Max Sontacchi: tornare a correre da paraplegico

Max Sontacchi: tornare a correre da paraplegico
Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
La storia di un ragazzo che non si è arreso, e a dieci anni dal suo incidente è riuscito a tornare in sella e a rientrare in pista. Sperando di aiutare tanti altri con l’esempio e l’impegno
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
9 aprile 2015

Maximilian Sontacchi è un nome che potrebbe non dirvi nulla oggi, ma che non ci stupiremmo se a distanza di qualche anno, o anche solo qualche mese, iniziasse ad avere una certa risonanza nel mondo moto. Risparmiatevi la ricerca su Google: vi raccontiamo noi di chi si tratta.

Max è un ragazzo di 26 anni, appassionato di moto e di auto – soprattutto nella specialità del drifting – la cui vita è cambiata irreparabilmente nel 2005. In un pomeriggio di luglio, al ritorno da una giornata in circuito in sella alla sua 125, è stato urtato da un pirata della strada che ha invaso la sua corsia. Schivato per un pelo l’impatto frontale, Max è caduto urtato dallo specchietto dell’auto e batte la schiena contro il guard-rail. A nulla possono tuta di pelle e paraschiena: Maximilian resta paralizzato dalla vita in giù.

Max però non è uno dei tanti. Dopo due anni e passa di riabilitazione decide che non ha voglia di restare in casa a piangersi addosso e si trova un lavoro al Policlinico di Abano Terme (PD). E se si può vivere come persone normodotate non ci sono motivi per non provare a divertirsi come loro: Max ha voglia di tornare in pista e scopre il drifting, dove inizia a competere allenandosi fra Adria e poi San Martino del Lago. L’agonismo diventa terapia, perché Sontacchi e il suo team organizzano una scuola di drifting con cui si esibiscono in diverse occasioni sugli autodromi per far conoscere a tutti – disabili compresi – la specialità.

Maximilian Sontacchi
Maximilian Sontacchi

E se si riesce a tornare in auto, il passo successivo è quello di tornare in moto. Un sogno, da molti probabilmente ritenuto irrealizzabile, che invece si concretizza dopo tanta fatica lo scorso marzo, all’autodromo di Modena dove Max, su una Kawasaki Ninja con comandi modificati, torna a girare in pista. E visto che una cosa tira l’altra, inizia a meditare di tornare ad impegnarsi nelle gare con il Trofeo Italiano Amatori.

La domanda sorge spontanea. Quando hai pensato di poter tornare a correre in moto?

«Adesso che l’ho fatto posso dirlo: ho sempre pensato di tornare a correre in moto. Anche la scelta di correre in auto era un ripiego per provare le stesse sensazioni che provavo in sella, quindi dentro di me ho sempre puntato a rimontare su una moto».

Com’è stato il primo impatto al ritorno in pista?

«In realtà è stato paradossalmente un po’ più facile di quanto non mi aspettassi – mi ha aiutato molto l’aver già girato in pista in moto prima del mio incidente. Certo, dopo i primi tre giri all’autodromo di Modena ero distrutto, ma da un punto di vista delle difficoltà che mi aspettavo di incontrare è andata meglio del previsto».

Max non controlla i muscoli sotto l’addominale, quindi evidentemente non può muoversi sulla sella. Ma visto che gli stivali vengono assicurati alle pedane e le cosce al serbatoio (con un sistema d’ancoraggio studiato per sganciarsi in caso di scivolata e non compromettere la sicurezza) muovendo il torace con l’azione sui manubri Max stesso sostiene di avere una sensazione simile a quella che si ha con l’ancoraggio dell’interno coscia al serbatoio.

«Di fatto per entrare in curva posso agire solo sullo sterzo, premendo sul semimanubrio interno, e spostando il peso del busto – in effetti al primo tentativo avevo le braccia e le spalle a pezzi, però lavorando sulla posizione di guida la situazione è migliorata molto. Abbiamo alzato un po’ i semimanubri, così ho una posizione più naturale e riesco ad affaticarmi meno».

Una verifica effettuata al secondo test, svolto all’autodromo di San Martino del Lago.

«Dopo la prima presa di contatto a Modena abbiamo fatto una seconda uscita a Cremona, in cui ho visto tempi già interessanti. Adesso devo migliorare – l’obiettivo è la Bridgestone Cup, all’interno della Coppa Italia, per il quale dovrò fare qualche test preliminare e dimostrarmi idoneo alla gara sia come tempi che come sicurezza».

Un obiettivo ambizioso con risvolti positivi per chiunque si trovi nella situazione di Max ed abbia la voglia di ripartire. Max, assieme al gruppo Maxidrift, offre corsi di guida sicura e sportiva su strada e sta attualmente cercando ospitalità presso un autodromo. La formula RiMettiamoci in Moto offre infatti – unica in Europa – un’apertura verso i disabili, e non si riesce a credere che nessuna fra le strutture italiane si sia ancora fatta avanti a proporsi per un’iniziativa tanto innovativa.

«Esistono già scuole per disabili, e c’è anche il team Di.Di. già impegnato nelle competizioni. Ma con tutto il rispetto per loro e per quanto sono riusciti a fare, la situazione di un amputato è piuttosto diversa da quella di un paraplegico e risolvibile in maniera relativamente più semplice, con l’uso di una protesi. Chi è nella mia situazione è un po’ più penalizzato, ma attraverso i nostri sforzi vogliamo da un lato insegnare, o reinsegnare, ad andare in moto a chi non ha l’uso delle gambe, e dall’altro rendere più economicamente accessibile la preparazione di una moto con i comandi adatti».

Il grosso problema che Max si è trovato ad affrontare sta infatti nei costi d’acquisto dei comandi speciali necessari ad adattare la moto all’uso di un paraplegico.

«Nella mia esperienza mi sono scontrato con persone che davano l’impressione di voler lucrare sulla sfortuna altrui invece che aiutare chi è nella mia situazione. In sostanza le modifiche necessarie non sono particolarmente complicate: è necessario adottare un sistema di attuatori elettrici per azionare il cambio, con relativi comandi al manubrio, poi basta spostare il comando del freno posteriore al manubrio come del resto hanno fatto diversi piloti a partire da Mick Doohan ed applicare le rotelle sul forcellone con relativo comando elettrico per farle scendere quando ci si ferma».

L'attuatore per il cambio e la pedana modificata
L'attuatore per il cambio e la pedana modificata

«Se cercate di comprarle in Italia, regolarmente omologate» prosegue Maximilian, «vi sentirete chiedete migliaia di euro. All’estero è possibile risparmiare, anche perché come è facile intuire avendo un minimo di dimestichezza con elettronica e meccanica non si tratta di pezzi particolarmente complicati da un punto di vista della realizzazione, ma bisogna sapere cosa si sta comprando o si rischia di fare esperienza sulla propria pelle, o meglio sul proprio portafoglio. Attraverso i miei contatti con amici e partner al di fuori dell’Italia stiamo realizzando i pezzi necessari ad allestire altre 2/3 moto da utilizzare con disabili nella nostra scuola guida – ci vuole un po’ di tempo ma ce la faremo. E nel frattempo, chi avesse bisogno di aiuto ci contatti, non vediamo l’ora di condividere la nostra esperienza».

Impegno in gara, impegno con la scuola e un lavoro normale. E’ raro trovare persone – anche molto meno sfortunate – con tanta voglia di impegnarsi e mettersi in gioco.

«La cosa peggiore che possa capitare ad uno nella mia situazione è di arrendersi. Quello che vorrei riuscire a fare è trasmettere il mio entusiasmo, dimostrare che è possibile tornare a guidare e fare sì che qualcuno decida di rimettersi in moto sulla scia dell’esempio mio e di chi, come me, non vuole arrendersi. Servono però amici in grado di aiutarti, e posso dire di averne trovati diversi. A partire dal mio socio Michele Sintoni, Sala Taglio for BB, MaFra, Drinkood e Mupo. Senza di loro non ce l’avrei mai fatta».