul lago Maggiore, dove auspica di trovare non solo il conforto dei suoi affetti, ma anche qualche grado in meno. Noi rispondiamo con emoticon ad minkiam e ci prepariamo per il nostro primo giorno ciociaro. Usciamo dal Pozzillo e imbocchiamo la Subiacense che ha nel nome il suo e il nostro (almeno quello di giornata) destino, Subiaco. Dopo pochi chilometri, a Guarcino, delizioso borgo che si sta preparando al Ferragosto addobbandosi con luminarie da far concorrenza ai professionisti salentini, un cartello stradale indica Campocatino. E allora? Allora sì, invece. Tra le tante cose che Simone ci ha detto ieri sera ha citato Campocatino: “Vale la pena. E non solo per la strada molto amata dai motociclisti come voi”. Il nome non è granché evocativo, i tre impianti di risalita della stazione sciistica fanno un po’ sorridere alcuni di noi che abitualmente scodinzolano sulle nevi della Valle d’Aosta e nemmeno la presenza di un osservatorio astronomico suscita in noi grande attrattiva. Ma Simone ci è sembrato affidabile e noi gli diamo fiducia. 

Nemmeno qualche goccia d’acqua di una nuvola, per fortuna di passaggio, intacca la nostra determinazione. Saliamo ai 1859 metri di Campocatino per rimanere a bocca aperta. La strada asfaltata come un biliardo affronta curve morbide che si affacciano su un panorama che salendo in quota dirada la vegetazione e apre la vista sulle cime dei monti Ernici che raggiungono i 2 mila metri e che separano il Lazio dall’Abruzzo. Niente a che vedere con l’Amiata, la sua faggetaia a uso e consumo delle grigliate formato famiglia. Qui siamo più vicini a Campo Imperatore. E non solo geograficamente. In vetta ci sono solo trekker, nordicwalker, cicloamatori: mancano quelli con gli sci a rotelle nel gotha dell’escursionismo montano che qui a Campocatino ha trovato il suo Pantheon.

La stazione meteorologica e l’osservatorio astronomico dominano l’ampio piazzale dove immaginiamo trovino posto le auto e pullman degli sciatori che in inverno salgono fin qui, e che ora è sostanzialmente un non luogo animato solo da due bar/ristoro/solarium con tanto di tavolini all’aperto. La temperatura è frizzante e anche per questo viene da tutti molto apprezzata: viene quasi voglia di ordinare un Vov caldo, ma non vorremmo sfidare Lucifero, la sorte e quel che ci attende scendendo e proseguendo verso Subiaco. Caffè e cappuccio possono bastare, sentenzia Marco, brandendo anche il portafoglio. Spera, regolando il conto al bar, di accorciare la linea rossa che accompagna il suo nome nella app dei conti che Anna aggiorna con la solerzia di un controller di gestione, malcelando il sorriso di chi sa che tre cappuccini, un’aranciata e un caffè possono solo limare il pregresso debito.

Ma non è tempo per far di conto, Subiaco ci attende. Superato l’altopiano di Arcinazzo, la strada varca il confine con la provincia di Roma e scende verso il comune che tra le altre cose ha dato i natali a Gina Lollobrigida. A una periferia imbarazzante quanto raffazzonata, Subiaco oppone un centro storico e una rocca di valore assoluto. Non a caso è nell’elenco dei borghi più belli d’Italia. La rocca medievale porta testimonianze dei Borgia che da queste parti regnarono nel ’400: qui nacquero Cesare, il Principe di Machiavelli e pure Lucrezia. Le spesse mura della rocca ci proteggono anche dai 40 gradi che scaldano questa mattinata e che impongono una sosta prima di ripartire verso Anagni, la seconda meta di giornata. Le moto e soprattutto le selle posteggiate all’ombra ci tranquillizzano in vista della ripartenza e l’aria fresca che soffia sul bersò del bar che abbiamo scelto per un frugale tramezzino ci induce a prendere tempo. Anna prende in mano la guida cercando spunti e punti di interesse da non perdere.

Anagni

Per me Anagni è legata all’infanzia e ai racconti dei miei parenti che venivano ad Anagni in villeggiatura per poi ogni giorno andare nella vicina Fiuggi a passare le acque. Io, bambino, ascoltavo i resoconti corredati da fotografie di bassa qualità temendo di venire coinvolto in una simile esperienza l’anno successivo. A memoria ricordo delle istantanee fatte con una Polaroid che venivano fatte girare tra i parenti riuniti per la festa. A me bastavano le domeniche invernali in gita sul lago Maggiore nelle quali io e mia sorella venivamo precettati, non senza un certo sadismo, dai nostri genitori per evitare di venire a loro volta coinvolti. 

Poi, crescendo, Anagni diventò anche per me città frequentata e governata da papi e del mitologico schiaffo a Bonifacio VIII. Ed è anche per questo che ora Anna insiste per partire e visitare Anagni. L’arrivo della motocomitiva non è dei più agili. L’obiettivo è lasciare le moto più vicino possibile al centro, possibilmente all’ombra (ma questa è un po’ una mia fissa). Non sempre è intuitivo capire qual è il posteggio più adatto e meno macchinoso: ogni inversione di marcia con queste moto, complice anche la nostra scarsa agilità in sella, nasconde imprevisti e insidie. Giacomo e Marco per esempio preferiscono evitare guai e appena vedono un buco si piazzano anche a costo di fare qualche passo in più. Io, invece, azzardo qualche tentativo sperando di avvicinarmi il più possibile. Fortunatamente questi borghi, Anagni compresa, non sono megalopoli e ci si ritrova facilmente. Con buona pace di Cesare che vorrebbe mantenere sempre il gruppo compatto.

Parcheggiate le moto e ricomposto il gruppo nella formazione classica a testuggine con Anna in testa, guida alla mano, a indicare i luoghi di maggiore interesse, ci inoltriamo nel centro storico di Anagni dove campeggia il palazzo di Bonifacio VIII, teatro del mitologico schiaffo, e il palazzo della Ragione. Anagni è stata nel tempo sede papale, contesa tra i Colonna e i francesi di Filippo il Bello (quello che ammollò il ceffone a Bonifacio VIII), ebbe un ruolo strategico militare pure durante l’occupazione francese ai tempi di Napoleone, ospitando un contingente dei Carabinieri imperiali, e poi diventando il quartiere generale di una divisione dell’esercito della seconda Repubblica Romana durante le guerre di indipendenza. Il suo ruolo strategico non venne meno neppure durante la Seconda guerra mondiale come sede del Comando del Gruppo d’armate Sud guidato dal Principe Umberto II di Savoia. Per la verità non una gran guida. 

Poi da Anagni è passata e tuttora passa l’autostrada che a metà degli anni ‘60 ha modificato il tessuto urbano e sociale della seconda città per estensione della provincia di Roma. Nella piana sottostante infatti si riconoscono le strutture e il traffico del polo industriale più grande del Lazio costruito accanto alle 4 corsie dell’autostrada che scende verso Napoli. Grandi stabilimenti di multinazionali operanti principalmente nel settore delle ceramiche, dell'aeronautica e del chimico-farmaceutico che tuttora costituisce la colonna portante dell'economia cittadina assieme al polo logistico più importante dell'Italia centrale.

 Ora preferiamo concentrare l’attenzione sul patrimonio storico e l’attività culturale di Anagni che pare raggiunga il suo climax tra il 4 e il 6 settembre per i Giorni dello Schiaffo che celebrano questo episodio cruciale del medioevo europeo: una tre giorni, pare imperdibile, arricchita da una serie di eventi patrocinati dal Comune. Prima, dal 20 al 28 agosto, la città omaggia Dante, a 700 anni dalla morte, con una serie di performance e con una Lectura Dantis di Sergio Rubini durante la 27esima edizione del Festival del Teatro Medievale e Rinascimentale. Per il Festival e per i Giorni dello Schiaffo siamo un po’ troppo in anticipo, ma apprezziamo spirito e iniziativa: per noi è tempo di rientrare al Pozzillo. Anagni non ha deluso e soprattutto per me non è più solamente la villeggiatura termale dei miei stravaganti parenti.

Ciociaria: Lato B

Riprendiamo la strada per attraversare la parte forse meno nobile della Ciociaria, dove la mano meno educata dell’uomo ha violentato una natura che in gran parte della regione è strabordante e disegna un territorio con una vegetazione ricca e lussureggiante che passa dalla collina alla montagna in pochi chilometri. L’antropizzazione selvaggia di questo ultimo secolo ha fatto purtroppo danni evidenti e difficilmente riparabili: improvvisazione, arrangiamento e scarso, praticamente nullo, rispetto per il territorio sono tra le principali cause del progressivo decadimento di questa parte del Lazio. Un degrado che ora, dopo la pandemia, sembra ancora più evidente.

Cartelli vendesi e negozi chiusi sono solo l’ultimo dei segnali della crisi non solo economica di questo pezzo di Italia centrale tra Roma e Frosinone dove l’indignazione ha lasciato spazio allo scoramento e a una sorta di rassegnazione al degrado. Rientriamo al Pozzillo, cena frugale, come da gentile richiesta delle tre signore, e poi tutti con il naso e gli occhi all’insù sperando di vedere almeno una stella cadere nella notte di san Lorenzo. Cesare manda foto di Sia sorridente e un paio dei danni provocati della stessa nel giardino di casa. Probabilmente Pina non ha lo stesso sorriso. Noi rispondiamo con emoticon di circostanza e con il link alla app che individua le stelle in cielo.

L’umore di Pina e anche il rapporto di coppia potrebbe trarne giovamento. Di stelle cadenti, almeno qui nel cielo sopra la Ciociaria, non se ne vede mezza. Ci consoliamo con FlightRadar, che al posto degli astri individua gli aerei che passano sulla nostra testa citando compagnia aerea, rotta ed eventuale ritardo. Meno poetico ma assolutamente divertente. Giacomo accende il suo toscanello e prova a ingannare FlightRadar. Le ragazze annusano il fumo e lo invitano ad allontanarsi con toni poco romantici. E le stelle stanno a guardare ma non cadono. Almeno stasera.

- continua

 

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